Risponde lo psicologo – Se le maestre cambiano spesso
Una nonna preoccupata per i continui avvicendamenti di insegnanti nella scuola del suo nipotino scrive alla nostra consulente, la dottoressa Manuela Arenella, psicologa psicoterapeuta, specializzata in psicoterapia dell’infanzia e dell’adolescenza. Ecco la sua risposta
DOMANDA
Il problema del mio nipotino, di 8 anni, è che a scuola le maestre cambiano spesso. Fino adesso ci sono già state tre insegnanti nella sua classe e ho appena saputo che tra breve ci sarà un altro cambio. Il bambino sopporta sempre peggio tutto ciò e ha cambiato il suo comportamento, non dà più tanta attenzione alla scuola, bisogna sempre ricordargli di studiare a casa.Non sappiamo più che cosa fare. Lui è un tipo a cui piace la stabilità e se succede qualcosa all’improvviso, oppure c’è qualche cambiamento nel ritmo giornaliero, subito diventa insicuro.
RISPONDE LA DOTTORESSA MANUELA ARENELLA
Nel rispondere alla domanda di oggi mi sembra utile ribadire alcuni concetti già espressi in altre risposte.
C’è una capacità senza la quale è difficile imparare a vivere per davvero, ed è quella di accettare il dolore dei distacchi e delle separazioni, soffrendo, prendendosi tutto il tempo che serve, ma senza farsene travolgere.
È la capacità di crescere, a qualsiasi età della vita; una dimensione estremamente vitale, che ci permette di abbandonare un vecchio terreno per trovare gli adattamenti che ci aiutino ad elaborare i continui passaggi e cambiamenti della vita.
Un bambino che cresce, proprio perché è vivo, deve continuamente affrontare ed elaborare passaggi e distacchi.
La capacità di elaborare i passaggi, di accettare il distacco da qualcosa che cambia per trovare un nuovo adattamento alla realtà che muta, è quindi un patrimonio essenziale al processo stesso della vita, sia per i bambini che per gli adulti.
Non ci può essere vita mentale, senza la capacità di accettare che qualcosa finisca, perché qualcos’altro possa nascere.
È importante aiutare un bambino ad acquisire questa capacità.
È inutile circondarlo di ansie e premure eccessive o, ancor peggio, sensi di colpa per la fatica che gli stiamo chiedendo: servirebbero solo a farlo sentire fragile e insicuro.
Possono invece essergli più utili altre piccole cose, come ad esempio l’aver sperimentato delle buone sicurezze di base, che gli permettano, col tempo, di non fermarsi ma di provare a esplorare anche contesti nuovi; vedere che anche noi adulti abbiamo fatto o facciamo fatica ad accettare i passaggi, senza negare il dolore, anzi vivendolo completamente, in modo da renderli possibili; sentirsi sostenuto da qualcuno che, più che porre l’accento su ciò che si perde, sottolinea ciò che si può incontrare, le cose nuove che ci possono arricchire.
Quindi, per tornare alla domanda, quello che più conta è come i genitori e i familiari vivono questa esperienza. Non c’è nessun evento traumatico di per sé; tutto dipende dall’azione fondamentale di contenimento emotivo che un genitore svolge, dal modo in cui “colora” l’esperienza e, di conseguenza, la presenta al figlio.
È una sfortuna oppure è un’occasione? Certo che a questa età sarebbe meglio mantenere una continuità e una stabilità di relazione con insegnanti che ci seguono lungo tutto il periodo della scuola primaria, ma la vita ci porta (e al giorno d’oggi sempre più!) ad allenarci alla flessibilità. Nell’immediato è un esercizio complicato, che però nel tempo si rivela fondamentale e di grande aiuto nel rinsaldare la fiducia in noi stessi, e finisce col diventare un allenamento verso le sorprese che la vita ci riserva.
Un cambiamento, quindi, può essere “colorato” di entusiasmo, curiosità per quello che succederà, apertura al possibile; oppure può assumere i toni dell’angoscia, della paura di non sapere cosa ci aspetta e del timore di non riuscire a farcela.
Questo non significa negare la sofferenza. Verbalizzare gli stati d’animo ed esplicitare che i cambiamenti sono faticosi perché si sa cosa si lascia, ma non cosa si trova, è sempre importante per aiutare ad elaborare la fatica.
Poi è importante dare il tempo al bambino di adattarsi, di elaborare l’esperienza a suo modo, attivando le sue strategie, stando attenti ai segnali che rivelano una fatica eccessiva (nel qual caso bisogna farsi aiutare), o se, come capita per la maggior parte delle fatiche, il superarle fa sentire più forti e più sicuri.
Il cambio di insegnante e la conseguente perdita di motivazione verso lo studio può anche darci l’occasione per discutere, col bambino, del fatto che va a scuola per sé, e non per un’insegnante o per i genitori.
È sempre importante sottolineare il valore dello studio e dell’impegno a scuola come qualcosa che il bambino fa per se stesso, poiché se lo leghiamo al compiacere qualcuno la nostra motivazione crollerà quando questo qualcuno si allontanerà o semplicemente ci farà arrabbiare.
Bisogna ribadire al bambino il valore dello studio, della cultura, e il fatto che l’impegno a scuola è qualcosa che fa per se stesso, poiché troppo spesso oggi si tende a mercificarlo (se studi ti regalo…) o a legarlo al compiacere un’altra persona (studia, così la maestra o la mamma è contenta).
Riassumendo, ecco alcuni consigli:
– verbalizzare ed empatizzare con la fatica che si fa di fronte ai cambiamenti;
– sostenere il fatto che un cambiamento può essere, invece che una punizione, un’occasione;
– coltivare la profonda convinzione che il bambino ce la farà a superare la fatica del cambiamento e dargli il tempo di farlo, senza attivare eccessive preoccupazioni, che di solito rendono più fragili.
E quando non troviamo le parole, possiamo sempre farci aiutare dalle fiabe, strumento utilissimo per elaborare, attraverso un linguaggio simbolico, le difficoltà della vita.
E non è un caso se nella maggior parte delle favole il protagonista è un bambino, che per qualche motivo si allontana da casa e deve affrontare una serie di peripezie per potervi tornare, ma cresciuto, arricchito dalle esperienze che ha fatto, dall’aver incontrato sì dei pericoli e dei malvagi, ma anche degli aiuti e delle fatine buone…e tutti vissero felici e contenti.
MANUELA ARENELLA, psicologa psicoterapeuta, specializzata in psicoterapia dell’infanzia e dell’adolescenza a Bologna, già da alcuni anni tiene corsi di formazione per educatori di asili nido e personale docente, ma anche per genitori, in varie località della Romagna e a San Marino.
Svolge attività libero-professionale presso proprio studio a Bellaria (via Conti 37) e a Bologna. Ha rapporti di collaborazione consolidati con i Servizi Educativi di San Marino e con il Centro per le Famiglie di Rimini, organizzando serate a tema su diverse tematiche, in particolare sui bisogni dei bambini, le relazioni interfamiliari e il valore delle regole.