La conquista del linguaggio

Ci sono quelli che a otto mesi dicono già la prima parola, e i pigroni, che pur capendo tutto, se la cavano il più a lungo possibile solo con qualche suono ripetuto con diverse intonazioni.
In ogni caso, a un certo punto lo sviluppo linguistico dei bambini diventa una vera “esplosione” (è definita proprio così dagli psicoterapeuti!) che non può non stupirci (sì, anche noi nonni, che pure dovremmo già aver vissuto questa emozione) per la sua rapidità.

L’esperienza di un nonno

Ecco infatti cosa ci scrive Vieko, un nonno che già a più riprese la condiviso con noi la sua esperienza di sensibile e attento testimone della crescita del suo nipotino Federico.
Federico ha ormai compiuto 4 anni da un paio di mesi e,  come tutti i bambini, ha una grandissima capacità di memorizzare tutto ciò che sente e che vede. Sembra proprio, utilizzando un paragone attuale, che la mente di un bimbo proprio, utilizzando un paragone attuale, che la mente di un bimbo sia come un hard-disk potentissimo, ancora del tutto vergine, in cui i dati rimangono impressi con grande facilità.
È sorprendente notare come una parola, dal significato complesso e difficile da pronunciare, utilizzata di sfuggita da un adulto, venga poi ripetuta a distanza di tempo senza alcuno stimolo, magari con qualche buffa variante. Ovviamente la mente del bambino seleziona gli stimoli che riceve e trattiene nella memoria solo quelli trova per lui interessanti.
Faccio qualche esempio ricavato dalla mio vissuto di nonno, considerando che sicuramente questo ruolo mi porta a considerare portentosi dei fatti che sono del tutto normali e frequenti per tutti i bambini.
A casa di Federico viene Ivanka, una ragazza russa. Un giorno, come di solito, Ivanka si accommiata con un “arrivederci”. Io sono presente e dico a Federico: – Rispondile nella sua lingua, dille “dasvidania”. – Il nipotino corre dalla ragazza e le ripete il saluto in russo. Ovviamente questo fa piacere a Ivanka: – Bravo Federico. Mi hai salutato proprio bene nella mia lingua!
Passano i mesi, tre o quattro, il nipotino non sente più ripetere quella parola e l’episodio sembra dimenticato, quando si ripete la stessa situazione. Come la prima volta Ivanka saluta, io sono presente e Federico se ne esce nuovamente con uno squillante “dasvidania”.
Un’altra dimostrazione di memoria, forse ancora più significativa, è la capacità di “leggere” praticamente tutti i libri della sua piccola biblioteca. Sono i tipici libri per bimbi di quest’età, le pagine sono interamente occupate da un grande disegno corredato da un blocchetto di testo. In realtà, ovviamente, Federico non sta veramente leggendo, ma “recita” a memoria, senza sbagliare una parola, rispettando le intonazioni, i testi del libro che gli sono stati letti precedentemente quattro o cinque volte.
Penso che queste capacità di esercitare la memoria siano assolutamente comuni a tutti i bimbi. Ne ho la conferma dalle testimonianze di altri nonni e genitori che mi riferiscono episodi altrettanto sorprendenti.

L’importanza dell’interazione con il bambino e della partecipazione affettiva

Quello che stupisce, negli episodi descritti da Vieko, è la straordinaria competenza linguistica di cui dà prova Federico (e come lui tutti i bambini della sua età): non solo il fatto di essersi ricordato della difficile parola straniera, mai più ascoltata, ma di averla usata in un contesto perfettamente pertinente e analogo a quello in cui gli era stata suggerita. Segno che, come sempre (e come noi nonni sappiamo bene), l’apprendimento non è mai un freddo esercizio mentale fine a se stesso, ma passa attraverso il coinvolgimento, la condivisione di esperienze. Insomma, forse Federico non si sarebbe ricordato con tanta prontezza “dasvidania” se l’espressione gli fosse semplicemente stata presentata come una sorta di lezioncina (Sai come si dice “arrivederci” in russo? Dasvidania!), senza essere associata a un’esperienza viva e gratificante, soprattutto grazie all’affetto di chi lo circonda.
E lo stesso avviene per l’altro episodio che ci racconta: la capacità di ricordare perfettamente il testo letto indica certo la concentrazione e l’attenzione del bambino nell’ascolto, ma anche la carica di affetto e di partecipazione con cui gli adulti (genitori, nonni…) gliel’hanno letto.

Le grandi tappe dell’acquisizione del linguaggio

Detto questo, gli psicologi individuano alcune grandi tappe nello sviluppo del linguaggio dei bambini. Tappe che naturalmente, benché comuni a tutti, devono essere prese con una certa elasticità perché, come si sa, ogni bambino ha una storia a se stante.

Prima di tutto, una distinzione è doverosa: quella tra “vocabolario passivo” del bambino (cioè le parole che il bambino comprende anche se non è ancora in grado di usarle) e quello “attivo” (cioè le parole che effettivamente usa). Tutti noi che abbiamo il privilegio di seguire la crescita di un bambini sappiamo perfettamente che  capisce benissimo tantissime cose (non solo le parole, ma perfino il non detto: gli umori, gli stati d’animo…) ben prima che inizi a parlare.

Le tappe che indichiamo qui sono quelle del vocabolario “attivo”, così come le individuano gli esperti.

  •  La prima tappa verso la conquista del linguaggio è senz’altro la lallazione: quella tenerissima ripetizione di sillabe, sempre uguali ma con un ritmo che varia e che ricorda il ritmo del linguaggio articolato, che inizia verso i cinque-sei mesi, quando il bambino comincia a riuscire a coordinare i movimenti degli organi preposti al linguaggio. La lallazione è una specie di “palestra” del linguaggio, i cui il bambino si esercita a produrre suoni diversi e via via più articolati.
  • Intorno all’anno il bambino comincia ad articolare le prime parole, a cui se ne aggiungono presto altre, tanto che intorno ai 18 mesi il suo vocabolario può arrivare anche a una cinquantina di termini. Termini che riguardano le sue esperienze dirette (i familiari, gli oggetti che lo circondano) e che spesso usa spesso caricandoli di significati diversi, facilmente comprensibili in base al contesto da chi è in contatto con lui. (Mia figlia, per esempio, è andata avanti un bel pezzo con un “da-da” che, accompagnato da un’opportuna gestualità e pronunciato con intonazioni diverse, spesso piuttosto imperiose, indicava almeno dieci cose differenti).
    Questa è proprio l’età in cui le differenze di linguaggio tra un bambino e l’altro sono più marcate: alcuni bimbi quasi non parlano, altri dicono solo poche parole, altri ancora cominciano perfino a costruire frasi con due parole. L’importante è non forzarli e lasciare loro il tempo di seguire i propri ritmi.
  • Dopo i 18 mesi in genere i bambini cominciano ad articolare le prime frasi, ovviamente ancora molto elementari (soggetto/verbo). Le differenze individuali però sono ancora notevoli, anche se il vocabolario passivo di quasi tutti i bambini (anche quelli che dicono ancora solo poche parole) è già piuttosto ampio: per esempio, messi davanti a illustrazioni o fotografie, sanno riconoscere e indicare le immagini di moltissimi oggetti.
    Naturalmente, la loro pronuncia è tutt’altro che perfetta, e spesso storpiano le parole o usano parole “infantili” (“bobò” invece di caramella, “bua” eccetera). In questa fase, è importante sollecitarli parlandogli in maniera chiara e comprensibile, senza cadere nella tentazione di adottare il loro modo di storpiare le parole: parlandogli in questo modo, con parole semplici ma appropriate, mettiamo infatti a loro disposizione, per il momento solo in forma passiva, un patrimonio di vocaboli di cui tra qualche mese saranno in grado di servirsi autonomamente.
  • Dopo i due anni aumentano le frasi complesse grazie all’uso delle congiunzioni (e, ma, perché…) che consentono ai bambini di inanellare due frasi per iniziare a costruire un discorso logico. Inoltre il loro vocabolario si va progressivamente arricchendo di verbi, pronomi, aggettivi, congiunzioni e preposizioni, diventando sempre più articolato.
    Da questo momento il avanti, le parole che imparano e di cui si servono cominciano ad aumentare a un ritmo davvero considerevole!
    La pronuncia non è ancora corretta; soprattutto i gruppi consonantici possono dare qualche problema, ma non c’è da allarmarsi: basta dar loro un po’ di tempo!
  • A tre anni, le competenze grammaticali del bambino hanno già fatto molti progressi, e anche il suo vocabolario è piuttosto ampio. È questa la tipica età in cui esplodono le domande, i famosi  “perché”, a cui non è sempre facile rispondere. Ormai, il suo vocabolario è piuttosto ampio – si calcola che vada dalle 800 alle 1000 parole – e ne apprende altre ogni giorno, con estrema facilità e con una capacità di memorizzazione che ha del prodigioso.
    E poi, ci sono altre conquiste : il bambino passa dalla terza alla prima persona e inizia a usare il pronome personale “io”; comincia a usare correttamente i tempi verbali, a concordare gli aggettivi e a rispettare la costruzione delle frasi.
    Insomma, è ormai perfettamente lanciato verso l’acquisizione di un linguaggio sempre più maturo, che da ora in avanti andrà arricchendo a un ritmo inarrestabile.

Trovi un altro articolo sullo sviluppo del linguaggio nei bambini, e su come aiutarli, anche a questo link:
Aiutare i bambini a conquistare il linguaggio
Trovi altre testimonianze di Vieko anche a questi link:
I “perchè?” dei bambini
“È mio!”: il senso del possesso nei bambini
Condividere le scelte educative
L’amico immaginario

Le esplosioni di ira dei bambini
I “no” di noi “grandi”

Il disegno dei bambini
Giocare per crescere

La maleducazione degli altri: come spiegarla ai bambini

L’esperienza di un nonno

 

 

 

 

 

 

4 commenti su “La conquista del linguaggio

  1. Mio nipote, a 32 mesi, praticamente pronuncia poche parole, alcune in modo gutturale. In realtà capisce tutto, è autonomo in tutto, ma rifiuta spesso di tentare di riprodurre i suoni-parole che gli vengono proposti. Molti ci dicono di non preoccuparci, ma da nonni…..

    1. Cara Maria Teresa,
      anche se non c’è ragione di preoccuparsi, come penso, per tranquillità di tutti vi consiglierei di chiedere un parere al pediatra. Ma sicuramente il tuo nipotino sarà solo un pigrone, e saprà che comunque lo capite e quindi non vale la pena sforzarsi. Anche le mie figlie hanno cominciato a parlare tardi, e il pediatra mi diceva di stimolarle facendo ogni tanto finta di non capire che cosa volevano, in modo che fossero costrette a esprimersi con le parole. Poi però quando hanno cominciato… non c’è più stato verso di fermarle!
      Tanti cari auguri a voi e al vostro nipotino!

    2. A volte si adagiano sulla certezza di essere capiti comunque. Forse dovreste fingere di non capire e “costringerlo” ad impegnarsi un pochino di più, se non vuole essere frainteso.

  2. Ricordo con stupore e orgoglio di nonna che la mia nipotina, che ora ha 9 anni, all’età di un anno e mezzo si è messa a piangere, non ricordo perché. Mia sorella, cercando di consolarla, le dice: “Posso raccogliere le tue lacrime che mi piacciono tanto?”. E Anna (così si chiama il mio amore): “Non puoi, sono troppo liquide!”. Un anno e mezzo e tanta saggezza!!!

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