Per allenare il cervello, studiamo una lingua straniera!
Iniziare lo studio di una lingua straniera all’età di “noi nonni” ha molti vantaggi e contribuisce a tenere in allenamento il nostro cervello. E una ricerca condotta negli Stati Uniti lo conferma.
L’età migliore per imparare una lingua straniera? Dopo i 60 anni! No, non è una “boutade”. Certo, alla nostra età è più difficile memorizzare le parole e facciamo più fatica ad acquisire la corretta pronuncia di una nuova lingua; in compenso siamo più organizzati e, se prendiamo la decisione di tuffarci in questa “sfida”, più motivati di quanto in genere non siano i bambini. Ma soprattutto sappiamo che studiare una lingua straniera ha tanti vantaggi. Non solo quello che può essere l’occasione per un piacevole viaggio in un altro Paese in cui abbinare al turismo tradizionale un corso in una scuola di lingue di quelli indirizzati agli stranieri: insomma, viaggiare e conoscere nuovi posti e nuove persone.
Un toccasana per il cervello
Ad avere i maggiori benefici da questo tipo di studio è il nostro cervello, per il quale la sfida di imparare una nuova lingua può avere un vero potere ringiovanente. E non stiamo parlando solo di un beneficio psicologico, dovuto al fatto che mantenendoci attivi sul piano intellettuale possiamo sentirci più “vivi” e gratificati. Ma proprio di benefici oggettivi, misurabili anche dal punto di vista medico.
Sappiano tutti infatti che il nostro cervello per mantenersi in piena efficienza ha bisogno di imparare sempre qualcosa di nuovo. E una lingua straniera serve perfettamente allo scopo, perché aumenta le nostre capacità di concentrazione e lo obbliga a essere più flessibile: un vero, utilissimo allenamento. E pazienza se non arriveremo a parlare speditamente la nuova lingua; l’importante è che ci mettiamo alla prova e impariamo ad applicare i nuovi schemi mentali. Questo fa aumentare le connessioni cerebrali e i contatti tra le varie zone del cervello, fungendo da vera cura ricostituente.
Una ricerca scientifica che conferma questi benefici
Certo, basta un po’ di intuito per immaginare che lo studio potrebbe avere questi benefici effetti. Però a dimostrarlo è una ricerca condotta negli Stati Uniti da Ping Li, un professore dell’Università dello Stato della Pennsylvania, su un gruppo di volontari.
Dopo un mese e mezzo di studio del cinese, il professore ha sottoposto i suoi allievi a una risonanza magnetica e l’ha confrontata con quella effettuata prima dell’inizio del corso. Il risultato? Il numero di connessioni neuronali era aumentato in modo visibile. Ed era visibile perfino uno scarto tra la risonanza gli studenti più “bravi “e quelli con voti inferiori!