Risponde lo psicologo – Se mangiare diventa un conflitto
È una delle cose che più preoccupano mamme e nonne: i bambini che mangiano poco, che si rifiutano di assaggiare qualcosa di diverso dai sei-sette cibi che accettano, e con i quali il momento del pasto diventa un conflitto. Che fare? Ecco il parere della psicologa Manuela Arenella.
DOMANDA
La mia bambina, di 4 anni, mangia pochissimi alimenti e non c’è verso di farle assaggiare qualcosa di nuovo. Spesso vuole essere imboccata e fa un sacco di capricci per mangiare : vuole sempre la TV accesa altrimenti non mangia, non va bene il cucchiaio o la forchetta o il piatto… Insomma c’è sempre qualcosa che non va bene!
Abbiamo provato a lasciarla a pranzo all’asilo, ma non tocca cibo e poi il pomeriggio è tutta nervosa!
Non so più cosa fare, alla fine mi innervosisco anche io e le cose peggiorano sempre più. Come posso aiutare la bambina a superare questa fase?
RISPONDE LA DOTTORESSA MANUELA ARENELLA
Gentile Signora, l’ambito del cibo e del nutrirsi ha sempre molto a che fare con il rapporto fondamentale, che è quello con la mamma.
In genere bambini che mettono in atto questo tipo di protesta stanno comunicando che ci possono essere conflitti, tensioni o ansie legate ad aspetti relazionali, e che usano la tavola come campo di battaglia.
Per capire qual è il problema specifico bisognerebbe indagare aspetti legati all’allattamento, allo svezzamento, al suo rapporto con il cibo. Senza queste informazioni mi limito a darle indicazioni di massima che spero possano esserle utili.
Nutrirsi in modo sereno è fondamentale, poiché il modo in cui ci approcciamo al cibo ha a che fare con il modo in cui incontriamo aspetti nuovi della realtà che ci circonda e ci nutriamo delle esperienze.
La tavola è anche un ambito in cui si gioca l’autonomia del bambino: definisce quali sono i suoi gusti e la quantità di cibo di cui ha bisogno. Più noi forziamo, più il bambino si oppone, e quello che dovrebbe essere un momento di condivisione serena e goduta diventa un braccio di ferro estenuante, tanto per i bambini, quanto per i genitori.
La prima cosa da fare è togliere tensione ai momenti dei pasti.
A volte quando si avvicina l’ora del pranzo o della cena ci prepariamo già mentalmente al fatto che sarà una lotta, e raggiungiamo uno stato di tensione palpabile, innescando il meccanismo della profezia che si auto-avvera.
Se pensiamo che ci sarà da lottare, allora sicuramente ci sarà da lottare!
Partiamo con la fiducia che le cose possano andare diversamente. Non importa quanto mangerà la bambina (a meno che non sia in una condizione di sottopeso preoccupante, ma allora bisogna ricorrere ad un esperto!), ciò che conta è connotare l’esperienza cibo di armonia e piacevolezza.
È importante stabilire nuove regole, per il bene di tutti voi. Si dovrebbe mangiare seduti a tavola tutti insieme, con la Tv spenta. I bambini devono essere presenti e consapevoli di ciò che mangiano, se lasciamo la TV accesa vengono catapultati in quel mondo e non si rendono conto di ciò che mandano giù!
Si mette a tavola ciò che tutti avete deciso di mangiare (al massimo si può scegliere di volere la pasta in bianco, se proprio quel sugo non ci piace), dopodiché la sua bambina potrà scegliere di mangiare quello che c’è, nella quantità che vuole, sapendo, però, che dopo non c’è altro.
Più vi sente tesi e preoccupati che mangi, più mette in atto piccoli ricatti, che le dimostrano che per voi è più importante che mangi, piuttosto che faccia un’esperienza positiva del cibo, in autonomia.
In rare occasioni possiamo imboccarla, ma verbalizzando che “giochiamo che eri tornata piccola”.
A volte i bambini sentono che può esserci una fatica da parte dei genitori a vederli diventare grandi, e il farsi imboccare o il non mangiare a scuola è un modo per tenersi piccoli, per non nutrirsi di ciò che arriva dall’esterno.
Ognuno mangia ciò che vuole, di quello che c’è in tavola. Rispettate e non forzate, cercando di distogliere l’attenzione da cosa e quanto mangia la vostra bambina e conversando di altro.
Molto probabilmente i primi giorni non cambierà niente e la bimba si opporrà, per verificare “se fate sul serio o no”.
Se mantenete un atteggiamento calmo e fermo, rispetto alle regole che vi siete dati nel momento del pasto, la situazione dovrebbe rientrare e la bimba cominciare a mangiare in autonomia.
Se ciò non bastasse il mio suggerimento è di rivolgervi ad uno psicoterapeuta della vostra zona per approfondire la questione, poiché il rapporto col cibo è qualcosa che ci si porta dietro per la vita.
Buon lavoro!
Su questo tema ti potrebbero interessare anche questi articoli:
I bambini e il cibo: da 0 a 12 mesi
I bambini e il cibo: dai 12 mesi ai 5 anni
MANUELA ARENELLA, psicologa psicoterapeuta, specializzata in psicoterapia dell’infanzia e dell’adolescenza a Bologna, già da alcuni anni tiene corsi di formazione per educatori di asili nido e personale docente, ma anche per genitori, in varie località della Romagna e a San Marino.
Svolge attività libero-professionale presso proprio studio a Bellaria (via Conti 37) e a Bologna. Ha rapporti di collaborazione consolidati con i Servizi Educativi di San Marino e con il Centro per le Famiglie di Rimini, organizzando serate a tema su diverse tematiche, in particolare sui bisogni dei bambini, le relazioni interfamiliari e il valore delle regole.