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Risponde lo psicologo – Insuccessi scolastici: qual è il messaggio?

12 Giugno 2025

logo psicologo

Siamo alla fine dell’anno scolastico, e… i nodi vengono al pettine. Ma come mai succede talvolta che bambini svegli e intelligenti a scuola “non rendano”? Una domanda che assilla spesso i genitori, e anche i nonni, naturalmente. Sentiamo il parere della dottoressa Manuela Arenella, psicologa psicoterapeuta, specializzata in psicoterapia dell’infanzia e dell’adolescenza.

 

 

DOMANDA

Gentile Dottoressa, le scrivo perché spero che sappia darmi un consiglio utile su come comportarci con il nostro bambino di 9 anni.
Tommaso è un bimbo intelligente e che si relaziona molto bene con gli altri anche dal punto di vista linguistico. Ha però una notevole svogliatezza nei riguardi di tutto ciò che sono oneri e obblighi legati soprattutto al discorso scolastico. Inoltre a scuola non riesce a mantenere un atteggiamento di empatia, ma spesso entra in contrasto con le maestre e con i compagni che, a detta sua, fanno o dicono cose che non gli vanno giù. La conseguenza sono note scolastiche di demerito e rendimento che precipita.
Forse ha poca autostima o forse è proprio di suo un po’ apatico, fatto sta che pur dandogli tutte le attenzioni possibili, permettendogli anche valvole di sfogo come il calcio o gli amici, il rendimento e il comportamento a scuola continuano a non essere consoni.
A ogni colloquio con le maestre ci sentiamo in difetto: non fa tutti i compiti (ma a noi ne dice solo alcuni. Non li scrive?), appare disinteressato alla maggior parte degli argomenti trattati (sceglie lui ciò che gli piace in base alla maestra o alla giornata?), spesso è scortese, sgarbato e litigioso… Eppure a casa, pur non essendo del tutto semplice fargli fare qualcosa, non è così.
Che cosa può scattare nella sua testa per rendergli tanto ostica la scuola? I compiti a casa sono un’agonia eppure quando ci si mette li fa velocemente e anche bene; ma succede sempre più di rado.
Siamo un po’ allarmati anche perché non sappiamo come comportarci e le nostre esperienze personali valgono poco essendo tempi completamente diversi. Può darci un consiglio su cosa e come poter far ripartire il nostro bambino? Ci sono letture o comportamenti da tenere per aiutarlo?

RISPONDE LA DOTTORESSA MANUELA ARENELLA

Molto spesso quando ci si trova di fronte a insegnanti o situazioni che ci danno un’immagine di nostro figlio diversa da quella che abbiamo noi o da come è a casa, ci sentiamo perplessi e confusi. A volte si arriva a dubitare di ciò che ci viene detto; altre volte, come in questo caso, ci poniamo delle domande.
In linea di massima è molto importante riuscire ad avere informazioni su come sono i nostri figli fuori casa, poiché è l’esterno la cartina di tornasole del nostro lavoro educativo.
È all’esterno che si mette alla prova la capacità di tollerare frustrazioni, che si testa la capacità di sostenere un impegno, l’apertura verso gli altri e verso le esperienze nuove.
Quando un bambino porta nel contesto scolastico la sua ribellione, o atteggiamenti provocatori che influiscono anche sul rendimento, allora è importante interrogarci sul significato di tali azioni.
Potendo, ogni bambino insegue il successo ed esperienze di gratificazione; quando ciò non avviene è il segnale di un disagio che manifesta in questo modo. È un segno di protesta o una richiesta d’aiuto di cui nemmeno lui è consapevole.
Ovviamente non mi è possibile, non conoscendo nei dettagli la situazione, sapere quale sia il messaggio che veicola il bambino di cui parla la lettera, però può essere utile fornire alcuni spunti di riflessione.
Anche se appare indifferente, il bambino soffre dei suoi insuccessi, ma non sa come contrastare la cosa. Talvolta atteggiamenti di apprensione dei genitori, che si preoccupano di un calo di rendimento scolastico, possono accentuare questi atteggiamenti negativi. In questi casi è un grosso errore, per placare le proprie ansie, aiutare eccessivamente o addirittura sostituirsi al figlio nei compiti, poiché questo aumenta in lui il senso di inadeguatezza e di incapacità.
Altre volte le fatiche a scuola hanno a che fare con la paura di crescere, di assumersi degli impegni, delle responsabilità. Studiare significa aprirsi varie strade, interessarsi al possibile, incuriosirsi, piuttosto che spaventarsi dell’ignoto.
Questo ci è impossibile se non siamo stati “attrezzati” ad affrontare fatiche e difficoltà.
Spesso l’atteggiamento dei genitori è eccessivamente accomodante; si tende a giustificare più che cercare di affrontare il problema.
Forse si potrebbe cercare di aprire un dialogo sulle motivazioni che portano il bambino ad avere questi atteggiamenti, esprimendo la vostra preoccupazione non tanto e non solo per i voti, ma per lo più per la sua rabbia e insoddisfazione.
È importante fargli capire che ci siete e siete disponibili ad ascoltare e sostenere il suo disagio, ma ciò non significa non richiedere impegno a scuola.
Potrebbe essere utile stabilire dei patti, per cui si chiarisce quali sono i doveri del bambino e, soprattutto, si stabiliscono le conseguenze nel caso non vengano rispettati.
Norme e dialogo, sono queste le parole chiave per relazionarsi con un pre-adolescente e un adolescente, allo scopo di fornirgli un sistema di riferimento che lo aiuti a gestire le pulsioni in modo non giudicante o umiliante.
Buon lavoro!

MANUELA ARENELLA, psicologa psicoterapeuta, specializzata in psicoterapia dell’infanzia e dell’adolescenza a Bologna, già da alcuni anni tiene corsi di formazione per educatori di asili nido e personale docente, ma anche per genitori, in varie località della Romagna e a San Marino.
Svolge attività libero-professionale presso proprio studio a Bellaria (via Conti 37) e a Bologna. Ha rapporti di collaborazione consolidati con i Servizi Educativi di San Marino e con il Centro per le Famiglie di Rimini, organizzando serate a tema su diverse tematiche, in particolare sui bisogni dei bambini, le relazioni interfamiliari e il valore delle regole.

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