Risponde lo psicologo – Bambini: il “dramma” dei compiti
Bambini che non vogliono fare i compiti, genitori che cercano di aiutarli ma poi, inevitabilmente, si innervosiscono, in un braccio di ferro inutile e che non giova a nessuno. È uno scenario abbastanza usuale, nelle famiglie di oggi, e che ha fatto riflettere e un po’ preoccupare una nonna, che ci scrive. La risposta della psicologa Cristina Fumi (Servizio di Psicologia Clinica per la coppia e la famiglia – Università Cattolica del Sacro Cuore UCSC).
DOMANDA
Gentile Dottoressa,
ho trascorso qualche giorno, alla fine di agosto, con mio figlio, mia nuora e il mio nipotino di otto anni. Era il momento dei compiti delle vacanze: un vero dramma. Mio nipote non voleva farli, erano continui litigi per convincerlo anche solo ad aprire il libro, non leggeva ma diceva subito di non aver capito… Mio figlio e mia nuora si sedevano accanto a lui, cercavano di convincerlo a concentrarsi, gli spiegavano, ma spesso perdevano la pazienza e tutto finiva in grandi sgridate.
Io in quei momenti cercavo di scomparire, di non farmi vedere per non aggravare ancora la situazione, anche perché Nicola tentava appena possibile di avere la complicità e l’appoggio della nonna… Però secondo me fare in compiti in questo modo non serve a nulla; ricordo anch’io che i miei figli non erano entusiasti all’idea di prendere in mano i libri in estate, ma non ricordo tutte queste difficoltà (forse la memoria mi inganna?).
La mia paura è che anche una volta ripresa la scuola continui questo andazzo con i compiti. Vorrei parlarne con mio figlio e mia nuora, ma ho paura di urtare la loro suscettibilità. E poi non so bene che consigli dare loro. Sono certa però che, se i compiti devono essere imposti a forza di sgridate, non si va lontano.
Può aiutarmi a trovare i consigli giusti e le parole per darli?
Grazie!
RISPONDE LA PSICOLOGA CRISTINA FUMI
Cara nonna,
il momento di fare dei compiti più a volte precipitare e diventare un momento faticoso e impegnativo sia per i bambini sia per gli adulti coinvolti.
Da nonna Lei ha avuto modo di osservare da una posizione privilegiata perché più neutrale questi momenti che l’hanno fatta preoccupare e che l’hanno spinta a scriverci.
Senza giudizio e senza timore, io credo che possa essere utile che lei condivida qualche riflessione e osservazione con suo figlio e sua nuora su questi momenti di tensione che si creano tra genitori e bambino, incoraggiandoli a confrontarsi innanzitutto con le insegnanti e gli educatori della scuola per trovare una soluzione strategica efficace.
Spesso accade infatti che una migliore sinergia scuola/famiglia, una fiducia reciproca espressa, possa in qualche modo aiutare i bambini, per esempio, a meglio motivarsi allo studio oppure a trovare un metodo di studio più efficace.
È importante né drammatizzare né banalizzare ma, senza entrare nel merito su cosa è meglio fare o non fare, aiutare i genitori ad aiutare i figli, per esempio coinvolgendo dei tecnici (le insegnanti in primis).
Capire la natura del comportamento del rifiuto è infatti importantissimo: possono esservi varie tipologie di problemi nel bambino che non vuole fare i compiti: difficoltà cognitive (“non capisco”), emotive (“non sto bene”), e/o motivazionali (“non ho voglia”).
Può da nonna provare a segnalare a suo figlio e a sua nuora questi aspetti e suggerire loro di interpellare le insegnanti… e qui fossi in Lei mi fermerei.
Saluti cordiali
Cristina Fumi
Servizio di Psicologia Clinica per la coppia e la famiglia
Università Cattolica del Sacro Cuore (UCSC)
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Tel. 02.7234.5961
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