La preadolescenza: quanti cambiamenti!
Ci scrive una nonna preoccupata per i tanti e improvvisi cambiamenti che vede nella sua nipotina dodicenne. Ecco la risposta di Sara Pelucchi (Servizio di Psicologia Clinica per la coppia e la famiglia – Università Cattolica del Sacro Cuore UCSC).
DOMANDA
Sono la nonna di due bambini, una femminuccia e un maschietto, di 12 e 9 anni. Scrivo perché sono un po’ preoccupata per il tipo di educazione che mio figlio e mia nuora hanno impartito alla mia nipotina… o comunque per gli atteggiamenti che lei sta tirando fuori.
Mi spiego meglio: io sono una nonna cresciuta in piena epoca di rivendicazioni femministe, e secondo me gran parte delle “lotte” che abbiamo fatto sono giuste. Giuste, secondo me, perché tutte andavano nel senso di una rivendicazione del riconoscimento del nuovo ruolo delle donne nella società. Oggi perciò guardo con sgomento la mia nipotina che, già a 12 anni, ritiene molto importante il suo aspetto, il look, comincia a guardare i ragazzi e a cercare la loro approvazione…
Lei è sempre sembrata molto sicura di sé, è sempre stata molto brillante a scuola, e certo ha un’intelligenza acuta, anche molto stimolata dai genitori e, per quanto abbiamo potuto, da noi nonni che, alternandoci, “gestiamo” i due bambini dal momento in cui escono da scuola fino al rientro dal lavoro dei genitori.
Ora però ho la sensazione che tutto questo sia passato in secondo piano: non è che abbia avuto un calo di rendimento – almeno, non ancora –, ma sembra che non le interessi più nulla, ha smesso di leggere, passa il tempo sul cellulare, comincia a dire che vuole smettere l’attività sportiva… Con noi (ma anche con i genitori) quasi non parla più, sbuffa quando le proponiamo di fare qualcosa insieme, la risveglia solo la prospettiva di un viaggio o di una vacanza. E naturalmente non è che possiamo proporglielo con grande frequenza!
Che possiamo fare? Come ritrovare la ragazzina anche solo di sei mesi fa? Come farle capire che vale molto, che è importante che lei viva per se stessa, senza stare dietro a quello che dicono o pensano di lei i ragazzi? Come dirle di non sprecare le sue qualità? Non so, mi sembra così difficile, più difficile di quando ero mamma. E mi sembra che mio figlio e mia nuora non diano la dovuta importanza a questi segnali…
RISPONDE LA DOTTORESSA SARA PELUCCHI
Gentile nonna,
l’adolescenza è il periodo in cui avvengono i maggiori cambiamenti in un essere umano. Cambiamenti che riguardano lo sviluppo cognitivo ed emotivo, il corpo e la sua maturazione biologica e l’acquisizione di nuovi comportamenti/atteggiamenti legati al processo di una ridefinizione/interiorizzazione autonoma dei rapporti e delle relazioni sociali.
È difficile, infatti, continuare a essere bambini e utilizzare le stesse strategie comportamentali in un corpo da adolescenti, un corpo mosso da stravolgimenti emotivi legati alle trasformazioni neuronali.
Va riconosciuto che sempre più oggigiorno per un bambino il pensiero di “diventare grandi”, dove grandi significa nuove competenze, ma soprattutto conquistare nuovi spazi ed emanciparsi, è atteso, anzi ha costellato tutta l’infanzia.
Allo stesso tempo il cambiamento comporta per il bambino la perdita di un mondo conosciuto; il compito dell’autonomia attiva il bisogno di confronto con l’esterno per vedere e valutare la portata e la qualità del proprio cambiamento in atto. Il processo che conduce alla costruzione della propria identità è, infatti, legato a un processo in cui i cambiamenti in atto portano l’adolescente a modificare l’immagine che ha di sé, per cui diventa fondamentale il confrontarsi continuamente con l’immagine che gli altri hanno di lui. Altri che, essendo essi stessi “altro da scoprire”, possono creare dimensioni di tensione e paura nell’adolescente. L’attenzione a se stesso e al pensiero dell’altro è un’attenzione che aiuta a superare l’incertezza e/o acquisire la sicurezza del “vado bene o meno in questo cambiamento”.
In questa fase l’adolescente ha bisogno di poter accedere a un serbatoio di serenità, un porto sicuro a cui approdare per poter valutare – senza percezione di pericolo – le differenti sperimentazioni del sé che sta mettendo in atto.
A fronte di tali cambiamenti la ricchezza della solidità e continuità dei legami familiari ha proprio la funzione di garantire una dimensione di ascolto e protezione in cui l’adolescente possa rifugiarsi e non sentirsi minacciato nella propria identità. Questo non significa smettere di essere un riferimento normativo e contenitivo per l’adolescente e fargli capire, che al di là di qualsiasi telefonino o trucco che usi/metta, l’aspetto che conta è sempre lui. Questo è possibile grazie alla capacità che il genitore/nonno ha di riconoscerlo come persona indipendentemente da quello che in quel momento sta cercando di capire di sé.
Un saluto caro.
Sara Pelucchi, psicologa psicoterapeuta
Servizio di Psicologia Clinica per la coppia e la famiglia
Università Cattolica del Sacro Cuore (UCSC)
Via Nirone, 15 – 20123 Milano MI
Tel. 02.7234.5961
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