Risponde lo psicologo – La verità sul papà
Ancora un prezioso contributo su un interessante tema di psicologia a misura di bambino che ci arriva dalla dottoressa Manuela Arenella, psicologa psicoterapeuta, specializzata in psicoterapia dell’infanzia e dell’adolescenza.
Oggi la dottoressa Arenella si occupa di un tema molto delicato e doloroso: come fare a spiegare a un bambino che il papà non c’è perché è andato via prima della sua nascita?
DOMANDA
Io vorrei chiedere come si fa a dire a un bambino che ha solo la mamma perché il papà si è defilato ancora prima che nascesse. Ha otto anni ed è già da un anno circa che chiede sia a sua mamma sia a me, che sono la nonna, se lui ha un papà, dove abita, dove lavora.
Sia mia figlia sia io, quando chiede, diamo delle spiegazioni un po’ vaghe, stando attente a non mettere il papà in cattiva luce, ma arriverà un momento in cui vorrà sapere la verità. È un bambino intelligente, ha tanti zii che gli vogliono un bene grandissimo e che stravedono per lui. Quando è il momento di dirgli che suo padre oltre ad averlo abbandonato si è formato una famiglia?
RISPONDE LA DOTTORESSA MANUELA ARENELLA
La prima cosa che è importante chiarire, è che tutti i bambini hanno un papà. Che sia lontano, assente o in cielo, comunque ogni bambino ha il suo papà. E chi ha un ruolo fondamentale nel restituire l’immagine di un papà assente, è la mamma.
Per quanto ci si sforzi di non lasciar trapelare niente, i bambini ricavano l’immagine del proprio papà a partire dai racconti che fa la mamma, e ciò che passa non è solo ciò che la mamma dice, ma soprattutto il vissuto che ha rispetto a quest’uomo.
Pur non volendo, è inevitabile che il fastidio, la disapprovazione, la rabbia per un uomo che ci ha abbandonato trapelino, non tanto attraverso le parole, quanto attraverso indicatori non verbali, come la micro mimica o la tensione nella voce, ecc.
Nel corso degli anni suo nipote ha potuto “compensare” gli aspetti paterni attraverso gli zii o altri riferimenti maschili, ma ciò non toglie che si affaccia ogni tanto la voglia di sapere di più sulle proprie radici, e quindi sul proprio papà. È un’esigenza naturale, che ha a che fare con la costruzione della propria storia personale, con la necessità di completare tutti i tasselli per definire la propria identità.
È molto importante riuscire a gestire la rabbia, che nasce naturalmente da un abbandono così traumatico, e non parlare male dell’altro genitore, che comunque è una figura presente nel mondo interno del bambino. Ogni volta che, per qualunque motivo, un genitore parla male dell’altro, ferisce il bambino, attacca il suo mondo interno.
È importante, anche nelle peggiori situazioni, “salvare” l’immagine di questo papà, perché è importante che il bambino senta comunque di essere stato voluto.
Si può, ad esempio, dire al bambino che il suo papà era molto in difficoltà, che non riusciva ad occuparsi di lui, che ha avuto paura, eccetera.
Ognuno trovi le parole più consone, ma è importante trasmettere che se il papà è andato via non è perché il bimbo non era degno di essere amato, ma era il papà ad essere in difficoltà. E si è perso un bambino stupendo!
Dire che “papà in quel momento non se l’è sentita”, permette poi di lasciare aperta la possibilità di aggiungere, in adolescenza avanzata, o comunque sulla base delle domande del bambino, che poi è cambiato qualcosa, per cui poi ha avuto altri bambini.
Non c’è un momento giusto in cui affrontare questo argomento: bisogna aspettare le domande del bambino, che saranno proporzionali alla sua possibilità di “digerire” le risposte.
Fondamentale è dire la verità, nei termini e nelle modalità accessibili ad un bimbo di 8 anni.
Non si tratta di raccontare bugie, bensì di assecondare il bisogno naturale di conoscere la propria storia, che si farà sempre più forte in adolescenza. Se poi, crescendo, suo nipote sentirà l’esigenza di ricontattare suo padre, sarà lui stesso a rendersi conto di che tipo di uomo è e a scegliere che rapporto intessere.
MANUELA ARENELLA, psicologa psicoterapeuta, specializzata in psicoterapia dell’infanzia e dell’adolescenza a Bologna, già da alcuni anni tiene corsi di formazione per educatori di asili nido e personale docente, ma anche per genitori, in varie località della Romagna e a San Marino.
Svolge attività libero-professionale presso proprio studio a Bellaria (via Conti 37) e a Bologna. Ha rapporti di collaborazione consolidati con i Servizi Educativi di San Marino e con il Centro per le Famiglie di Rimini, organizzando serate a tema su diverse tematiche, in particolare sui bisogni dei bambini, le relazioni interfamiliari e il valore delle regole.
molto bello l’articolo che tocca un problema sul quale troppo spesso i bambini ricevono risposte orrende e non omogenee (madri, nonni, ecc.)
grazie
Grazie mille per il commento, Alessandra!