Un bracciale per stare vicini ai più fragili, anche in tempo di coronavirus

È passato ormai un anno, eppure siamo ancora quasi al punto di partenza. È vero, ora c’è la speranza che il vaccino possa finalmente arginare la diffusione di questo maledetto coronavirus che ci sta tenendo in scacco da troppo tempo; è vero, ora la medicina ha avuto il tempo per studiarlo e qualche arma per combatterlo ce l’ha. Ma intanto il discorso è sempre lo stesso: gli anziani sono la categoria più fragile, quella che ha pagato il tributo più pesante  al Covid19; e in attesa che la vaccinazione crei quell’”immunità di gregge” che tutti auspicano, l’unica difesa che sembra essere valida è il distanziamento sociale.
Un peso terribile per noi nonni, che ci vediamo limitati proprio in quegli affetti intorno ai quali ruota la nostra vita, dilaniati tra la paura di abbracciare i nipoti, l’incubo che possano essere proprio loro, i più giovani – che spesso si ammalano in forma più lieve di noi, se non addirittura asintomatica – a contagiarci, e la tristezza di sentirci più lontani da loro. Un peso ancora maggiore per chi, tra noi, soffre di qualche patologia che lo rende particolarmente fragile. Per loro, l’isolamento è perfino più rigido: come potrebbero perdonarsi, i nostri figli o i nipoti, se per caso dovessero ammalarsi a causa loro?
Ma intanto i bisogni dei nonni “fragili” non diminuiscono; anzi, per loro è più che mai necessario poter essere accuditi, poter contare sul fatto che al bisogno i figli o i parenti accorrano. Ma come fare? La soluzione c’è, ed è un semplice braccialetto elettronico. Niente di complicato, anzi! Noi abbiamo sperimentato Seremy,  perfetto anche per i “grandi vecchi”, i nostri genitori ormai decisamente avanti negli anni, che oltre ad avere problemi fisici hanno anche dei vuoti di memoria e per i quali, per esempio, perfino la breve passeggiatina quotidiana, così utile per la circolazione e per  il tono muscolare, può diventare un pericolo.
Seremy funziona molto semplicemente: è un braccialetto collegato grazie a una app a uno smartphone. Si porta sempre al braccio (non occorre toglierlo neanche per lavarsi) e ha un pulsante con cui chi lo indossa può richiedere aiuto; la sua particolarità però è che trasmette costantemente una serie di dati come la posizione (utilissima!), il battito cardiaco, il sonno… Ha anche una funzione con cui parte in automatico un avviso in caso di caduta, per poter intervenire con tempestività. E se chi lo indossa usa uno smartphone, grazie alla app è possibile anche “dialogare” con lui, facendo per esempio partire un segnale automatico quando è giunta l’ora di prendere i farmaci prescritti dal medico.
Così in questo periodo, in cui bisogna rispettare il distanziamento sociale, è possibile stare vicini ai nostri cari più anziani e aiutarli, anche se a distanza, a mantenere la propria autonomia sentendosi accuditi e circondati d’affetto. Che è la cosa che conta.

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