Il “terzo tempo” della vita

Forse non ce ne rendiamo pienamente conto, ma proprio noi nonni, i “baby boomers” nati intorno agli anni Cinquanta, stiamo vivendo una vera rivoluzione: la rivoluzione della terza età, quella che Lidia Ravera in un suo libro chiama “il terzo tempo” della vita.

Ma andiamo per ordine, e cominciamo a dire che… siamo tanti! Oggi, in Italia, oltre 14 milioni di persone. Un esercito di ultra sessantacinquenni, in pensione o in procinto di andarci (a dispetto di tutte le riforme degli ultimi anni), che però non hanno nessuna intenzione di cedere le armi. Anzi, sono/siamo ben decisi a vivere al meglio questa nuova fase della vita, che stentiamo a definire vecchiaia ma per la quale non c’è ancora un termine adatto, se non prendendo in prestito “senior” dalla lingua inglese. Una fase attiva, piena di progetti e di potenzialità, un’età nuova che si incunea tra il momento della pensione e quella che percepiamo come vecchiaia vera e propria (e che, questa sì, ci fa paura): il momento in cui avremo bisogno del supporto dei nostri figli o delle persone che ci sono vicine.

Nel frattempo… cerchiamo di goderci quest’inaspettata promessa di una fetta di vita tutta da inventare. Certo, non sempre è facile viverla al meglio; talvolta le condizioni di salute ci tradiscono, ma può coglierci anche una sensazione di inutilità, una volta chiusa l’esperienza lavorativa, che ha assorbito per anni tante energie e che ci dava una riconoscibilità sociale che con la pensione ci sembra di aver perso. Eppure, i dati di una recente ricerca condotta da AstraRicerche sono confortanti: più dell’81% dei senior intervistati ritiene di condurre una vita attiva e di rivestire ancora un ruolo sociale utile. E gli ambiti di azione sono molti: in primo luogo c’è naturalmente la famiglia e l’accudimento dei nipoti (e noi nonni lo sappiamo bene!), a cui si affianca il volontariato (il 27,7% degli intervistati ha dichiarato di essere impegnato in questo ambito). Ma poi c’è la progettualità personale, la voglia e il piacere di prendersi cura di se stessi coltivando i propri hobby, come ad esempio il giardinaggio e il bricolage, seguendo i propri interessi culturali o progettando viaggi.

In generale, per vivere bene “il terzo tempo” è importante la rete familiare e sociale che ci siamo creati negli anni: la famiglia, certo, ma anche gli amici, la possibilità di vedersi con loro, fare cose insieme, confidarsi…
Famiglia vuol dire anche capacità di costruire un buon rapporto con le generazioni che ci seguono, saper gettare dei ponti tra noi e loro, mettendo a disposizione la nostra esperienza ma anche riuscendo a farci da parte, a passare il testimone senza interferire con le loro scelte. Un passaggio non facile, sia in ambito familiare sia in quello lavorativo, né da parte nostra né talvolta da parte dei giovani, che ci accusano di essere invadenti. E da parte nostra, riconosciamolo, spesso c’è la difficoltà a cambiare punto di vista, la rigidità nel non voler accettare che le cose siano fatte in modo diverso da come le faremmo noi. Eppure, quando riusciamo a superare queste difficoltà e a gettare questi ponti, si crea un rapporto davvero fecondo, che arricchisce entrambi.

Tutto positivo, allora? Non sempre. Purtroppo, a fronte dell’allungamento della speranza di vita e del miglioramento generale delle condizioni di vita degli ultimi decenni, ci sono quelle culle vuote: nel 2023 sono nati solo 363.000 bambini (erano 576.000 nel 2008). E poi, naturalmente noi della terza età abbiamo bisogno di un welfare solido, come per esempio di una buona assistenza sanitaria. Un welfare che invece si va erodendo sempre più, a causa dei tagli decisi dal governo.

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