Quanti stereotipi legati all’età!

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“Non ho più l’età per indossare quel vestito”; “mi piacerebbe tanto, ma questo viaggio non fa per me: ormai, è meglio che faccia vacanze tranquille, non troppo lontano”; “inutile provare: alla mia età, non riuscirei più a imparare una nuova lingua”; “il corso di ballo? Mi piacerebbe, ma ormai devo accontentarmi dello stretching”…
Quante volte abbiamo pensato o detto fasi del genere? Quante volte abbiamo rinunciato a fare delle cose perché avevamo paura di essere troppo vecchi o di trovarci fuori posto, indipendentemente dal desiderio che avevamo e anche dalle nostre condizioni fisiche, che ci avrebbero sicuramente permesso,  pur con qualche accorgimento in più, di farle? E quante volte abbiamo ascoltato considerazioni simili da persone più giovani? Magari con una sfumatura di ammirazione (“ma che bravo, alla sua età ce la fa ancora ad andare in montagna!”; “guarda come si muove bene in Internet e sui social: eppure, ha settant’anni!”…), ma anche pronti alla riprovazione, se appena ci troviamo in una piccola difficoltà (“Certo, alla sua età avrebbe dovuto evitare…”).
Ebbene, a tutto questo oggi si dà un nome, “ageismo”. Una parola (brutta!) che deriva dall’inglese age, età, e che indica tutti i pregiudizi, negativi e positivi, e tutte le aspettative legate non solo alla vecchiaia, ma alle diverse fasi della vita.
L’ageismo colpisce tutti, a ogni età. E può incidere su vari aspetti della nostra esistenza, a partire dal lavoro (quando succede, per esempio, che persone non lontane dalla pensione non vengono assunte per lavori per i quali sarebbero più che qualificate; o, viceversa, quando un ragazzo pur preparatissimo non viene promosso in una certa posizione perché ritenuto “troppo giovane”), passando per la sanità (dove il rischio è che le persone molto anziane abbiano un’assistenza sanitaria di qualità inferiore) e investendo molti altri aspetti.
Certo, nessuno nega che con l’età molte cose cambino e un certo declino fisico sia inevitabile, ma come sempre le “etichette”, positive e negative, sono gabbie da cui dobbiamo guardaci. E non solo quando le avvertiamo negli altri; spesso, siamo noi stessi a giudicarci e a limitarci guardando l’anno di nascita, indipendentemente dalla voglia e dalla possibilità di fare, di metterci in gioco, di sperimentare. E, in una parola, di vivere tutto quello che possiamo, ogni giorno.

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