Risponde lo psicologo – Quando si cambia vita
Il trasferimento in un Paese straniero, dove si parla una lingua diversa, in coincidenza con l’inizio della scuola, può essere molto faticoso per un bambino. Come aiutarlo? Il parere della psicologa Manuela Arenella.
DOMANDA
Gentile Dottoressa,
sono la mamma di due bimbi, di 2 e 5 anni e mezzo, trasferita da poco con tutta la famiglia all’estero. Mio figlio grande ha cominciato la primaria nel nuovo Paese, ma non conosce ancora bene la lingua e ovviamente non conosce nessuno dei suoi nuovi compagni.
Abbiamo cercato di trasferirgli tutto l’entusiasmo possibile e in effetti dice di non voler più tornare a casa, ma nel contempo assume degli atteggiamenti di rabbia che non gli appartengono, spesso facendoci sentire in colpa con frasi ad effetto.
Sono molto preoccupata e vorrei capire se esiste un modo per aiutarlo maggiormente ad affrontare questa nuova sfida. Vorrei non si sentisse solo.
RISPONDE LA DOTTORESSA MANUELA ARENELLA
Gentile Signora, i cambiamenti, soprattutto quando sono così radicali, rappresentano una sorta di terremoto, che sembra far franare la terra sotto i piedi. Vengono a meno certezze e riferimenti stabili, e questo genera ansia e una grande paura rispetto a ciò che accadrà.
Oltre a questo, il suo bambino sta affrontando il passaggio alla scuola primaria, che è un altro scatto di crescita importante, che presuppone l’acquisizione di diverse tappe di sviluppo psicologiche (uscita dall’egocentrismo, capacità di tollerare le frustrazioni e le attese, riduzione della pulsionalità, ecc…), per permettergli l’ingresso in quella che è una vera e propria società in miniatura.
Dico questo non per allarmarvi, ma per aiutarvi a comprendere che, di fronte a tutti questi passaggi, è naturale che ci sia una reazione!
La tristezza o la fatica che i bambini comunicano ha a che fare col fatto che stanno elaborando il passaggio, si stanno rendendo conto del cambiamento, e, prima di entusiasmarsi per le cose nuove che si possono avere, si rattristano per ciò che stanno salutando e non avranno più.
È molto importante che il vostro bambino vi manifesti anche la sua rabbia, perché questo vi dà l’opportunità di aprire un dialogo e condividere la sua fatica.
La prima cosa su cui riflettere è: se il vostro bimbo vi fa sentire in colpa, significa che in qualche modo voi per primi non siete certi di aver fatto la scelta giusta… È così?
Perché chiediamo subito entusiasmo e non ci prepariamo, invece, ad accogliere la crisi annessa a tutti i passaggi?
Capisco che la sofferenza di un figlio metta in crisi, ma voi dovreste, più che mai in questo caso, restare saldi, non farvi distruggere dagli attacchi, fargli capire che lo vedete che è arrabbiato, e ha ragione, perché tutto questo è molto faticoso, ma è una fatica che porterà a grandi soddisfazioni!
Trovate le parole più adatte, ma cercate di legittimare la sofferenza e trasmettere la fiducia rispetto al fatto che, anche se all’inizio è faticosa, questa scelta aprirà certamente molte strade preziose.
Vostro figlio probabilmente continuerà a brontolare e soffrire per un po’, ma vi sentirà saldi sulle vostre gambe e sicuri di aver fatto le scelte più giuste per loro.
Nello specifico cogliete tutte le occasioni per parlare di ciò che lo fa arrabbiare, aiutandolo a raccontare quello che succede nel nuovo Paese, o scuola o classe.
La condivisione è il migliore antidoto contro le paure, anche quelle portate attraverso la rabbia!
MANUELA ARENELLA, psicologa psicoterapeuta, specializzata in psicoterapia dell’infanzia e dell’adolescenza a Bologna, già da alcuni anni tiene corsi di formazione per educatori di asili nido e personale docente, ma anche per genitori, in varie località della Romagna e a San Marino.
Svolge attività libero-professionale presso proprio studio a Bellaria (via Conti 37) e a Bologna. Ha rapporti di collaborazione consolidati con i Servizi Educativi di San Marino e con il Centro per le Famiglie di Rimini, organizzando serate a tema su diverse tematiche, in particolare sui bisogni dei bambini, le relazioni interfamiliari e il valore delle regole.
Buongiorno sono una mamma di un bambino di 11 anni… ex convivente! Da due anni ci siamo spostati di casa ma siamo rimasti nello stesso quartiere. Quest’anno, finite le elementari, mi vorrei trasferire in un paese che dista solo 8 km dal padre, e la cosa positiva è che lavoriamo entrambi nello stesso paese dove dovrei andare. In base alla sentenza giuridica il padre potrà vedere spesso il bambino dato che facciamo turni opposti. Il problema principale è il figlio, che non vuole spostarsi da dove è. E il padre ovviamente non mi aiuta. Cosa è meglio fare, dato che il quartiere dove abitiamo tra l’altro non è idoneo per passare l’adolescenza? Chiedo a voi. Grazie
Cara Sonia,
difficile dare una risposta. Quello che noi pensiamo, e che la psicologa ha scritto e ribadito più volte, è che questo tipo di scelte devono farle i genitori, tenendo conto delle necessità e del benessere del bambino, ma senza lasciarsi troppo condizionare dai suoi desideri. Se lei e il papà ritenete che il trasferimento sia positivo per voi e per il bambino, penso che possiate serenamente fare questa scelta. Certo, vostro figlio dovrà cambiare amici e scuola, ma in questo modo imparerà anche ad adattarsi ai cambiamenti, una lezione molto utile per la sua crescita.
Le faccio tanti cari auguri
Annalisa Pomilio
redazione di noinonni.it