Risponde lo psicologo – Troppe aspettative?
Una mamma con un vissuto complesso che guarda con preoccupazione alla crescita della propria bambina, chiedendosi se le aspettative che tutti ripongono in lei non siano, alla fin fine, un fardello troppo pesante. Il parere della psicologa Manuela Arenella.
DOMANDA
Sono mamma di due bimbe una di quasi 6 anni e l’altra di 2 anni e mezzo. Amo le mie figlie e se sono io a trascorrere il tempo con loro devo dire che non riesco a trovare grandi difetti o problemi.
I problemi sorgono quando non sono con me. Mi riferisco soprattutto alla più grande (l’altra è ancora piccina e comunque è già diversa dalla sorellina, più sicura di se stessa, meno timida e… meno sensibile).
Quando la mia figlia maggiore si trova con tata, nonni, o anche col papà, sfida le regole, gli ordini impartiti, diventa capricciosa. La definiscono una “bambina viziata”: che sia davvero così?
Ho 42 anni e per 20 anni ho sofferto di disturbi dell’alimentazione. Sono stata ricoverata in una clinica, ho cambiato lavoro, amici… tutto. Ho dovuto lavorare tanto su di me per capire perché mi fossi rifugiata in quel mondo parallelo e vorrei evitare alle mie figlie di non riuscire a trovare il loro posto nel mondo come per tanto tempo è accaduto a me.
Leggo nei gesti della mia figlia maggiore, la più grande, la più brava, quella che più mi assomiglia e da cui tutti si aspettano il meglio, quella richiesta di attenzioni che si riservano ai più piccoli, ai più monelli, a chi per un motivo o per l’altro verrà sempre accudito.
Forse sto solo proiettando… forse mia figlia avrebbe solo bisogno di qualche sgridata e castigo in più, ma vorrei che qualcuno mi aiutasse in questo difficile meraviglioso compito…
RISPONDE LA DOTTORESSA MANUELA ARENELLA
Gentile Signora,
la sua lettera esprime a preoccupazione di una mamma che, attraverso una sofferenza, ha conquistato delle consapevolezze e osserva con occhi attenti la crescita delle proprie bambine.
Dalle poche situazioni descritte mi è difficile dare una risposta alla sua domanda sulle motivazioni che stanno alla base del comportamento della sua bambina, tuttavia le sue parole hanno stimolato pensieri e riflessioni che proverò a condividere.
Non so se sia questo il caso, poiché ho troppe poche informazioni per dirlo, ma talvolta un vissuto faticoso alle spalle genera riflessioni che non si limitano a osservare la realtà e ad attribuire un senso a ciò che accade, ma ci spingono a proiettare aspetti faticosi, generando una sorta di sovrapposizione tra i nostri vissuti e quelli dei nostri figli.
La sua preoccupazione per sua figlia è legittima ed importante; gli aspetti che ritrova simili a sé possono essere molto utili se li utilizza per chiedersi “io di cosa avrei avuto bisogno? Cosa avrei voluto dai miei genitori”?
I disturbi alimentari, in genere, hanno a che fare (tra le tante altre cose) con la fatica ad accettare aspetti legati alla femminilità e con l’impossibilità di godere di vari aspetti della vita, e si accompagnano a un controllo ossessivo e a un’estrema richiesta di perfezione.
Detto questo, dalla sua lettera si evince che su sua figlia pesino aspettative alte, richieste di prestazione e di perfezione, più o meno esplicite, a cui la bimba si oppone, rivendicando il suo diritto ad essere piccola. Ma di chi sono queste aspettative così alte? E come viene gestita la rabbia e la sfida che la bambina mette in gioco?
A prescindere dalle motivazioni, è importante stabilire come reagire di fronte a questi atteggiamenti, perché essere piccoli, concedersi di fare i bambini,s ignifica anche essere indirizzati su cosa è giusto e cosa no, ed essere contenuti e “limitati” negli eccessi.
Sia l’ansia di essere perfetti e di uniformarci alle aspettative altrui, sia la reattività che ci condanna a fare il contrario di quello che ci viene detto, portano al non riuscire a individuarsi, a non trovare il proprio posto nel mondo. In entrambi i casi c’è alla base una dinamica di dipendenza, che porta a essere sempre più attenti alle richieste altrui, piuttosto che ai propri bisogni, e limita la possibilità di crescere in autonomia e libertà.
Credo sia importante stabilire una modalità di intervento coerente, che trasmetta chiaramente quali atteggiamenti sono consentiti da mamma e papà e quali no.
Questo però è un altro aspetto che mi solleva domande. Da ciò che scrive sembra ci sia una forte alleanza tra lei e sua figlia, alleanza che sembra escludere anche il papà, che viene considerato alla stregua di nonni e tata.
Se vogliamo trasmettere ai bambini la possibilità di concedersi il proprio “essere bambini”, è necessario che gli adulti di riferimento (i genitori) dimostrino coerenza, coesione, e si pongano come riferimenti solidi, uniti. In caso contrario si rischia di creare alleanze incrociate che nel profondo generano nei bambini un conflitto di lealtà.
Cerchi in suo marito l’alleanza necessaria per poter essere percepiti e vissuti dalle vostre bambine come una coppia, unita e coesa, che fa del suo meglio per celebrare l’unicità di ognuna delle sue figlie, orientandole nella ricerca del proprio posto nel mondo.
Spero di esserle stata in qualche modo d’aiuto. Un caro saluto.
MANUELA ARENELLA, psicologa psicoterapeuta, specializzata in psicoterapia dell’infanzia e dell’adolescenza a Bologna, già da alcuni anni tiene corsi di formazione per educatori di asili nido e personale docente, ma anche per genitori, in varie località della Romagna e a San Marino.
Svolge attività libero-professionale presso proprio studio a Bellaria (via Conti 37) e a Bologna. Ha rapporti di collaborazione consolidati con i Servizi Educativi di San Marino e con il Centro per le Famiglie di Rimini, organizzando serate a tema su diverse tematiche, in particolare sui bisogni dei bambini, le relazioni interfamiliari e il valore delle regole.