Come sarebbe un mondo senza api?

La nostra consulente, la veterinaria Arianna Del Treste, ci propone oggi una riflessione su un tema importante, di cui si parla forse troppo poco: la diminuzione della”popolazione” di api in Italia e nel mondo. Un problema dai risvolti importanti, e non solo per la produzione di miele… Leggete qui!

Le api, come è noto, sono insetti estremamente laboriosi e produttivi. È forse un dato meno noto, invece, che l’ape sia il solo insetto ad essere allevato dall’uomo da più di 4000 anni, con la duplice finalità di produzione del miele e dell’impollinazione degli alberi da frutto; in ambito ortofrutticolo è notevole l’aiuto offerto dalle api che, una volta trasferite nei campi all’inizio della fioritura, riescono ad impollinare circa 200 alberi da frutto al giorno, contro i venti alberi che possono essere impollinati dall’essere umano nello stesso periodo di tempo. Per questo motivo, quando gli apicoltori americani nel 2007 registrarono una perdita di api superiore al 20%, dagli USA partì un allarme importante per l’intera economia nazionale e che in breve tempo allertò anche il resto del mondo.

La “sindrome svuota- alveari”

Secondo gli studiosi, si potrebbe parlare di “sindrome svuota- alveari”, detta più propriamente CCD, ovvero “Colony Collapse Disorder”: si tratterebbe di una patologia “multifattoriale”, in grado di eliminare le circa 45.000 api che si trovano in un alveare nel giro di poche ore.
Per dirla con i numeri, è stato stimato che le api, in qualità di insetti impollinatori, producano più di 20 miliardi all’anno solo negli Stati Uniti d’America; per quanto riguarda invece la produzione ortofrutticola mondiale, si è stimato che le api vi concorrano per circa 260 miliardi di euro all’anno.

In Italia

Purtroppo neanche l’Italia, dove si registrano circa 50.000 apicoltori e 55 miliardi di api, è indenne dal fenomeno: in Toscana, che rientra tra le regioni più attive, è stata sottoposta alla commissione Agricoltura una proposta di legge regionale, che prevede 70 mila euro di finanziamenti e il divieto assoluto di usare pesticidi.
Negli ultimi anni sono notevolmente aumentati gli studi scientifici sull’argomento, secondo i quali i principali nemici delle api sarebbero innanzitutto i pesticidi sistemici, quali ad esempio i neonicotinoidi, che una volta spruzzati sulle piante andrebbero a rendere gli alberi dei veri e propri “insetticidi permanenti”, con potenziali effetti neurologici e sistemici sulle api impollinatrici. Oggi l’uso dei neonicotinoidi risulta bandito nell’Unione Europea.

In difesa della biodiversità

Tra le cause della moria delle api non rientrano però solo i pesticidi, ma anche politiche agricole sconsiderate e i numerosi fattori che mettono a rischio gli ecosistemi e la biodiversità, come ad esempio il riscaldamento globale, le variazioni del clima e la cementificazione delle aree verdi; inoltre certamente non mancano anche virus, batteri e parassiti, quale è la Varroa destructor.

L’apicoltura va dunque protetta e rispettata, con i giusti interventi di politica agricola e senza mai dimenticare che le api rappresentano da sempre un bene prezioso per il “sistema-mondo” e che la loro estinzione rappresenterebbe un vero disastro ambientale.

 

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