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Risponde lo psicologo – Affrontare il tema della morte con i bambini

21 Ottobre 2024

logo psicologo

Un interessante contributo su un tema di psicologia a misura di bambino della dottoressa Manuela Arenella, psicologa psicoterapeuta, specializzata in psicoterapia dell’infanzia e dell’adolescenza.
Oggi  risponde a una mamma preoccupata dalle domande sulla morte del figlio di 5 anni.

 

Trovi altri articoli della psicologa Manuela Arenella su questo tema anche a questi link: 
Il mistero della morte
Come parlare ai bambini della morte

DOMANDA

Mio figlio ha 5 anni e negli ultimi tempi mi chiede spesso della morte. Che cosa succederà quando io sarò morta? Fra quanto io morirò? Se lui morirà noi saremo insieme nel cielo e là avremo una casa? Io provo a cambiare argomento e a dire che è più importante quello che succede adesso, ma questo non è sufficiente perché poi il tema riaffiora. Capisco che sia importante per lui, ma che cosa si può dire per non farlo spaventare e per non renderlo triste?

RISPONDE LA DOTTORESSA MANUELA ARENELLA

I 5 anni sono una tappa importante nello sviluppo psicologico del bambino. Alla fine della scuola dell’infanzia, una vera palestra di confronto e scontro con i coetanei  in un contesto “neutro” come quello della scuola, si è fortemente ridotto il naturale egocentrismo infantile e ha lasciato il posto a una sempre maggiore capacità di condivisione e di rapportarsi alla realtà. La riduzione dell’egocentrismo ha come naturale conseguenza la crescente consapevolezza che le cose (e anche le persone) hanno una fine.
Quando il bambino comincia a rendersi conto di avere dei limiti, di non essere onnipotente, inizia a preoccuparsi del fatto che prima o poi “finirà”, morirà, e lo stesso succederà alle persone che ama. Perciò inizia a fare domande a questo proposito e le fa, ovviamente, ai suoi adulti di riferimento. Gli interrogativi che pone sono, perciò, indice di un passo avanti che il bimbo compie, psicologicamente, abbandonando l’egocentrismo: ora è pronto a entrare in contatto con la realtà e con gli altri.

Il problema è che noi adulti spesso siamo i primi a essere in difficoltà nel parlare di morte, poiché è un argomento complesso che attiva rifiuti inconsci. La tendenza è quella di negare l’argomento o, come fa la mamma che ci ha scritto, cercare di “distrarre” il bambino cambiando argomento. Ma questo non serve, e aggiungerei “per fortuna”! Il bambino non demorde e ripropone l’argomento perché ha bisogno di risposte e le vuole dalle persone più importanti per lui, e continuerà a porle finché non avrà risposte soddisfacenti, esaurienti, a meno che non senta di dover proteggere dall’argomento un genitore particolarmente fragile.
Come comportarci? È importante prima di tutto che noi adulti ci interroghiamo e cerchiamo di capire come noi stessi viviamo la morte. Sarebbe importante far sentire al bambino che è un evento naturale, che fa parte della vita; che se ne può parlare e soprattutto che la sofferenza che comporta si può condividere.
Sarebbe bene, di fronte alle domande di un bambino, provare a rigirargliele, per capire che idea si è fatto lui in proposito. “Secondo te? Cosa ti immagini?”. Molto spesso i bambini elaborano proprie idee sull’argomento e poi chiedono ai genitori per avere una sorta di “conferma”.
Dopo aver esplorato i pensieri del bambino, possiamo formulare le nostre risposte in proposito, stando però attenti a limitarci a ciò che il bambino ci ha chiesto, perché è esattamente ciò che è pronto a sapere.
Di solito a questa età è importante dare risposte rassicuranti, che collochino la persona che se ne è andata in una dimensione un po’ favolistica in modo che il bambino possa immaginarla (per esempio, “è in cielo, su una nuvoletta, ecc…”) mentre fa le cose che le piaceva fare in vita. È bene anche ricordare che, anche se non c’è più, portiamo questa persona sempre nel cuore e possiamo scriverle o parlarle, perché comunque in qualche modo ci ascolta.

Di fronte alle domande sulla nostra morte (dei genitori, dei nonni o di altre persone care) è fondamentale non ingannare i bambini. Non possiamo dire che non moriremo mai, ma possiamo dire che questa cosa succederà tra tanto, tanto tempo, quando il bambino sarà diventato grande e genitore a sua volta. Possiamo, cioè, collocare l’evento in un tempo lontano, ribadendo che comunque tra noi e il bambino c’è un legame fortissimo, che nemmeno la morte può spezzare. Parlare onestamente ai propri figli o nipoti (ovviamente con modi commisurati all’età), dimostrando serenità nell’affrontare un certo argomento, è il primo antidoto contro lo spavento.
La tristezza è inevitabile quando si affronta questo tema, ma perché negare ai bambini di provare anche questo sentimento? Nel condividere con i genitori questi vissuti, i nostri bimbi ci regalano la possibilità di insegnare loro la vita, di fornire loro gli strumenti emotivi per viverla appieno. E perché perderci questa opportunità negando le difficoltà?

 

MANUELA ARENELLA, psicologa psicoterapeuta, specializzata in psicoterapia dell’infanzia e dell’adolescenza a Bologna, già da alcuni anni tiene corsi di formazione per educatori di asili nido e personale docente, ma anche per genitori, in varie località della Romagna e a San Marino.
Svolge attività libero-professionale presso proprio studio a Bellaria (via Conti 37) e a Bologna. Ha rapporti di collaborazione consolidati con i Servizi Educativi di San Marino e con il Centro per le Famiglie di Rimini, organizzando serate a tema su diverse tematiche, in particolare sui bisogni dei bambini, le relazioni interfamiliari e il valore delle regole.

 

Tags: Arenella, bambini, domande, famiglia, genitori, Manuela, morte, nipoti, nonna, nonni, nonno, psicologia, psicologo

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