Nonna Annalisa racconta: primo giorno di nido

Certo, ero preparata. Erano mesi che in famiglia si parlava dell’inserimento al nido della piccola E. Scelta della struttura, colloqui, la preparazione dell’occorrente, gli acquisti, le etichette da incollare… E poi, diciamocelo: certo, è passato un po’ di tempo, ma di inserimenti al nido/scuola materna ne ho fatti! Eppure stamattina, quando mi è arrivata la foto della sua faccina entusiasta mentre usciva di casa per affrontare il primo giorno del suo percorso scolastico, non ho potuto fare a meno di commuovermi (che novità, eh?, direte voi!). Mi è sembrata più grande, cresciuta rispetto a quando l’ho salutata ieri: giubbino, pantaloncini blu, maglietta bianca, zainetto… una vera “studentessa” in miniatura, pronta ad affrontare questa nuova esperienza con lo slancio di sempre. E quella luce negli occhi, che brilla sempre. Luce di curiosità, di voglia di esplorare, di conoscere, anche di crescere, ahimè, mentre la nonna vorrebbe rallentare il tempo… Una luce che ogni tanto si accende di deliziosa monelleria, quando decise di fare qualcosa che non deve, e naturalmente lo sa.

E ripenso al fagottino arrivato a casa dall’ospedale, poco più di un anno e mezzo fa. Quando a tenere banco erano le poppate, i cambi di pannolino, le coliche, le notti con il sonno spezzato e mai sufficiente. Quante nuove esperienze ha fatto, in questi mesi, che a noi nonni sembrano così pochi! Come si è allargato il suo orizzonte, e con quanta ancora maggiore velocità lo farà ora: scoprirà le prime amicizie e probabilmente dovrà fare i conti anche con qualche disaccordo con i coetanei; nella sua vita entreranno nuove figure di riferimento… E noi – i genitori in primo luogo, ma anche la nonna Annalisa – siamo pronti ad accompagnarla in questo percorso, a sostenerla, a farle sentire che farà da sola, ma che per lei ci siamo sempre.

Eppure, per la nonna c’è anche una punta di malinconia, che si riaccende a ogni tappa della crescita: quella della consapevolezza che il tempo passa e sembra accelerare (ahimè). Una consapevolezza che da genitori non avevamo, com’è giusto che sia, e che mi fa guardare con una doppia tenerezza non solo E., ma anche la sua mamma e il suo papà, uniti a lei nello sguardo teso verso il futuro.

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