Risponde lo psicologo – Limiti e regole
Un bambino ingestibile: eppure, bisogna dargli delle regole e dei limiti. È uno dei compiti fondamentali degli educatori! Oggi, spesso i genitori si trovano in difficoltà di fronte a questo compito. Che cosa fare? Ecco la risposta della psicologa Manuela Arenella, consulente anche del sito www.bimbiarimini.it, a una domanda su questo tema.
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DOMANDA
Abbiamo una bambina di 4 anni e mezzo e di un bimbo di 2 anni e tre mesi. Mentre la grande è sempre stata brava, tranquilla e accondiscendente, ma con dei momenti di “pazzia” (ormai so che ci sono e aspetto con pazienza che passino…), il piccolo è il classico terremotino, che non ascolta mai.
È un tenerone, intelligente, passionale sia in positivo che in negativo (ti abbraccia e ti bacia di continuo, ma è anche violento, dà botte e calci…), ma non c’è verso di fargli fare qualcosa: non dà la mano quando siamo fuori, vuole attraversare da solo, non sta mai vicino a noi quando andiamo in qualche posto, se fa qualcosa che non deve non c’è modo di farlo demordere. Gli esempi sarebbero innumerevoli ma immagino che lei conosca già il tipo…
Io ho provato a fare come facevo con la grande, cioè spiegargli le cose sin da piccoli, ma mentre con lei funzionava, con lui no, anche se so che capisce perché alcune cose le memorizza e ci sta attento… Ad esempio: gli ho insegnato che quando lavo il pavimento non deve camminarci finché non glielo dico io perché se no scivola, e lui aspetta! Allora perché su mille altre cose non ci dà assolutamente retta?
Ultimamente mio marito ha iniziato con le punizioni, cioè stare seduto sul divano finché non gli dà il permesso di alzarsi. Lui ci sta, ma poi siamo punto e a capo, la volta dopo è tutto uguale, quindi non capisco se per un bambino così piccolo può essere un metodo di insegnamento valido…
Mi può aiutare? So che a quest’età è tutto una scoperta, ma alcuni comportamenti non li capisco. Vorrei solo smussare un po’ questo suo carattere ribelle, non tarpargli le ali!
RISPONDE LA DOTTORESSA MANUELA ARENELLA
Da quello che mi scrive e descrive, la sensazione è che quelli realmente in difficoltà siate voi adulti.
Vostro figlio, oltre che essere nella fase dell’opposizione (dove a tutto si risponde con un ‘no’ e ogni occasione è buona per lanciare una sfida) è in piena onnipotenza, immerso nel continuo tentativo di far trionfare il principio del piacere, che spinge i bambini a volere tutto e subito.
Il compito dell’adulto è quello di limitare questa onnipotenza, non per essere cattivi, ma per aiutare il bambino a gestire il suo mondo pulsionale (quello che lei definisce “essere passionale”), che altrimenti lo sovrasta, e dargli pian piano la possibilità di tollerare tempi di attesa, delle piccole frustrazioni, la condivisione, ecc..
Dare limiti ad un bambino è un atto d’amore!! Lo fa sentire protetto, contenuto da qualcuno pronto a rimboccarsi le maniche per proteggerlo, anche da se stesso.
I limiti sono tra i bisogni fondamentali di un bambino, poiché aiutano il processo di formazione dell’identità, favoriscono lo sviluppo di capacità di attenzione e concentrazione, senza le quali non si riuscirebbe a terminare un percorso di studi o ad avere una relazione.
I limiti e le regole aiutano il bambino a sentirsi “finito”, con dei confini che lo individuano e, al tempo stesso, rendono possibile il riconoscere l’altro e il poter instaurare una relazione.
Un bambino che non viene limitato e fermato tende a mettersi costantemente in pericolo, o cerca in tutti i modi di ricevere un alt. Se questo non arriva, il prezzo che si paga non è solo in termini di educazione, ma si struttura, a livello profondo, un enorme senso di solitudine e smarrimento, che spesso scatena ancora più rabbia verso i genitori, da cui il bambino si sente lasciato solo.
Detto questo, tornando alla domanda in oggetto, è necessario anche distinguere i comportamenti che vanno limitati, e quelli rispetto ai quali ci deve essere un divieto assoluto.
Un conto è avere una “crisi” perché ti chiedo di fare qualcosa che non vuoi fare, un altro è attraversare da solo o allontanarsi dalla mamma in luoghi pubblici!
In questi casi stiamo parlando di un pericolo vero e proprio, per cui non si deve transigere.
Ogni famiglia sceglie quali sono le regole a casa propria, ma tutto ciò che riguarda il mettersi in pericolo non può essere negoziato: non esiste che attraversi da solo!
Cosa vi impedisce di essere fermi e sicuri su queste cose? Cosa vi porta a mettere assieme comportamenti trasgressivi e il mettersi in pericolo, senza notare la differenza in termini di gravità?
Purtroppo non c’è una ricetta per farsi ascoltare dai figli, né frasi ad effetto. È fondamentale un atteggiamento fermo, chiaro e coerente, che trasmetta la sicurezza che le cose che ti dico di fare, o ti impedisco, sono per il tuo bene.
È importante essere convinti; e non si tratta solo di spiegarle, le cose da fare, bisogna trovare il modo di ottenerle.
Sono i genitori che stabiliscono cosa è giusto e cosa è sbagliato; attraverso le vostre regole, trasmettete i vostri valori; attraverso il dare regole trasmettete un valore!
Credo che la maggior parte delle volte siano i sensi di colpa a rendere cedevoli. In quanto a questo mi sento di ribadire che si è più “colpevoli” a non dare le regole.
In questo caso specifico credo che il problema sia la paura di “tarpare le ali”: le regole e i limiti costruiscono invece un’identità solida, e sono perciò dei trampolini di lancio per volare ancora più in alto.
In realtà sarete voi a tarpargliele, se non recuperate un’autorevolezza, poiché lo lasciate come in mezzo al deserto, senza indicazioni stradali! Fa parte di quel bellissimo e difficilissimo compito genitoriale, indicare la strada per voi più giusta (che poi, da adolescenti metteranno in discussione, per recuperarla più avanti).
Per quanto riguarda lo stare seduti a pensare, ha poco senso se il bambino è lasciato da solo, poiché non sa bene nemmeno a cosa deve pensare.
Da piccolissimi è utile far cadere la sfida e proporre delle alternative (es: “lo vedo che sei molto arrabbiato, ma questa cosa non si può fare. Se vuoi possiamo fare quest’altra”; “non ti permettere di picchiare/mordere la mamma; se vuoi puoi dare le botte al cuscino”); dai 3 anni in su è necessario raccogliere la sfida che il bambino lancia e vincerla, non essere cedevoli, se si vuole mantenere una certa autorevolezza.
Dai 4 anni in poi i bambini sono anche in grado di cogliere i nessi causa-effetto, per cui iniziano ad avere senso le punizioni, come conseguenze dell’aver violato delle regole che avevamo concordato col bambino stesso.
Buon lavoro!
MANUELA ARENELLA, psicologa psicoterapeuta, specializzata in psicoterapia dell’infanzia e dell’adolescenza a Bologna, già da alcuni anni tiene corsi di formazione per educatori di asili nido e personale docente, ma anche per genitori, in varie località della Romagna e a San Marino.
Svolge attività libero-professionale presso proprio studio a Bellaria (via Conti 37) e a Bologna. Ha rapporti di collaborazione consolidati con i Servizi Educativi di San Marino e con il Centro per le Famiglie di Rimini, organizzando serate a tema su diverse tematiche, in particolare sui bisogni dei bambini, le relazioni interfamiliari e il valore delle regole, e collabora, oltre che con www.noinonni.it, anche con il sito www.bimbiarimini.it