Risponde lo psicologo – No, no e poi no!
Un bambino che si oppone a tutto. Che cosa rivela questo atteggiamento? Una mamma lo chiede alla psicologa Manula Arenella, psicologa psicoterapeuta, specializzata in psicoterapia dell’infanzia e dell’adolescenza. Ecco la sua risposta.
DOMANDA
Le scrivo dopo aver letto (sul sito noinonni.it) una sua risposta a una mamma preoccupata per suo figlio. Anche questa signora, come me, fa molta fatica a ottenere collaborazione da suo figlio, di 4 anni. Mio figlio di anni ne ha 6, ma praticamente da sempre risponde con un “no” a quasi tutte le mie richieste: dalle più banali (vai a lavarti le mani perché è ora di cena) alle più impegnative (vestiti da solo). Nonostante non sia molto preparata sull’argomento, ho immaginato che lo faccia per attirare la mia attenzione e il suo articolo mi ha dato modo di credere di non essere molto distante dalla verità.
Il motivo per il quale mi trovo solo oggi a voler indagare sulla questione è perché mio figlio, ora che va a scuola, colleziona note delle insegnanti che lo richiamano per il comportamento e spesso si trova ad andare fuori dalla porta in punizione. So che mio figlio non è un “angioletto”, ma non so proprio come fare per aiutarlo. Come faccio a capire cosa c’è dietro il suo atteggiamento di sfida con me e con le insegnanti? Può suggerirmi un percorso di miglioramento? Qualche lettura che mi aiuti ad inquadrare la questione? Qualche specialista che mi possa aiutare?
Concludo aggiungendo che mio marito non riconosce il problema. Durante la scorsa estate, su suggerimento delle insegnanti della scuola dell’infanzia, mi sono rivolta (da sola) a un consultorio familiare, presso il quale mi era stato suggerito un colloquio con una psicologa. Purtroppo avrei dovuto obbligatoriamente coinvolgere anche mio marito, il quale però si è negato. Sostiene che nostro figlio sia semplicemente un bambino agitato e che per questo non ha bisogno di alcun supporto o percorso.
RISPONDE LA DOTTORESSA MANUELA ARENELLA
Gentile Signora, come ho già spiegato nell’altra risposta, di solito la rabbia e l’opposizione celano in realtà una richiesta, un bisogno di amore.
Molte volte si innescano circoli viziosi per cui si scambiano le naturali opposizioni dei bambini come provocazioni, e spesso ciò genera nell’adulto pregiudizi che portano a entrare in conflitto e a rispondere alla rabbia del bambino con altrettanta rabbia. Il tutto, nel tempo, tende a connotare il rapporto di un tono di sfida continua, dal quale però tutti, sia gli educatori sia il bambino, escono sconfitti.
Talvolta noi adulti diamo per scontato che i bambini debbano ubbidirci e basta e non teniamo conto del fatto che un bambino che si oppone sta cercando in qualche modo di “dire la sua”, di affermarsi, e che forse avrebbe bisogno di mediazioni, di atteggiamenti non umilianti che riconoscano la rabbia, ma sostengano l’importanza di fare ciò che si chiede, non “per accontentare mamma e papà”, ma per il bene del bambino stesso.
Il “vestiti da solo”, ad esempio, non deve passare il messaggio “lo devi fare così mi libero di un peso”, ma il “sei capace di farlo e mi dà gioia vedere che diventi grande”.
A volte i meccanismi che si instaurano fanno sì che i bambini si sentano visti solo “al negativo”, cioè i genitori prestano loro attenzione solo se combinano qualcosa o se si rifiutano di fare da soli. E dato che per un bambino la cosa più importante è lo sguardo dei genitori, meglio essere visti come delle pesti, piuttosto che non essere visti per niente!
Bambini provocatori sicuramente suscitano rabbia e rifiuto, anche perché questa è la modalità relazionale che conoscono e che tentano di riprodurre anche con altri adulti (ad esempio a scuola).
Sarebbe bene però andare oltre l’atteggiamento e riconoscere che dietro la sfida c’è un bambino che ci sta chiedendo qualcosa, forse di essere presenti in modo diverso, più costruttivo, e di dimostrargli che lo desideriamo comunque, anche quando “fa il cattivo”.
È importante aiutarlo a costruirsi un’identità al positivo, valorizzando i lati positivi, invece di rimarcare sempre quelli negativi.
Si può spiazzare il bambino provando ad aprire un dialogo franco: “la mamma vede che sei molto arrabbiato, ma non riesco a capire come aiutarti. Mi dici dove sbaglio, cosa faccio che, pur non volendo, ti ferisce?”.
Ovviamente ognuno trovi le parole più adatte a sé e i tempi giusti, ma è importante provare a parlare sinceramente, per interrompere un braccio di ferro, che lascia nell’adulto impotenza e sensi di colpa e nel bambino la sensazione di essere solo, non capito.
Questo vissuto di rabbia naturalmente non permette al bambino di avere energie mentali libere e disponibili per lo studio e i processi di apprendimento: finché è impegnato nel recriminare e cercare di ottenere un riconoscimento dai genitori, non può pensare di iniziare a camminare sulle sue gambe e a crescere.
I papà sono solitamente i più restii a vedere certi problemi, ma può essere un buon incentivo parlare con le insegnanti e vedere le eventuali ripercussioni sul rendimento. Lei non smetta di chiedere la sua collaborazione, poiché è vero che il suo consenso è indispensabile per far aiutare il bambino.
In alternativa può essere lei a effettuare dei colloqui che possono indirizzarla e aiutarla a gestire le opposizioni di suo figlio. È sempre e comunque meglio la prima ipotesi, anche perché per un bambino è rassicurante vedere i propri genitori che sono uniti nel preoccuparsi per lui e che cercano di dargli un aiuto. Si accerti che il terapeuta a cui si rivolge sia specializzato in psicoterapia infantile, o che comunque sia abilitato a trattare i bambini, poiché non tutte le specializzazioni sono uguali.
Può esserle utile anche leggere il libro Il bambino arrabbiato di Alba Marcoli.
MANUELA ARENELLA, psicologa psicoterapeuta, specializzata in psicoterapia dell’infanzia e dell’adolescenza a Bologna, già da alcuni anni tiene corsi di formazione per educatori di asili nido e personale docente, ma anche per genitori, in varie località della Romagna e a San Marino. Svolge attività libero-professionale presso proprio studio a Bellaria (via Conti 37) e a Bologna. Ha rapporti di collaborazione consolidati con i Servizi Educativi di San Marino e con il Centro per le Famiglie di Rimini, organizzando serate a tema su diverse tematiche, in particolare sui bisogni dei bambini, le relazioni interfamiliari e il valore delle regole.