Frankenweenie

Un film pieno di poesia e dagli straordinari effetti espressivi ottenuti dal regista, Tim Burton, anche con un uso sorprendente del bianco e nero in un film in 3D girato con la tecnica della stop motion. È Frankenweenie, in questi giorni nella sale cinematografiche.

Frankenweenie è il racconto della storia di un bambino, Victor Frankenstein, e del suo cane Sparky. Un brutto giorno Sparky muore, investito da un’auto, e Victor decide di sfruttare il potere della scienza per riportarlo in vita il suo amico… con qualche piccola variazione. Ma ora che l’esperimento è riuscito, c’è il problema di tenere nascosto Sparky. E l’impresa non è certo facile…

Il film ha avuto, curiosamente, una lunga gestazione: era il 1984 quando il giovane Tim Burton, allora ventiseienne, consegnava a Disney il suo secondo cortometraggio. Il titolo? Proprio Frankenweenie. Il film all’epoca ebbe una diffusione limitatissima. A distanza di anni, Burton ha ripreso questa sua antica idea, l’ha rielaborata e ampliata, e ne ha fatto, sempre per la Disney,  uno dei suoi film più personali e interessanti.
Frankenweenie trae ispirazione dai classici horror che hanno nutrito gli anni della giovinezza del regista, non solo perché è girato in bianco e nero, ma anche per l’uso della tecnica di animazione stop-motion, che rispetta la naturalezza della storia, arricchendola di profondità e di dettagli.

Un film tutto da godere, quindi; un film che dirà molto a noi nonni appassionati di cinema e che già conosciamo la produzione di questo regista geniale (BeetlejuiceEdward mani di forbiceLa fabbrica di cioccolatoBatmanSweeney Todd: il diabolico barbiere di Fleet Street e il suo recente Alice in Wonderland), ma che piacerà anche ai nostri nipotini, naturalmente a patto che non siano piccolissimi.

 

 

 

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