I bambini e il cibo: da 0 a 12 mesi

Un puntuale intervento di Cinzia D’Alessandro – una lunga esperienza nella gestione e nella creazione di asili nido e una passione per l’alimentazione per l’infanzia – su un tema molto sentito da tutti coloro che si occupano dei bambini: il rapporto con il cibo.
In questo testo Cinzia si occupa in particolare dell’alimentazione nel corso del primo anno di vita; nell’articolo “I bambini e in cibo: dai 12 mesi ai 5 anni”  ci parla invece della fase successiva, fino alle soglie della scuola primaria.

Il rapporto tra i bambini e il cibo è un argomento che può essere trattato da molteplici punti di vista: nutrizionali, psichici, emozionali, educativi e anche antropologici. L’atto del nutrirsi infatti investe molte sfere del nostro essere, così come il rapporto che abbiamo con il cibo o il modo in cui stiamo a tavola possono raccontare molto della nostra personalità e della nostra storia familiare. Questa piccola premessa serve per dire che il rapporto tra l’uomo e il cibo non è risolvibile con il semplice nesso “bisogna mangiare per crescere/vivere”, ma è il risultato di una molteplicità di fattori soprattutto di natura affettiva e relazionale.
Noi qui ci occuperemo dell’evolversi del rapporto tra bambini e cibo nel primo anno di vita e lo faremo usando un taglio pedagogico, provando dunque a dare degli strumenti educativi adatti a rispondere ai bisogni di crescita dei bambini, puntando l’attenzione alla graduale autonomia che il bambino deve conquistare con l’aiuto degli adulti (genitori, nonni, educatori… insomma, tutti coloro che lo affiancano nella sua crescita).

0-6/7 mesi: il cibo è un momento privilegiato del rapporto con la mamma

L’inizio del rapporto tra il cucciolo dell’uomo e il cibo avviene sempre nell’ambito della relazione con la madre, sia che il bambino venga allattato al seno, sia che si ricorra al biberon. Il piacere del cibarsi nasce per il bambino tra le braccia amorevoli della sua mamma, insieme all’odore del suo corpo e al battito del suo cuore, e l’allattamento  è dunque uno dei momenti di massima intensità per la costruzione del legame tra la mamma e il bambino, nel quale da un lato il bambino rivive l’esperienza fusionale con la mamma, il legame strettissimo che aveva con lei nel grembo materno, dall’altro sperimenta la sua prima, piccola autonomia: la suzione è infatti la prima manifestazione di autonomia del bambino, il segno della sua avvenuta separazione.
Proprio per questo l’allattamento (al seno o con il biberon) è un importante momento di complicità in cui bisognerebbe avere la totale disponibilità a dedicarsi al bambino, senza lasciarsi distrarre da altre incombenze. Però già in questa fase è importante che la mamma guidi il bambino a vivere il momento del cibo come una risposta allo stimolo della fame, e quindi a un bisogno fisiologico, e non ad altri bisogni (consolazione per qualsiasi motivo, coliche o altro).

7/12 mesi: la scoperta di nuove consistenze e nuovi sapori

L’introduzione delle prime pappe rappresenta un’importante tappa di crescita per i bambino: per la prima volta, può stare seduto nel seggiolone e guardare in viso chi gli offre del cibo.
Si tratta di un passaggio delicatissimo: il primo incontro con cibi solidi rappresenta infatti per il piccolo una grande novità e può non piacergli, abituato com’era all’assunzione del latte. Perciò è centrale il ruolo dell’adulto (mamme, nonne, educatori…), che deve trasmettere sempre la fiducia che il bambino a poco a poco si abituerà ai nuovi sapori e alle nuove consistenze, accettando i primi eventuali rifiuti e continuando con serenità a proporre i cibi solidi. L’adulto deve ricordare che il passaggio dal latte al cibo solido significa riconoscere che il bambino sta crescendo e che va sostenuto in questa crescita, dunque bisogna credere in lui e pensare che, se non mangia la prima volta, mangerà la prossima! Di fronte a un rifiuto, bisogna anche evitare di offrirgli l’alternativa del latte, che il bambino leggerà come un ripiego e dunque come un segnale di sfiducia. È inoltre importante che la pappa venga proposta quando il bambino ha veramente fame, né molto prima né molto dopo, poiché i bambini così piccoli non sono in grado di tollerare la frustrazione della fame.
Se il bambino vuole toccare la pappa con le mani deve poterlo fare, così inizierà a familiarizzare con il cibo e sarà più propenso ad assaggiarlo. Sia che si tratti di pastina con il pomodoro, di formaggi morbidi o di frutta, i bambini devono poter pasticciare con le mani e anche sporcarsi la faccia e la testa. Agli adulti tocca avere pazienza e comprendere che attraverso questa manipolazione il bambino acquisisce sicurezza e dimostra di voler essere sempre più protagonista della sua crescita.
Verso il 9-10 mesi o poco dopo il bambino inizia a dimostrare interesse non solo per il cibo nel piatto ma anche per il cucchiaino con cui lo si imbocca e può succedere che rifiuti di essere imboccato perché vuole farlo da solo. Non è ancora in grado, ma anche in questo caso la sua spinta ad essere autonomo va sostenuta, offrendo a lui un cucchiaino e un piatto con un po’ di cibo, ma nello stesso tempo continuando a imboccarlo con un altro cucchiaino e da un altro piatto. In questo modo, il bambino mangerà ma non si sentirà frustrato nei suoi tentativi; anzi, è importante che, per quanti pasticci faccia, noi ci mostriamo sempre incoraggianti nei suoi confronti.
Naturalmente ci vuole molta pazienza, ma noi adulti dobbiamo essere consapevoli che solo permettendo al bambino di crescere anche a tavola il suo rapporto con il cibo sarà sano; viceversa se ci lasciamo prendere dalla preoccupazione di nutrirlo, il rischio è che finiamo col trattarlo come un recipiente da riempire. E comunque, per agevolare la conquista della coordinazione necessaria a portare il cucchiaio alla bocca, nei momenti di gioco possiamo farlo giocare con cucchiai e ciotole: piano piano, la sua “mira” migliorerà, e comincerà a fare un po’ meno pasticci.
Quando proponiamo al bambino un nuovo cibo, però, mettiamone nel piatto solo una piccola quantità, i modo che il bambino non si senta frustrato e inadeguato di fronte alla nuova proposta. E poi, non dimentichiamo che i bambini capiscono benissimo se l’alimento che gli stiamo proponendo ci piace o no,  e reagiscono di conseguenza. Questo spiega, per esempio, i casi di bambini che a casa non vogliono il pesce mentre al nido lo mangiano: in questo modo, ci dimostrano empatia, e anche in questo vanno rispettati. 

Cinzia D’Alessandro ha una lunga esperienza nell’organizzazione e nella gestione di asili nido: dal 1996 gestisce il nido “La locomotiva di Momo”, mentre in anni più recenti, in qualità di coordinatore pedagogico, ha progettato e gestito servizi per l’infanzia, nidi privati e aziendali e servizi di supporto alla genitorialità. È creatrice e socia di Clorofilla, nido – scuola d’infanzia.Per passione si occupa di alimentazione infantile.
 
Disclaimer  
Le informazioni riportate rappresentano indicazioni generali e non sostituiscono in alcun modo il  parere medico.

Trovi un altro articolo di Cinzia d’Alessandro, sull’alimentazione infantile fino alle soglie della scuola primaria (1-6 anni) a questo link:
I bambini e il cibo: dai 12 mesi ai 5 anni 

Trovi altri articoli su questo argomento anche ai seguenti link:
Lo svezzamento… dalla parte dei nonni
Lo svezzamento: le linee guida indicate dai pediatri
Svezzamento: sei cose da sapere,
Mangiare bene, fin dai primi mesi,
I bambini e il cibo: da 0 a 12 mesi

 

 

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