I bambini e il cibo: dai 12 mesi ai 5 anni

Un nuovo puntuale intervento di Cinzia D’Alessandro – una lunga esperienza nella gestione e nella creazione di asili nido e una passione per l’alimentazione per l’infanzia – su un tema molto sentito da tutti coloro che si occupano dei bambini: il rapporto con il cibo.
In un altro articolo (I bambini e il cibo: da 0 a 12 mesi) Cinzia si è soffermata sull’allattamento e sul delicato passaggio dello svezzamento, analizzandone in particolare gli aspetti educativi e psicologici.
In questo articolo mette invece a fuoco il periodo fino alle soglie della scuola primaria,
l’età cioè in cui ci sono i maggiori cambiamenti e dunque possono sorgere delle difficoltà che chi si occupa dei bambini deve affrontare nel modo più corretto.

Da 12 a 18 mesi: imparare a distinguere il momento del pasto e quello del gioco

A quest’età, i bambini sono in grado di mangiare quasi tutti gli alimenti; questi dunque vanno proposti invitandoli  ad assaggiare/scoprire la novità. La proposta deve però essere graduale poiché ognuna rappresenta per il bambino piccolo un incontro con una realtà ancora sconosciuta.
L’accettazione o meno di nuovi cibi può dipendere anche dalle esperienze sociali e cognitive del bambino. Perciò per esempio un bambino che frequenta il nido e può esplorare tanti materiali sarà probabilmente più disponibile all’incontro con il nuovo cibo. Bisogna infatti tenere sempre presente che attraverso il rapporto con il cibo il bambino ci rappresenta anche altri bisogni.

A quest’età può capitare che il bambino voglia giocare con il cibo e sembri poco interessato a nutrirsi. In questi casi come ci si comporta? Ecco alcuni consigli:

  • È importante che il bambino arrivi a tavola con un senso di fame, e che l’adulto lo aiuti a riconoscere questa sensazione; dunque avere ritmi regolare nel proporre i pasti ai bambini facilita il loro desiderio di mangiare al momento giusto, che è quello in cui ci si siede a tavola.
  • È normale che un bambino anche fino ai 2 anni manipoli il cibo o giochi con l’acqua a tavola, ma è altrettanto importante che gli adulti gli spieghino che a tavola si mangia e che dopo gli verrà data la possibilità di manipolare o travasare con pasta cruda, farina, acqua. Il bambino va incoraggiato a mangiare da solo, anche con le mani, e gli va ritirato il piatto quando invece di mangiare il cibo lo utilizza a chiaro scopo ludico (tipo rovesciare il contenuto del piatto sul tavolo o buttare i pezzetti a terra).
  • Se il bambino insiste nel rovesciare il piatto o nel giocare con il cibo, gli si dirà che non ha più fame e si farà terminare il pasto. Bisogna però parlargli senza rabbia né ansia, dicendogli con calma “sembra proprio tu non abbia più fame, dunque porto via il piatto e ce ne andiamo di là a giocare”. In questo modo lo si aiuta anche a contestualizzare i momenti del pasto e quelli del gioco.

Tra i 18 e i 24 mesi: si mangia a tavola con i grandi!

A quest’età il bambino è in grado di mangiare a tavola con gli adulti e la condivisione dei pasti con i “grandi” rappresenta per lui un importante riconoscimento della sua graduale affermazione e indipendenza.
A quest’età si può pensare a un menù familiare, cioè uguale per tutti, adatto anche alle esigenze di crescita del bambino.
È importante che il menù sia unico perché dare al bambino la possibilità di scegliere tra diverse pietanze gli attribuisce un potere che non ha ancora e lo autorizza a trasferire sul cibo altre richieste relazionali nei confronti dei genitori.
Che fare  però se quanto da noi proposto non viene mangiato dal bambino? Il consiglio è di evitare il piatto unico dai 12 mesi in avanti e di proporre gli alimenti separati, così che tra primo, secondo, contorno e frutta, sia più probabile che il bambino mangi qualcosa.
È vietato dare l’alternativa? I divieti lasciano sempre il tempo che trovano e ognuno deve trovare la giusta misura nella relazione con i suoi bambini, però tenete presente che nei primi anni di vita è importante per i bambini accedere a tutta la gamma degli alimenti, quindi sarebbe bene non lasciare che mangino sempre le poche cose che hanno assaggiato e che sicuramente piacciono loro, ma insistere perché mangino anche cibi nuovi.
Va detto anche che il bambino attraversa in quest’età una fase oppositiva poiché vuole affermare nella sua diversità dall’adulto, e che proprio per questo può succedere che rifiuti cibi che prima mangiava o che rifiuti le regole finora condivise. Certamente il bambino in questa fase va ascoltato ma non assecondato in tutto; perciò le regole dello stare a tavola devono rimanere, così come il “menù della famiglia”, che rappresenta anche un messaggio di solidità per il bambino che ha bisogno di collocare l’esperienza della sua crescita nei confini amorevoli e comprensivi, ma saldi, della sua famiglia.

Tra i 2 e i 3 anni: il pasto diventa un momento di condivisione familiare

Il bambino ha ormai acquisito notevoli abilità ed è bene che gli vengano riconosciute anche a casa; ora quindi può prendere i pasti principali con la famiglia, e questi momenti rappresentano un’occasione per celebrare le consuetudini familiari e consolidare le relazioni. I pasti diventano sempre più un momento conviviale, la colazione per augurarsi una buona giornata (ognuno poi andrà nel suo luogo “sociale”, il lavoro, il nido, la scuola dell’infanzia) e la cena per raccontarsi come la si è trascorsa.
In quest’anno è fondamentale incoraggiare i bambini a diventare sempre più autonomi utilizzando le stoviglie che usa tutta la famiglia (anche nei nidi spesso l’ultimo anno si propone ai bambini l’utilizzo di piatti di ceramica e di bicchieri di vetro) e dando loro la possibilità di servirsi da soli. Anche stimolare il bambino a riconoscere la giusta quantità di cibo da mettere nel suo piatto è infatti importante, perché significa che impara a valutare quanta fame ha riconoscendo le sensazioni di pieno/vuoto e mangiando il giusto per sentirsi sazio; inoltre è educativo in senso ecologico, perché impara a non sprecare il cibo).

Tra i 4 e i 5 anni: ormai il bambino è indipendente e autonomo

Sempre più indipendente e autonomo, il bambino a quest’età è molto legato all’esperienza di condivisione del pasto alla scuola dell’infanzia, dove la sua autonomia viene promossa dai giochi del cameriere e da laboratori di cucina che lo rendono più consapevole della sua capacità di scegliere il cibo anche in base ai suoi gusti. Ormai stare a tavola è un fatto “normale” nella giornata del bambino, che sta davvero crescendo. E, se il rapporto con il cibo è stato impostato in maniera corretta, difficilmente negli anni successivi ci sarà ancora da preoccuparsi  di questo aspetto.

Una nota sulle regole e i tempi

Abbiamo detto fin dall’inizio come il cibo sia in realtà lo specchio della relazione tra il bambino e l’adulto, a cui spetta il compito di ascoltare i bisogni di crescita del bambino e di dare risposte in senso affettivo ed educativo.
Perché il pasto sia un momento in cui il bambino si dedica con serenità al piacere/dovere di nutrirsi sono però necessarie alcune condizioni, che vanno create e sostenute dagli adulti e che hanno poi per i bambini molteplici implicazioni.

  • I bambini devono sedersi a tavola quando hanno fame, poiché questo li aiuta a riconoscere il senso di pieno/vuoto e quindi a desiderare mangiare; la regolarità nel proporre i pasti (5 di solito) dà loro modo di anticipare la sensazione di vuoto/fame e di verbalizzarla.
  • Mangiare a tavola per un bambino è fondamentale per aiutarlo a collocare la sua persona nello spazio e per dare significato alle sue esperienze: il pasto non deve essere “smembrato” in giro per la casa o consumato dove capita, poiché questo provoca un disordine mentale interno al bambino in crescita.
  • Si sta a tavola per un certo periodo di tempo, che deve essere circoscritto ed esplicitato dall’adulto. Perciò dire a un bambino “stai a tavola finché non hai finito”, anche con le migliori intenzioni, non lo aiuta poiché può farlo sentire frustrato; viceversa passato un certo tempo, anche un po’ prolungato per rispettare le differenze di velocità nel mangiare (in modo che anche il bambino più lento abbia la possibilità di finire), bisogna ritirare il piatto.
  • Il cibo non dovrebbe mai essere proposto per colmare altri bisogni. Spesso quando i genitori (o i nonni, o altri adulti di riferimento) vanno a prendere i bambini al nido dopo il pranzo o dopo la merenda propongono dell’altro cibo e si giustificano dicendo che il bambino lo divora. Forse però il bambino sta chiedendo altro all’adulto e offrirgli del cibo al posto di gioco/coccole/attenzioni può indurlo nel tempo a utilizzare il cibo per colmare i propri vuoti.

Se volete approfondire l’argomento

AA.VV., Naturalmente bimbo, Terra Nuova edizioni

Valpiana Tiziana, Alimentazione naturale del bambino, edizioni Red

Caggio-Dellabiancia, A tavola! Si mangia!, edizioni Junior

AA.VV., I linguaggi del cibo, ricette, esperienze, pensieri, edizioni Reggio Children

 

Cinzia D’Alessandro ha una lunga esperienza nell’organizzazione e nella gestione di asili nido: dal 1996 a Milano gestisce il nido “La locomotiva di Momo”, mentre in anni più recenti, in qualità di coordinatore pedagogico, ha progettato e gestito servizi per l’infanzia, nidi privati e aziendali e servizi di supporto alla genitorialità. È creatrice e socia di Clorofilla, nido – scuola d’infanzia. Per passione si occupa di alimentazione infantile.

 

 

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