Nonni di ieri e di oggi a confronto

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La ricordo così, nonna Emma, la mia nonnina, l’unica che ho conosciuto: è seduta nella piccola poltroncina del soggiorno che prediligeva, sempre con un lavoro a maglia in mano, mentre chiacchierava con mia madre, nei giorni che trascorreva da noi. Era abilissima, praticamente non guardava il lavoro (ma come faceva?), e dalle sue mani uscivano veri capolavori, caldi golf di lana per tutta la famiglia.
La foggia del vestito era sempre quella, estate e inverno: una specie di vestaglia con un piccolo colletto, aperta davanti e chiusa da una lunga fila di bottoni. A cambiare era la lunghezza delle maniche e il tipo di tessuto, ma le variazioni nella fantasia della stoffa erano quasi impercettibili: per lo più, fiorellini dai colori tenui su fondo scuro.
E ricordo i capelli corti e canuti, di cui si curava ben poco – dal parrucchiere andava solo quando era proprio indispensabile un taglio – e il viso rugoso, senza mai un filo di rossetto o di trucco né, sospetto, un velo di crema.
Quanti di noi riconoscono la propria nonna? Molti, penso: erano così quasi tutte le nonne dei miei compagni, nonne che avevano rinunciato presto a prendersi cura del proprio aspetto pur continuando a governare con mano ferma le proprie famiglie, e anche un po’ quelle dei figli.
Eppure, vista con gli occhi di oggi, nonna Emma non era vecchia. Facendo due conti, mia cugina, la sua prima nipote, era nata quando aveva poco più di cinquant’anni, e io l’avevo seguita a ruota. Ed è vero che i miei primi ricordi di lei sono un po’ più tardi (anche se non tanto), ma anche tenendo conto di questo, la realtà è che quella donna minuta che mi è sempre sembrata così vecchia… era ben più giovane di me adesso!
Era una donna di grande intelligenza; un’intelligenza acuta, brillante, che la rendeva capace all’occorrenza di battute spiritose ma taglienti, che stemperava in una risata anche se gli occhi, vivacissimi e mobili, dicevano sempre che cosa pensava.
Che differenza però tra lei e i nonni di oggi! Nonna Emma, a cinquant’anni, si vedeva vecchia, e così era percepita dalla famiglia e dalla società. Una vecchia forte, certo, e che aveva davanti ancora molti anni (è mancata a più di novant’anni), ma comunque una donna sulla strada del tramonto, senza un progetto di vita suo e che, una volta usciti di casa i figli, viveva di riflesso la loro vita, gravitando intorno alle loro famiglie, sulle quali faceva valere in vari modi la sua influenza, ma si faceva anche accudire con un sottile equilibrio di complimenti e lamentele che ogni tanto sapevano un po’ di ricatto.
Era un sistema-famiglia che oggi si è ormai dissolto. E in primo luogo è cambiato lo sguardo con cui noi ultrasessantenni guardiamo noi stessi. Certo, siamo consapevoli di non essere più giovani, ma non ancora vecchi! Piuttosto, pensiamo di essere entrati in una nuova fase della vita che ci riserverà delle sorprese, qualcuna purtroppo poco piacevole (l’invecchiamento è inevitabile, come sono inevitabili gli acciacchi…), ma altre, speriamo, positive. Insomma, noi nonni di oggi guardiamo al futuro con uno sguardo più fiducioso di un tempo, siamo più indipendenti  e siamo pronti ad aprirci al nuovo e a goderci quello che la vita vorrà ancora regalarci. Pur senza quel velo di malinconia che no ci abbandona, al pensiero che anche nella migliore delle ipotesi abbiamo davanti  meno anni di quelli che abbiamo vissuto.

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