Risponde lo psicologo – Non mangia nulla…
Il momento del cibo è spesso, nelle famiglie con bambini piccoli, un momento di crisi e di “conflitto”. Come mai? E che cosa fare? Il parere della nostra consulente, la psicologa Manuela Arenella.
DOMANDA
Sono mamma di un bimbo di 30 mesi cresciuto a casa con me e per il primo anno di vita con i miei genitori perché mio marito era fuori per lavoro.
Il mio bimbo non parla ma si fa capire in tutto, indica ciò che vuole, dice sì/no basta/più mamma e papà ma non formula frasi. La pediatra dice però che fino ai tre anni non è possibile fare una diagnosi da un logopedista.
Il mio problema però è che non mangia nulla. A 30 mesi siamo ancora alla fase pastina con passato di verdure/pastina con formaggio/pastina con il sugo e omogeneizzati di carne. In compenso mangia volentieri tutto ciò che non dovrebbe, patatine, biscotti, brioches, pizza…
Ho provato a cucinargli altre cose ma tutto ciò che deve masticare non lo vuole, mi serra la bocca, urla e piange.
Non vuole toccare il cibo con le mani e non vuole usare la forchetta. È colpa mia perché quando ho inziato lo svezzamento, per paura che si strozzasse o si sporcasse non gli facevo toccare nulla ed è cresciuto imboccato fino ad oggi.
Che cosa mi consiglia di fare per sbloccarlo sia nel linguaggio sia nel cibo?
RISPONDE LA DOTTORESSA MANUELA ARENELLA
Gentile Signora,
si intuisce dalle sue righe la sua preoccupazione e la sua ansia per il suo bambino.
Mi perdoni se mi permetto di ipotizzare che forse è la stessa preoccupazione che ha accompagnato e, a quanto dice, un po’ ostacolato il suo bimbo in alcuni passaggi di crescita.
Soprattutto nei primi mesi di vita, la presenza del papà ha l’importante funzione di arginare le ansie della mamma affinché non ricadano sul bambino, quindi mi rendo conto della fatica che lei abbia potuto fare. Quando queste ansie non trovano un contenimento, finiscono sul bambino, frenando, senza volerlo, i suoi processi di crescita, tenendolo in una condizione di dipendenza.
Un rapporto troppo stretto con la mamma
La fatica a parlare talvolta fa riferimento ad un rapporto troppo stretto con la mamma, al protrarsi di una dipendenza che rende inutile il doversi “sforzare”, tanto la mamma comunque mi capisce. È comunque vero che, per un’eventuale visita logopedistica, si suggerisce di aspettare i 4 anni.
Lei mi sembra molto consapevole degli atteggiamenti che hanno generato nel suo bimbo la difficoltà ad essere autonomo nel gestire il cibo, godendone, e questo è già molto importante.
Sicuramente il nido o la scuola materna aiuteranno il suo bambino, poiché promuoveranno la sua autonomia e gli permetteranno di fare esperienze fisiche, tattili, sensoriali, che nutriranno gli aspetti più regressivi.
Tuttavia credo che sarebbe importante che anche voi a casa cambiaste atteggiamento, permettendo al bambino di sperimentarsi nelle autonomie (mangiare da solo) e di recuperare delle aree di gioco relative al paciugare, allo sporcarsi, al manipolare, ecc.
Il rapporto con il cibo
Credo , inoltre, sarebbe importante evitare di frullare tutto. Va bene un passato di verdure o un brodino ogni tanto, ma se il bimbo è in grado di mangiare biscotti e pizza, può tranquillamente masticare anche il resto del cibo.
Probabilmente questo impuntarsi del suo bimbo con pianti e urla ha a che fare con un’opposizione e con la fatica a mettere in gioco la sua “aggressività”, quell’energia positiva che ci permette di crescere, di nutrirci delle cose della realtà e farle nostre.
Il rapporto col cibo è simbolico rispetto al rapporto che abbiamo con la vita, per cui è importante che permetta al suo bambino di imparare a nutrirsi in modo autonomo, a masticare, a godere del cibo con tutti i sensi.
Nel caso ne sentisse la necessità, la invito a consultare uno psicoterapeuta infantile della sua zona, che potrà approfondire la situazione e darle suggerimenti sicuramente più mirati.
Sono nonna di un bimbo di 2 anni che non mangia più tanto come nella fase immediatamente successiva allo svezzamento ma che a tredici mesi circa ha rifiutato di farsi imboccare. Il pasto significa per lui spezzettare gli alimenti e anche giocarci (li fa volare in aria). Non intende mangiare seduto a lungo, regge sulla seggiola pochi minuti. Ho posizionato su un tavolino alla sua altezza diverse ciotoline contenenti di tutto e dalle quali lui possa servirsi. Non mi preoccupo degli schizzi dappertutto e né del fatto che rifiuti la bavaglia. Il padre del bimbo ritiene che gli ho concesso troppa libertà oltre che autonomia. Mi chiedo se, quando frequenterà la Materna, ciò potrebbe rappresentare un problema. Grazie.
Gentile nonna Luciana,
grazie per averci scritto! Ogni bambino è diverso, e lo è anche il rapporto con il cibo, che cambia a seconda delle età. In proposito, ti invitiamo a leggere questi due interventi della dottoressa Cinzia D’Alessandro, esperta in pedagogia, che traccia proprio il percorso che in genere caratterizza il rapporto tra bambini e cibo nei primi anni di vita: http://www.noinonni.it/2_benessere/s-o-s-nipoti/bambini-e-cibo-da-0-a-12-mesi/
http://www.noinonni.it/2_benessere/s-o-s-nipoti/i-bambini-e-il-cibo-dai-12-mesi-ai-5-anni/
Naturalmente, poi, ogni bimbo ha i suoi tempi…
Quanto alla sua domanda specifica, pensiamo che sia bene sostenere l’autonomia del bambino nel voler mangiare da solo, ma che a quest’età il bimbo dovrebbe cominciare a distinguere il momento del pasto dal gioco e dovrebbe cominciare ad avere qualche piccola regola anche al momento die pasti.
Spero che gli articoli che le segnalo possano esserle utili. Ci faccia sapere!
Tanti cari auguri per il suo nipotino
noinonni.it