Risponde lo psicologo – Bugie sui voti: qual è il messaggio?
Tempo di pagelle… e tempo di “resa dei conti” sul rendimento scolastico dei nostri bambini. Ma come comportarsi quando scopriamo che hanno nascosto (a noi, ma naturalmente – e forse soprattutto – ai genitori) dei brutti voti? La dottoressa Manuela Arenella, psicologa psicoterapeuta, specializzata in psicoterapia dell’infanzia e dell’adolescenza, risponde alla domanda di una mamma su questo delicatissimo tema.
DOMANDA
Ho una figlia di dieci anni che fino ad ora non mi ha dato grossi problemi. Ha avuto sempre poca voglia di studiare, ma con il mio aiuto ha sempre mantenuto la media dell’otto in quasi tutte le materie (tranne matematica). Premetto che tre mesi fa è mancato mio papà per un cancro e so che mia figlia ha subito un trauma: era molto legata al nonno e ha anche visto tutta la sua sofferenza.
Al colloquio con le maestre ho scoperto una dura realtà: mia figlia ha modificato tutti i voti che aveva preso fino a quel momento, cambiando tutti i 6 in 8. Quando le maestre si sono accorte delle correzioni lei si è giustificata dicendo che forse a pasticciarle il diario è stata la cuginetta di tre anni.
Tornando a casa ho chiesto spiegazioni e la bambina mi ha detto che l’ha fatto perché non voleva darmi un altro dolore visto che ho già sofferto tanto per il mio papà. Non so come comportarmi e come agire nei suoi confronti…
RISPONDE LA DOTTORESSA MANUELA ARENELLA
I dieci anni sono un’età particolare, un’età in cui si avvertono le prime avvisaglie dell’adolescenza, e con questa il bisogno sempre più urgente di prendere distanza dai genitori e dalle brave bambine che si è state fino a quel momento, per sperimentarsi in prima persona.
Nelle prime righe la mamma dice che finora il rendimento scolastico della ragazzina è stato frutto del suo aiuto. Tra l’aiutare un figlio a fare i compiti e il sostituirsi a lui, però, il confine è molto labile. Proverò a spiegarmi meglio.
È naturale desiderare di aiutare i propri figli a studiare, insegnare loro ad assolvere i propri doveri quotidiani nei confronti della scuola, ma molto spesso ci si lascia prendere la mano e ci si trasforma in “maestre”, spesso più severe di quelle reali! Si insiste perché i bambini facciano come diciamo noi, e spesso ci si ritrova ad aiutarli a finire i compiti o a colorare le schede, affinché vadano a scuola coi compiti perfetti. Ma a che prezzo? Quello che i figli perdono, in questi casi, è l’autonomia, la possibilità di sperimentare se stessi e le proprie capacità in relazione alle richieste della scuola. Nel tentativo di aiutarli, i genitori trasmettono ai figli un messaggio di sfiducia (riesci solo con il mio aiuto) e soprattutto che sono più importanti i bei voti piuttosto che la capacità di conquistarli da soli.
Tornando alla domanda, al momendo delicato che sta attraversando la bambina, quello della preadolescenza, si è aggiunta l’esperienza del lutto, che porta con sé difficoltà in vari ambiti (in questi casi, per esmepio, sono normali sintomi come inappetenza, insonnia o calo di rendimento).
Quello che si può ipotizzare è che questa ragazzina sia stata poco allenata all’autonomia e, di conseguenza, non si fidi di se stessa, non si conceda dei cali, degli scivoloni. La cosa che colpisce nella lettera è che probabilmente il suo timore più grande è quello di deludere la mamma, di “darle un dolore”.
Come mai si preoccupa tanto per la madre? Perché ha bisogno di mentire sui suoi voti? Dove ha imparato che è più importante prendere otto che ascoltare quello che ci si agita dentro, come ci sentiamo?
Credo sia importante, per la mamma, riflettere su questi punti e cercare di chiarire, innanzitutto a se stessa: quanto conta il rendimento scolastico; se è pronta ad affrontare il fatto che la figlia sta crescendo e questo significa che non potrà più essere la brava bambina che risponde alle aspettative; se ci può essere in lei un’ansia eccessiva che fa sì che sia la figlia a preoccuparsi per lei, invece di chiederle aiuto nelle sue difficoltà; se questo atteggiamento è legato alla terribile esperienza che le è accaduta da poco.
Dopo potrà parlare apertamente e chiaramente con sua figlia. Sarebbe importante farle capire che non deve essere lei a preoccuparsi per la mamma, ma caso mai può parlare con lei del nonno, condividere ricordi e sofferenza.
Sarebbe importante trattarla non più da bambina, ma da ragazzina che va aiutata ad incontrarsi e a scoprirsi, e sempre più capace di fare le cose da sola. La mamma potrebbe chiarire che, più dei voti, conta ciò che prova e cosa vive, e che per essere grandi è importante imparare ad assumersi le proprie responsabilità: “la scuola è importante, è il tuo dovere, ma tu non sei i tuoi voti. L’importante è che tu ce la metta tutta. Per il resto nessun voto mi deluderebbe, a patto che sia sufficiente e che veda l’impegno”. Come sempre, queste frasi sono solo esempi; è importante che ognuno trovi il suo modo, il suo stile.
Per diventare grandi ed imparare a fare da soli è necessario sbagliare, peccato che a volte siamo proprio noi adulti a non tollerare gli errori o ad andare in ansia nei momenti di difficoltà.
MANUELA ARENELLA, psicologa psicoterapeuta, specializzata in psicoterapia dell’infanzia e dell’adolescenza a Bologna, già da alcuni anni tiene corsi di formazione per educatori di asili nido e personale docente, ma anche per genitori, in varie località della Romagna e a San Marino. Svolge attività libero-professionale presso proprio studio a Bellaria (via Conti 37) e a Bologna. Ha rapporti di collaborazione consolidati con i Servizi Educativi di San Marino e con il Centro per le Famiglie di Rimini, organizzando serate a tema su diverse tematiche, in particolare sui bisogni dei bambini, le relazioni interfamiliari e il valore delle regole.