Ansia da prestazione? No grazie!

Chi più chi meno, l’abbiamo provata tutti. E non solo sulla nostra pelle – per esempio, quando dovevamo sostenere un esame, superare una prova… – ma poi, da genitori, per i nostri figli. Stiamo parlando dell’“ansia da prestazione”: il desiderio di confrontare le “prestazioni” dei nostri figli con quelle dei coetanei, nella speranza che lui (o lei) fossero i migliori.
Cominciavamo fin dalla nascita, con il peso e la lunghezza, l’inseguimento dei percentili, il sentirci in colpa (noi nonne) se non avevamo abbastanza latte (o, più spesso, se temevamo, bilancia alla mano, che il nostro latte non bastasse), per poi continuare con la scuola, lo sport…
Naturalmente ognuno poi ha interpretato il ruolo di “genitore ansioso” e desideroso che il proprio figlio (o figlia) eccellesse in modo diverso, con sfumature che dipendevano dal nostro carattere, ma insomma… noi nonni ci siamo cascati quasi tutti.

Naturalmente con il passare degli anni siamo diventati più saggi, e abbiamo scoperto che il bambino mingherlino si è improvvisamente trasformato in un ragazzone robusto; che quello che ha avuto un percorso scolastico un po’ accidentato e sembrava non aver tanta voglia di studiare ha poi trovato una strada che l’ha entusiasmato e ha avuto un grande successo sul lavoro; che la ragazza che sembrava interessata solo a shopping e trucco ha tirato fuori una grinta e una determinazione insospettabili; che quella timidina sapeva benissimo dove voleva arrivare…
Non solo, ma abbiamo scoperto che talvolta la nostra ansia ha addirittura frenato i nostri figli, che possono essersi sentiti in difficoltà di fronte alle nostre aspettative, e timorosi di deluderle, sviluppando un’ansia che in alcuni casi può aver impedito loro di dare il meglio di sé.

Ora che siamo nonni, e che vediamo i nostri figli percorsi spesso dalla stessa ansia, il nostro compito sarebbe quello di rassicurare e di smussare, forti proprio della nostra esperienza e della nostra posizione privilegiata tra le due  generazioni.
Rassicuriamo quindi  i nostri figli, ma anche i nipoti, facendo sentire che abbiamo fiducia in loro e nelle loro capacità. Ma, soprattutto, evitiamo di ricaderci, cercando sempre di guardarci indietro e di tener presente la nostra esperienza.
Quindi, anche se gli altri nonni non fanno che esaltare le “prestazioni” dei loro nipotini (sì, succede, eccome: ci sono bambini che, a sentire i loro nonni, a quattro mesi fanno discorsi filosofici, a due anni conoscono la Divina Commedia e a otto sono campioni di tennis…), noi stiamocene tranquilli, sicuri che i nostri nipotini cresceranno divertendosi, impareranno a trovate la loro strada e riusciranno a diventare adulti sereni e felici. Che poi è quello che conta.

 

 

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