Le avventure di Capitan Porchetta – Cap. IV: Il coniglietto Roberto
Continuano le avventure di Carletto/Capitan Porchetta con un nuovo episodio. Questa volta, cercando di riparare a un pasticcio fatto dal suo cagnolino Ettorino, Carletto… ne combina uno peggiore! Leggete qui.
Era una bella mattina di maggio e anche se questo poteva sembrare un tantino generico a Carletto metteva allegria e voglia di respirare forte, così forte da farsi girare la testa.
Carletto guardava la bambina del primo banco, Martina, da lontano. Sembrava un po’ triste. Intorno i compagni giocavano, nel cortile della scuola. Lui preferiva respirare forte e guardare Martina. Martina era bella. Non come Angela. Era bella di una bellezza diversa. Anche se sembrava un po’ triste, Martina era come se fosse più… luminosa. Forse era solo un raggio di sole tra i capelli, forse era solo una sua impressione ma, sembrava proprio che risplendesse di luce propria. Non che fosse una lampadina ma, insomma a Carletto quella Martina lì piaceva e avrebbe fatto di tutto perché lei, anche per un attimo, si accorgesse di lui. Forse era anche morbida, come Ettorino, il suo cane.
Il pensiero lo fece arrossire e distolse lo sguardo. In fondo una bambina non era certo morbida come un cane… no, cioè un cane non… erano due cose diverse certo, era chiaro un cane… una bambina… vegetali… animali.
Martina aveva un coniglietto, Roberto, glielo aveva mostrato quando era stato alla sua festa di compleanno. Un batuffolo bianco che teneva in una gabbietta sul davanzale della finestra. Mangiava la carota, faceva la faccia da coniglio e sembrava simpatico. Lei lo amava davvero.
Carletto si sarebbe volentieri sostituito al coniglietto anche se odiava le carote, anche se la gabbietta gli sarebbe andata un po’ stretta, anche se la sua vita si fosse limitata a uno sguardo dal davanzale.
Era tutto concentrato in questa serie di importantissimi pensieri quando all’improvviso vide materializzarsi un Ettorino saltellante di gioia. Ci mise un po’ a capire ma in quel momento la sua vita si fermò. Smise di respirare fissando sgomento Ettorino e “quella cosa bianca” che aveva in bocca.
Il cane, felice come una Pasqua, gli scodellò sulle ginocchia un batuffolo bianco tutto sporco di terra. Il sole lasciò il posto a minacciosi nuvoloni neri e un vento gelido cominciò a soffiare tra gli alberi. Carletto fissava con orrore Roberto, il coniglietto del suo amore, immobile sulle ginocchia. Non fissava Ettorino, che nel frattempo aveva messo in piedi una danza adeguata alla cattura, con balzi e mugolii di grande effetto.
Il tempo era cambiato a Caccadisotto e quei nuvoloni stavano per scaricare quantità di acqua e disappunto su tutta la valle. Carletto si alzò lentamente e invece di correre verso la scuola per ripararsi, si addentrò nel bosco, lo sguardo fisso davanti a sé, il coniglietto rigido in una mano.
Ettorino nel frattempo ci era rimasto un po’ male, nessuna soddisfazione per il regalo che aveva portato, nessuna festa adeguata alla cattura.
Carletto si era allontanato dalla vista dei compagni. Sapeva cosa doveva fare. Lui, aveva un segreto. Si infilò la maglietta rosa, si mise la mascherina nera da Zorro del carnevale passato e corse verso casa. Aveva pochi minuti a disposizione, non poteva sbagliare.
Arrivò trafelato, per fortuna la mamma era uscita a fare la spesa. Tutto sembrava diventato più semplice, ma si sa che per i supereroi è così. Per prima cosa lavò ben bene il coniglietto con il detersivo per i piatti. Poi lo asciugò con il phon rendendolo il batuffolo bianco che era sempre stato.
Soddisfatto ma con il cuore in subbuglio, guardò fuori dalla finestra della cucina. Nessuno. Ora veniva la parte più pericolosa del piano di Capitan Porchetta. Nessuno doveva vederlo. Corse rasentando i muri e chiedendosi se la maglietta rosa lo avesse davvero reso mimetico contro quei muri bianchi. Con quattro balzi attraversò la strada e si avvicinò al davanzale dove c’era la gabbietta di Roberto, stranamente chiusa. Stando attento all’aiuola con la terra smossa e i fiori in disordine, con tutta la delicatezza del caso rimise il coniglietto nella gabbia.
Aveva quasi terminato l’intervento. Per completare l’opera gli mise una piccola carota tra le zampette.
Dopo essersi accertato che nessuno si era accorto di nulla, veloce come un supereroe deve essere, si precipitò a scuola dove stavano già cominciando a preoccuparsi.
Ettorino, il cane, da lontano aveva seguito la scena senza però coglierne del tutto il senso. Capitan Porchetta ritornato nei panni di Carletto tornò in classe, sopportò con serietà la ramanzina della maestra per il ritardo e andò con decisione a sedersi nel banco libero in fianco a Martina.
Lei lo guardava con occhi da cucciolo triste. Lui la guardava come se dovesse perdersi in quegli occhi da cucciolo triste. Ci fosse stato un cucciolo triste avrebbe guardato da un’altra parte.
Il peso degli ultimi avvenimenti schiacciavano Carletto che cominciò a sentirsi sempre più a disagio. Aveva bisogno di parlare ma gli mancava l’aria e se anche avesse avuto l’aria gli sarebbero mancate le parole.
Pensò a come avrebbe reagito Capitan Porchetta. Fece un gran respiro e partì con una confessione totale. Cominciò a balbettare del suo cane e di come gli voleva bene, le disse di Ettorino… che era sempre stato un bravo cane , che non aveva mai fatto male a nessuno, che era morbido ma questo non c’entrava.
Lei lo guardava negli occhi e lo ascoltava. Poi gli mise un dito sulle labbra per fermarlo e prendendogli la mano disse: “ Sai io… ti capisco. Anch’io volevo molto bene al mio coniglietto Roberto, ma ieri è morto. Sai di vecchiaia, succede. Gli volevo così bene che l’ho seppellito nell’aiuola proprio sotto il davanzale. Gli ho messo dei fiori. Ho lasciato anche la gabbietta, con le carote… così, per ricordo.
La campanella, con presenza di spirito, cominciò a squillare. Tutti si alzarono vociando e presi gli zaini corsero verso l’uscita. Carletto restò come paralizzato, al suo posto.
Martina ritirò i libri e i quaderni e si avviò verso la porta. Lui la fissava come fanno certi supereroi in certi film. Fece due respiri molto profondi perché l’aria gli arrivasse al cervello. Lei si fermò, tornò sui suoi passi e lo guardò negli occhi.
“Forse è un po’ di allergia” disse, “anche Roberto ne soffriva.”
Poi si abbassò e gli sfiorò la guancia con un piccolo bacio.
“Bella maglietta, Carletto” disse, “ bella maglietta.”
Mentre si allontanava, Carletto, vide un raggio di sole sbucare tra le nubi e danzare tra i suoi capelli ma nessuno, intorno, se ne accorse.
Testo di Chicco Pessina
Illustrazione di Bruno Testa
Trovi gli altri capitoli delle “Avventure di Capitan Porchetta” a questi link:
Capitolo I: Il segreto
Capitolo II: Il paese di Caccadisotto
Capitolo III: Ogni scherzo è ovale
Capitolo V: Estate
Cap. VI: Il verso delle galline
Cap. VII: Il bosco
Capitolo VIII: Ogni fiocco di neve