Quando i figli si sposano: come cambia la famiglia
Vi proponiamo una parte del lungo e interessante intervento che la dottoressa Mariolina Ceriotti Migliarese ha tenuto nel convegno «Nipoti, genitori e nonni: relazioni su cui si gioca il futuro», organizzato dalla Diocesi di Milano il 2 ottobre 2021, in occasione della Festa dei nonni.
La dottoressa Ceriotti Migliarese è neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta. Madre di sei figli e nonna di altrettanti nipoti, da anni si occupa della formazione di genitori e insegnanti ed è autrice di diversi libri centratri sul tema della famiglia.
Partiamo da questo: cosa succede quando un figlio o figlia si sposa? Qual è il passaggio? Tante volte noi non riflettiamo abbastanza sul fatto che questo crea una forte discontinuità nella storia famigliare, tant’è vero che noi lo percepiamo e lo celebriamo con un rituale molto importante, quello del matrimonio: i rituali sono sempre necessari quando si creano delle discontinuità significative. Infatti il figlio che si sposa dà vita a una coppia – che poi è una famiglia nuova – che è una realtà di tipo affettivo-sociale.
La famiglia nuova non è solo una realtà affettiva, ma è anche una realtà sociale, cioè costituisce una nuova cellula vitale, che prende una sua configurazione, tant’è vero che nel matrimonio viene dato un solo cognome alla coppia. Col matrimonio nasce questa nuova creatura, che è la famiglia e che avrà il compito di prendere una propria identità nel tempo, a partire da due persone che vengono da ceppi famigliari differenti. Quindi è necessario tutto un lavoro, per la nuova famiglia ma anche per le famiglie originarie, per creare nuovi confini relazionali, nuove posizioni generazionali e nuove distanze relazionali. E queste tre parole: distanza, confine e posizione, sono le tre parole chiave nella famiglia, perché vanno continuamente ridefinite nel corso della storia famigliare.
Definire i confini personali
Partiamo dal confine personale: il bambino finché è nella pancia della mamma non ha neanche un confine, è unito con lei; poi pian piano costruisce un proprio confine personale, e la madre e il padre devono contribuire a segnarlo con chiarezza, lasciare al bambino un proprio spazio vitale, non solo fisico ma anche mentale. Poi progressivamente con l’adolescenza questo cambia e nel momento in cui un figlio esce dalla famiglia di origine lo stacco e la creazione del confine diventano più decisi. Questo è necessario, perché il figlio (o la figlia) deve costruirsi una nuova famiglia con una persona che viene da un altro ceppo famigliare, e deve costruirsi un confine nuovo che riguarderà quella coppia.
Visivamente è un po’ come se la famiglia originaria fosse una sfera; da questa sfera progressivamente usciranno delle nuove sfere: la sfera d’origine deve rimpicciolirsi e le nuove sfere devono allargarsi. Questo crea una relazione di influenza reciproca che può creare delle difficoltà. Qual è infatti il problema centrale del genitore quando il figlio si sposa? Proprio quello di trovare uno sguardo nuovo su quel qualcuno che è nostro figlio o nostra figlia.
Accettare che i figli cambino nel tempo
Noi pensiamo di conoscerli e invece non li conosciamo fino in fondo. Come mai? Noi tutti viviamo dentro una storia, la storia familiare, in cui ognuno si costruisce delle immagini degli altri: quando noi siamo in famiglia, ognuno pensa di sapere chi siano gli altri con cui ha a che fare, e ogni figlio viene un po’ individuato con delle sue caratteristiche, per esempio c’è il figlio più sensibile, quello che fa le marachelle… Questo modo di funzionare è quello dal quale noi dobbiamo imparare a liberarci man mano che i figli crescono, perché cambiano, per diventare qualcos’altro che acquisiscono progressivamente. Perciò la capacità di liberarsi dalla lettura precostituita che abbiamo dei nostri figli è uno snodo molto importante, e lo diventa particolarmente quando il figlio fa una scelta importante come quella di costruirsi una famiglia, scegliere un’altra persona che dà alla sua vita un apporto nuovo, che noi non possiamo pienamente comprendere e che lo modifica nel tempo. Il problema centrale col figlio è quindi non mantenere sempre lo sguardo di chi ha conosciuto quella creatura da bambino, invece noi spesso facciamo un po’ così. Questa fissità delle relazioni è ciò che impedisce un buon sviluppo delle relazioni nella vita adulta: dobbiamo andare oltre queste immagini e legittimare pienamente nostro figlio o nostra figlia, nella scelta relazionale che ha fatto e nel progetto famigliare che vuole intraprendere.
Il matrimonio: un momento di rottura degli equilibri familiari
Non è così banale, lo sottolineo perché è una cosa che non è immediata, la impariamo un po’ alla volta, anche perché il matrimonio di un figlio segna anche una situazione “di lutto” per una famigli. È una cosa bizzarra, ma, accanto alla gioia per il figlio che si sposa, abbiamo anche un po’ di malinconia per ciò che andiamo perdendo, perché questi figli, che sono stati parte della nostra vita, vanno veramente verso altre vite, verso altri pensieri, verso mondi che noi non conosciamo. Dobbiamo imparare a rinunciare al controllo di ciò che accade loro e anche alla soddisfazione di vedersi compiere i nostri progetti, legittimando invece pienamente quelle che sono le loro scelte e i loro progetti, che non sono sempre sovrapponibili ai nostri. Non è sovrapponibile al nostro modo di pensare, di vedere, come loro costruiranno la loro coppia, come loro educheranno i loro figli, come loro terranno la loro casa.
Questo sembra facile, e invece non è facile, non è spontaneo; magari ci mette in quella situazione che ci fa percepire come “suoceri”, nel senso cattivo della parola, cioè come persone critiche, che sono lì a giudicare. A giudicare perché fanno un confronto tra il proprio progetto, la propria visione del mondo, con quello che la nuova famiglia propone.
Costruire la relazione con il genero o la nuora
Cosa succede nel rapporto con il genero o la nuora che entrano a far parte del nostro nucleo famigliare? Mentre con il figlio o la figlia che si sposa il problema centrale è quello cambiare il punto di vista sul figlio, con il genero o la nuota è di fare i conti con una differenza che va accolta e legittimata.
La tipica cosa che facciamo, quando uno dei nostri figli o nostre figlie si sposa, è pensare che accoglieremo suo marito o sua moglie come un nuovo figlio. Tendenzialmente noi ci disponiamo ad aprire il cuore a una nuova creatura che entra nella nostra famiglia, come fosse un nuovo figlio o una nuova figlia.
Ora, questa è un’arma a doppio taglio, perché entra una persona che è già figlia di qualcuno, e che viene a portare la propria differenza; cioè, porta ciò che arriva dalla sua famiglia, dal suo ceppo originario. Quindi noi pensiamo un “arriva un nuovo figlio”, ma invece dovremmo pensare che stiamo consegnando nostro figlio a una famiglia nuova, che costruirà con una persona nuova. Il vero movimento non è in entrata (“Accogliamo una nuova figlia o un nuovo figlio”), ma è in uscita (“Io consegno mia figlia a qualcuno con cui costruirà la sua famiglia, che sarà diversa dalla nostra”).
È quello che la saggezza dei riti ci fa vedere: il papà che porta all’altare la figlia e la consegna al marito, o, a volte, la madre che accompagna all’altare il figlio e lo consegna alla moglie. Usanze che simboleggiano questo: quando tornerà dall’altare, non tornerà indietro qualcuno che appartiene alla nostra famiglia, ma qualcuno che ha costruito una famiglia sua. La nostra famiglia si è ristretta, questa entità nuova è uscita dalla nostra famiglia e noi dobbiamo supportarla con affetto, dobbiamo aiutarla a tenere, a costruire, a consolidare questo confine nuovo che ne farà una famiglia.
Allora, accettare una persona nuova in famiglia non vuol dire “devo pensare che sia come un figlio”? Sì, ma dobbiamo pensarlo come un figlio affidatario, adottivo, qualcuno che ha diritto alla propria differenza e che da noi cerca l’accoglienza. Lo dobbiamo accogliere come un figlio, nel senso di aprire la mente e il cuore, confidando che, se nostro figlio o nostra figlia l’ha scelta, qualche cosa di bello e di buono c’è in questa persona necessaria per lui o per lei.
Dottoressa Mariolina Ceriotti Migliarese
Trovate la registrazione completa del convegno, compreso l’intervento della dottoressa Ceriotti Migliarese, a questo link: https://youtu.be/Frw8xMqOT08