Risponde lo psicologo – Time out!
Questa settimana la dottoressa Manuela Arenella, psicologa e psicoterapeuta, risponde a una domanda sul “gradino del monello”, un sistema suggerito da un programma TV per tenere a freno un bambino disubbidiente.
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DOMANDA
Sono mamma di un bimbo di 4 anni e mi chiedo che cosa pensa del ‘gradino del monello’ (o ‘la sedia del monello’), una variante del ‘time out’ sportivo. È una tecnica usata per far capire gli errori ai propri figli (stanno lì per qualche minuto e durante questo tempo devono riflettere sul proprio comportamento) che è stata consigliata in un programma TV.
RISPONDE LA DOTTORESSA MANUELA ARENELLA
Ringrazio molto la signora che ha posto questa domanda, perché mi permette di parlare di una cosa che, vista in TV, mi ha lasciato molto perplessa: l’angolo dei cattivi. Sì, il programma che ho visto io usava proprio questo termine, e la tecnica consisteva nel mettervi per qualche minuto il bambino che faceva cose che non doveva.
In merito a questo ci sono diverse precisazioni da fare.
Condivido il fatto che, quando un bambino sbaglia o contravviene a una regola, debba in qualche modo subire una conseguenza, magari stabilita e pattuita prima.
Condivido la necessità di “fermare” un bimbo eccessivamente agitato, che fa fatica a contenersi e che rischia di essere violento o distruttivo.
Condivido la necessità di mettere un bambino in condizione di riflettere su ciò che ha fatto.
Ci sono, però, alcuni aspetti che mi lasciano perplessa.
Innanzitutto non credo che esistano bambini “cattivi” (o monelli). Esistono bambini arrabbiati, che manifestano i loro disagi attraverso comportamenti provocatori o sfidanti; bambini che portano dentro la sofferenza legata al sentirsi poco visti o capiti, e la agiscono nell’unico modo in cui sanno che riceveranno attenzioni, anche se al negativo, con sgridate o castighi.
Non credo molto nelle tecniche un po’ comportamentiste, molto simili a un addestramento, più che ad uno strumento educativo.
A mio avviso è importante coltivare la condivisione e la collaborazione con il bambino, piuttosto che l’imposizione o la costrizione, poiché queste ultime, di solito, non fanno altro che alimentare una condizione di muro contro muro, spesso priva di ascolto.
Inoltre, fino ai 5-6 anni è molto difficile che un bambino riesca a “pensare” da solo a ciò che ha fatto. Spesso di fronte a questa richiesta restano seduti qualche minuto, poi si alzano dichiarando di “aver pensato” o chiedendo scusa, più per accontentare l’adulto che per una reale consapevolezza.
Perciò, prima di questa età, di fronte a una marachella il bambino va invitato a fermarsi, ma poi è fondamentale che ci sia un adulto che lo aiuti a ragionare su quanto successo, e che gli ricordi qual è la “punizione” di fronte a un determinato comportamento.
Educare (da “ex-ducere”= tirare fuori) significa aiutare il bambino a esprimere, conoscere e mettere in gioco le proprie potenzialità, non irregimentare o ammaestrare a schemi predefiniti, che spesso soffocano l’unicità del bambino.
Questo non significa promuovere il lassismo o l’assenza di regole, ma anche il sistema di regole deve essere finalizzato a fornire la base sicura da cui spiccare il volo, non la gabbia che spegne l’unicità del bambino.
MANUELA ARENELLA, psicologa psicoterapeuta, specializzata in psicoterapia dell’infanzia e dell’adolescenza a Bologna, già da alcuni anni tiene corsi di formazione per educatori di asili nido e personale docente, ma anche per genitori, in varie località della Romagna e a San Marino.
Svolge attività libero-professionale presso proprio studio a Bellaria (via Conti 37) e a Bologna. Ha rapporti di collaborazione consolidati con i Servizi Educativi di San Marino e con il Centro per le Famiglie di Rimini, organizzando serate a tema su diverse tematiche, in particolare sui bisogni dei bambini, le relazioni interfamiliari e il valore delle regole.