Nonna Annalisa racconta – Prove di indipendenza

“Guarda, va già in solitaria!” È il messaggio di mio genero, che mi scrive su whatsapp inviandomi un video (ma come facevamo, ai nostri tempi, quando questi mezzi non esistevano?). Naturalmente il soggetto è lei, la piccola E. Che oggi al parco giochi ha compiuto un’impresa francamente non spettacolare e nemmeno inaspettata, ma salutata da mamma e papà, com’è inevitabile, con la stessa emozione con cui probabilmente saluterebbero un piazzamento all’Olimpiade. Se volete sapere che cosa ha fatto di strabiliante, eccovi accontentati: al parco giochi, si è arrampicata da sola sul castello, per poi raggiungere lo scivolo. E se pensate che la nonna, solo perché racconta quest’impresa con un tono un po’ scanzonato, non si sia commossa, sbagliate di grosso: ho visto e rivisto il video (pochi secondi in verità) infinite volte, soffermandomi su ogni particolare di quelle gambette paffutelle e ancora un po’ cortine per le sbarre, ma che ci si mettevano d’impegno e alla fine riuscivano ad arrivare in cima.

A commuovermi di più nel video, però, è stato un attimo preciso, più o meno a metà: E. ha superato le prime due sbarre e prima di continuare si ferma, si gira e chiama la mamma, che la incoraggia a proseguire. Non è una richiesta di aiuto, no. È un dire: mamma, sei qui? Perché io vado da sola, però ho bisogno di sapere che dietro ci sei tu, c’è papà; che se tendo la mano me la prendete, che se metto un piede in fallo mi sostenete. Insomma, io faccio da sola, anzi voglio fare da sola (certe volte, con un’ostinazione un po’ irragionevole), ma posso fare da sola solo se so che ci siete. Siete il mio recinto, quello che mi dà sicurezza e al cui interno posso anche concedermi qualche capriccio (a patto che quando esagero mi fermiate), posso fare un po’ la ribelle e l’indipendente, ma solo se so che se mi allontano troppo, se corro dei pericoli, se voglio fare di testa mia cose pericolose, voi mi fermerete.

Un attimo, che però dice tutto su quello che è uno dei grandi compiti dell’essere genitori: lasciare i figli liberi di mettersi alla prova e di sperimentare, mettendo però sempre a disposizione un riparo, il molo a cui fissare la gomena quando il mare diventa pericoloso. Un compito che abbiamo avuto il passato e che ancora oggi, in parte, è anche di noi nonni.

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