Risponde lo psicologo – Quando a scuola “peggiorano” le cose
Un bambino che ha sofferto della nascita del fratellino e del trasloco della famiglia, e che all’asilo è diventato ingestibile. Che cosa fare? Il parere della psicologa Manuela Arenella.
DOMANDA
Gentile Dottoressa, ho due figli, nati a tre anni di distanza l’uno dall’altro. In concomitanza con la nascita del più piccolo, il maggiore ha iniziato la scuola materna senza avere esperienze di nido.
Il suo inserimento all’asilo, la necessità di osservare delle regole e di condividere gli spazi con altri bimbi non è stato semplice… e tuttora non lo è. Anzi, le reazioni del bambino sembrano peggiorare.
Non sono una madre che difende a priori le negligenze del proprio figlio, ma a volte credo che forse i metodi usati a scuola per insegnare al mio bimbo l’osservanza delle regole non siano i più appropriati, visti i risultati!
È sempre più arrabbiato, ripete ossessivamente le situazioni che vive in classe riportandole in casa e il suo atteggiamento aggressivo è messo a bada con punizioni che non hanno effetto perché lui è sempre più ingestibile!
Forse punire e basta non è sufficiente per uno come lui! Oso troppo secondo lei a cambiargli asilo? Lo destabilizzo ancora di più? Oltre alla nascita del fratellino, abbiamo anche traslocato. Non vorrei esagerare con i cambiamenti ma ho l’impressione che a scuola mio figlio sia spinto a tirare fuori il peggio di sé… In fondo da settembre a oggi non ci sono stati dei miglioramenti…
RISPONDE LA DOTTORESSA MANUELA ARENELLA
Gentile Signora, la situazione che ci descrive è molto complessa e articolata e richiederebbe diversi approfondimenti.
Sarebbe utile capire, ad esempio, se Riccardo a casa fa la stessa fatica a rispettare le regole e i limiti, oppure no; quali sono i metodi e le punizioni che vengono messi in atto a scuola, e che secondo lei sono inefficaci? Come lo vedono le maestre?
Sicuramente il suo bimbo ha dovuto affrontare delle fatiche non indifferenti! La nascita di un fratellino, il concomitante inserimento a scuola, che può essere vissuto come un “si liberano di me perché è arrivato il fratellino”, e in più il trasloco. Sono tutte esperienze destabilizzanti che, se non contenute, possono scatenare forti rabbie.
Talvolta i bambini non riescono a portare queste rabbie ai genitori, poiché temono di perdere il loro amore, o comunque di essere disapprovati, per cui si sfogano in altri contesti, quali la scuola.
La rabbia dei bambini ha bisogno di essere “letta”, riconosciuta (“lo vedo che sei arrabbiato”), contenuta (“non si può picchiare un amico”) e incanalata (“però possiamo tirare calci a un pallone”).
Non so che metodi usino a scuola, ma può essere utile avere un confronto franco con le insegnanti, poiché molto spesso vedono aspetti dei nostri bambini a noi sconosciuti e che possono essere utili per capirli e conoscerli sempre meglio.
Forse Riccardo sfoga a scuola la rabbia e la fatica che le suddette esperienze gli hanno fatto accumulare; o forse effettivamente ha insegnanti che, non comprendendolo, esasperano il conflitto. Questo non posso saperlo.
In linea di massima, a meno che non ci siano evidenti maltrattamenti, far cambiare scuola equivale a passare un messaggio “iperprotettivo”, a trasmettere che le difficoltà non si affrontano ma si fuggono.
Di solito l’insegnante, per quanto severa, non genera un trauma (a meno che, ripeto, non ci siano maltrattamenti o umiliazioni), ma un confronto può essere l’occasione per capire come un bambino affronta le difficoltà.
Forse la cosa più importante sarebbe chiedere a Riccardo secondo lui perché le maestre fanno così, aiutarlo a esprimere la rabbia in parole per portare le sue ragioni e valutare l’entità della fatica che sta facendo.
La scelta di cambiare scuola o meno dipende da voi e da nessun altro, poiché anche questo fa parte della fatica e dell’orgoglio di essere genitori.