Risponde lo psicologo – Non si fa!
Ancora un contributo su un interessante tema di psicologia a misura di bambino che ci arriva dalla psicologa Manuela Arenella, specializzata in psicoterapia dell’infanzia e dell’adolescenza.
Questa volta la dottoressa Arenella risponde a una nonna che si domanda in che modo reagire di fronte alle piccole “provocazioni” del nipotino.
DOMANDA
Mio nipote di 4 anni si sforza per farsi venire dei ruttini, spesso davanti alle persone. Tutti lo puniscono in qualche modo mentre io non ne vedo la necessità. Sbaglio? E se sì come comportarci?
RISPONDE LA DOTTORESSA MANUELA ARENELLA
Gentile Signora, la ringrazio per la fiducia che ripone in me, ma devo confessarle che è molto difficile, dopo così poche righe, rispondere alla domanda “sbaglio?”. Lungi da me giudicare o esprimere certezze granitiche sul “come si fa”. Ciò che si può fare è fornire qualche spunto di riflessione, che voi potrete scegliere se calare nella vostra quotidianità.
Come spesso accade, prima di dare risposte, mi vengono in mente tante domande… Cosa intende per “farsi venire”? Che fa dei ruttini di proposito? E che tipo di interventi, che non hanno sortito effetti, hanno fatto gli adulti?
Se ho capito bene, questi “ruttini” sono assimilabili a dei comportamenti provocatori, come le parolacce, per cui posso darle qualche indicazione valida per entrambi.
L’interesse per questo tipo di comportamenti si manifesta intorno ai 3 anni, quando il bambino comincia a viversi come individuo, con un senso di sé più definito, che mette alla prova anche attraverso comportamenti provocatori, come per misurare la propria “autorevolezza”, e la “tenuta” del contesto.
I ruttini, come le parolacce, di solito hanno un effetto dirompente sugli adulti, che tendono a catalogarle come qualcosa di “brutto, sporco e che non si fa”, mentre per il bimbo sono solo nuove acquisizioni di cui spesso ignora il significato.
Più i genitori sono rigidi, scandalizzati, più questo gesto gli si fissa nella mente, e comincia a farlo in modo intenzionale, per fare un dispetto o esprimere la sua opposizione, magari nei momenti meno opportuni, quasi per farci fare brutta figura.
Di solito il bambino prova sempre un grandissimo piacere a provocare, soprattutto attraverso comportamenti di cui coglie al volo l’effetto dirompente, dissacratorio.
È il loro effetto trasgressivo che attrae tanto il bambino, che ne subisce tanto più il fascino quanto più forte è il divieto in famiglia.
A volte non serve attivare punizioni forti, che possono far sì che certe provocazioni si trasformino in senso di colpa… e questo porta verso il conformismo e l’ubbidienza, che non sempre sono virtù, dal momento che nella vita è importante anche sapersi concedere delle piccole trasgressioni.
I comportamenti provocatori devono fare il loro corso: compare l’interesse, esplode il loro utilizzo, ma poi generalmente si esaurisce in tempi brevi, senza lasciare traccia, soprattutto se si riesce a sdrammatizzare questo fenomeno e a considerarlo per ciò che è, cioè qualcosa di passeggero.
Questo non significa che bisogna restare indifferenti; se facciamo finta di non sentire molto probabilmente il bambino insisterà per attirare la nostra attenzione.
Bisognerebbe intervenire spiegando al bambino perché non sta bene fare dei ruttini (si può dar fastidio agli altri, non stanno bene sulla bocca di un bimbo così bello, ecc…), ma senza esagerare con le prediche. Quando i genitori ne fanno un dramma e una questione educativa fondamentale, il bambino non solo insiste in modo fastidioso a rifarli, ma lo farà anche nei momenti meno opportuni, e ogni volta che dovrà in qualche modo “farla pagare” ai genitori.
Perciò si deve riprendere il bambino, ma senza farne un problema capitale. Inoltre è importante evitare estenuanti interrogatori per sapere da chi l’ha imparato; poco importa, l’importante è valutare l’uso che ne fa.
Tornando allo specifico della domanda, quindi, sarebbe importante capire che cosa scatta nei genitori, quale tipo di reazione hanno di fronte ai ruttini. Se si modifica questa reazione nel senso di una maggior tolleranza e minor colpevolizzazione, il fenomeno dovrebbe scemare naturalmente; altrimenti l’uso dei ruttini può essere l’espressione di un comportamento oppositivo più complesso, che presuppone una conflittualità genitori-figli più profonda. In tal caso fatemi sapere e proveremo ad affrontare la situazione!
MANUELA ARENELLA, psicologa psicoterapeuta, specializzata in psicoterapia dell’infanzia e dell’adolescenza a Bologna, già da alcuni anni tiene corsi di formazione per educatori di asili nido e personale docente, ma anche per genitori, in varie località della Romagna e a San Marino.
Svolge attività libero-professionale presso proprio studio a Bellaria (via Conti 37) e a Bologna. Ha rapporti di collaborazione consolidati con i Servizi Educativi di San Marino e con il Centro per le Famiglie di Rimini, organizzando serate a tema su diverse tematiche, in particolare sui bisogni dei bambini, le relazioni interfamiliari e il valore delle regole.