Risponde lo psicologo – Videogiochi, pro e contro
Ormai moltissimi bambini li hanno, e chi non li ha… li chiede! Ma è opportuno che i bambini usino i videogiochi? A che età concederli? Ed è bene limitarne l’uso? La psicologa Manuela Arenella risponde a una lettrice su questo tema spinoso.
DOMANDA
Il mio nipotino ha quasi 5 anni e da quando ha provato un videogioco dal suo amico lo vuole avere anche lui. So che questo tipo di gioco è comune anche in questa fascia di età e questo è solo l’inizio, perché è inevitabile che nell’era digitale i bimbi comincino ad usare molto presto computer e telefono cellulare. Però volevo sentire il consiglio di un esperto per capire quali sono i pericoli che può correre.
RISPONDE LA DOTTORESSA MANUELA ARENELLA
Il discorso sul gioco sarebbe lungo ed articolato, data la fondamentale importanza che ha quest’attività nello sviluppo psicologico del bambino.
Il gioco è l’essenza stessa dell’infanzia, l’età in cui si “impara la vita”; dovrebbe essere un’attività del tutto libera, autonoma, priva di ogni finalità, se non il piacere stesso di giocare. È uno strumento fondamentale di conoscenza di sé, del proprio corpo, degli oggetti e dell’ambiente circostante, fino a portare alla creazione di scenari immaginari e al magico gioco del “fare finta”.
Il gioco è un ponte fondamentale tra fantasia e realtà; è nel gioco libero e goduto che si ritrovano le basi della creatività, della possibilità di usare gli elementi della realtà per esprimere le proprie emozioni e desideri. È un’attività fondamentale che, per il bambino corrisponde a un vero e proprio lavoro, e ci si immerge da capo a piedi!…
Non elencherò tutte le funzioni del gioco (magari ci saranno altre occasioni per riprendere il discorso), ma ci tengo a sottolinearne il ruolo fondamentale che ha nello sviluppo del bambino, affinché non si dica che mentre gioca il bambino “non sta facendo niente”!
Dato che l’esperienza del gioco dovrebbe essere fondamentalmente creativa, non possono definirsi tali tutti quei giochi “preconfezionati” in cui non c’è spazio per l’apporto personale del bambino.
I videogiochi, come i giochi con favole registrate, DVD o simili, non permettono al bambino di attivare le proprie risorse creative, perché il processo su cui si basano è già compiuto in sé. Il bambino non può dare nessun apporto creativo, ma può solo seguire il percorso già predeterminato dall’attività, con il rischio che venga “risucchiato dentro”, come incantato, anestetizzato, senza avere però nessuna possibilità di “personalizzare” il gioco affinché possa rispondere alle sue esigenze emotive.
Detto questo, a mio avviso, a 5 anni sarebbe utile non permettere questo tipo di giochi, ma stimolare il bambino a “creare” il suo gioco (di solito i giocattoli migliori sono quelli che ci si costruisce da soli, usando materiale povero), a sentire cosa ha voglia di fare e, perché no, anche ad annoiarsi!
Mi rendo conto che al giorno d’oggi i videogiochi sono molto utilizzati come “sedativi” o “baby sitter” virtuali (i ristoranti sono pieni di bambini che al tavolo ingaggiano battaglie solitarie per passare ai livelli successivi, mentre gli adulti si godono la cena!), ma questo rischia di intaccare la relazione, rischia di creare bambini “spenti” (o che faticano a tollerare lo star seduti a tavola o la noia) e adulti che faticano sempre più a stare con i propri figli, a conoscerli profondamente. Ovviamente non stiamo demonizzando i videogiochi in sé ma l’abuso che talvolta se ne fa.
Verso i 7-8 anni si può iniziare a concedere questo tipo di gioco ma limitando il tempo a mezz’ora al giorno. Stessa cosa vale per la TV.
È vero che siamo in un’era tecnologica, ma è anche vero che c’è un’età giusta per tutto. I bambini di oggi sono capaci di usare il pc, accendere il dvd, usare il cellulare, ma questo non significa essere più intelligenti o attrezzati per la vita. Queste sono prestazioni, che sono diverse dalle competenze che si sviluppano con il tempo e mettendo in gioco se stessi e la propria fantasia.
Non è un caso che nell’era della comunicazione il disagio aumenta sempre di più, perché è sempre più assente la capacità di comunicare, di entrare in relazione con se stessi e con gli altri in modo autentico. Il rischio è che la realtà virtuale sostituisca quella reale (soprattutto in adolescenza) e favorisca l’isolamento.
In questo tempo di fretta e di corsa alla prestazione è fondamentale che i genitori, gli educatori e tutti coloro che si adoperano per il benessere del bambino, si assumano la fatica (e l’orgoglio) di andare controcorrente.
Trovi un altro articolo su questo tema al seguente link:
Videogiochi, a che età?
MANUELA ARENELLA, psicologa psicoterapeuta, specializzata in psicoterapia dell’infanzia e dell’adolescenza a Bologna, già da alcuni anni tiene corsi di formazione per educatori di asili nido e personale docente, ma anche per genitori, in varie località della Romagna e a San Marino.
Svolge attività libero-professionale presso proprio studio a Bellaria (via Conti 37) e a Bologna. Ha rapporti di collaborazione consolidati con i Servizi Educativi di San Marino e con il Centro per le Famiglie di Rimini, organizzando serate a tema su diverse tematiche, in particolare sui bisogni dei bambini, le relazioni interfamiliari e il valore delle regole.