Avere un bambino in tempo di coronavirus

Nonni, vi ricordate i nostri ultimi giorni di attesa, prima della nascita dei nostri bimbi? Il clima di trepida attesa, con tanti sogni a occhi aperti; le visite (o le telefonate) di mamme/suocere e sorelle/amiche, tutte prodighe di consigli, quando ormai eravamo rimaste a casa dal lavoro; le passeggiate tranquille, con il pancione che già ci copriva i piedi; le visite ai negozi per acquistare le ultime cose necessarie pere il bimbo; il corso preparto, in cui incontravamo altre future mamme come noi e in alcuni casi abbiamo stretto amicizie che sono durate negli anni… E poi, la corsa in ospedale dopo aver avvertito anche i familiari più stretti, e il clima di festa intorno a noi, dopo il parto, con quel via via di amici e di parenti che continuava anche a casa, e i fiori….

Ebbene, per le mamme che partoriscono in questi mesi, in cui infuria il coronavirus, non c’è nulla di tutto questo. Gli ultimi mesi li passano in quarantena, e anche ora che la quarantena in senso stretto è finita e i limiti sono leggermente più ampi, la paura le tiene comunque in casa, lontane anche dagli affetti più stretti. D’altra parte, perché rischiare il contagio? E poi, l’obbligo del distanziamento sociale – quel maledetto metro, metro e mezzo che erge un muro invalicabile tra noi e gli altri – rende perfino doloroso l’incontro. Doloroso per loro, ma doloroso anche per i nonni: chi è che non sogna la sensazione, proprio fisica, di stringere a sé la propria bambina, di sentire la rotondità di quel pancione, di poter fare una carezza al (o alla) nipote non ancora nato, di poter appoggiare la mano per sentirlo muoversi? Sensazioni che ricordiamo benissimo, e che vorremmo rivivere ora, dall’altra parte, quella dei nonni.

Per non parlare poi dei nonni che abitano lontano, o addirittura in un’altra regione: per loro, impossibile partecipare in alcun modo a questo dolcissimo periodo, se non con telefonate; e chissà quando avranno la gioia di poter stringere il nipotino tra le braccia!

Neanche in ospedale, almeno nelle regioni più colpite dal contagio, la giovane mamma può essere circondata dall’affetto dei suoi cari: una volta “presa in consegna” da ostetriche e ginecologi, deve salutare il marito o il compagno (o chi l’ha accompagnata), e durante il travaglio resta da sola. Il papà viene richiamato solo al momento del parto, per essere poi allontanato subito dopo. Certo, tutte precauzioni indispensabili, ma… vi ricordate il nostro parto?

E poi, una volta tornata a casa, l’isolamento continua, e la giovane coppia si ritrova ad avere a che fare con poppate e pannolini senza il conforto dell’esperienza di chi ci è già passato, e può consigliare, incoraggiare, sdrammatizzare in piccoli problemi quotidiani.

Certo, la gioia di avere il proprio bambino, di stringerlo tra le braccia, di assistere giorno per giorno ai suoi cambiamenti, è e resta immensa, ma per i nonni e gli affetti più cari difficile rassegnarsi a non vivere anche loro, accanto ai genitori, questi momenti così dolci. Però bisogna farlo! Non possiamo fare altro che seguire le indicazioni che ci vengono date e sperare che presto questo virus venga debellato.

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