Risponde lo psicologo – Imparare a difendersi
È un’esperienza comune a tanti bambini: un compagno, magari più grande (anche della stessa età, ma più alto e robusto) che fa un po’ il prepotente. Come insegnare a difendersi, senza per questo diventare aggressivi? Che difficile equilibrio! Sentiamo i consigli della psicologa Manuela Arenella.
DOMANDA
I miei bambini, due gemelli che frequentano la prima classe della primaria, già da un po’ di tempo hanno cominciato a dire che non vogliono andare a scuola perché si annoiano; da qualche giorno mi dicono poi che vengono picchiati da un altro bimbo, della stessa classe ma molto più grosso di loro. Questo bimbo poi prende anche le loro cose e le butta per terra.
Ho chiesto alle altre mamme per capire se questo bimbo lo fa solo con i miei o anche con altri. Risultato: è un atteggiamento che aveva già alla scuola materna e lo fa con tutti o quasi. È stato rimproverato dalle maestre ma non è bastato.
Come mi dovrei comportare, cosa dire ai miei figli per insegnare loro a difendersi da questo bimbo o da altri, anche in futuro? Vorrei dare un consiglio ai miei figli che non sia semplicemente “difenditi”, perché violenza chiama violenza. Qual è l’atteggiamento giusto?
RISPONDE LA DOTTORESSA MANUELA ARENELLA
Nella “società in miniatura” che la scuola primaria rappresenta si possono incontrare situazioni e persone molto diverse, tra cui bambini irruenti, con modalità di interazione fisiche ed atteggiamenti prepotenti.
Se ai bambini l’inizio di un nuovo ciclo scolastico richiede uno sforzo di adattamento, agli adulti è richiesto di nutrire una grande fiducia nei loro bambini, e nel fatto che, seppur con fatica, riusciranno ad ambientarsi nel nuovo contesto.
Capisco il senso di rabbia e di impotenza di fronte a un figlio che riferisce di essere vittima di prepotenze, ed è giusto attivare un atteggiamento di sana preoccupazione che però, se supera certi limiti, può diventare iperprotezione, e rinforzare i bambini nelle loro fragilità.
In genere le interazioni tra coetanei (seppure di stazza diversa) non sono mai traumatiche. Diverso sarebbe se un bambino fosse oggetto di prepotenze o attacchi da parte di bambini più grandi.
Detto questo, di norma l’autodifesa è un istinto che ci porta ad attivare, di fronte a situazioni di pericolo, due comportamenti: l’attacco o la fuga.
Questo istinto alla difesa dovrebbe attivarsi spontaneamente, ma quando ciò non avviene è possibile che in quel bambino sia inibita l’energia aggressiva, la rabbia, che ha anche valenze utili e positive, quando la si usa per non farsi mettere i piedi in testa o per auto-affermarsi.
Che tipo di messaggi avete dato finora voi genitori? Il rischio è che i bimbi incapaci di difendersi abbiano tradotto il giusto invito a “non picchiare” in “la rabbia è assolutamente negativa”, inibendo completamente questa energia, che è anche alla base dell’autodifesa.
Spingere a “difendersi” in questi casi serve a poco, se non a mettere il bambino ulteriormente in difficoltà, poiché si rende conto di non esserne capace.
È importante nutrire l’autostima e il senso di preziosità (se io mi sento prezioso non mi faccio picchiare) e allo stesso tempo affrontare l’argomento con i suoi bambini, senza trasmettere un’ansia eccessiva.
Chieda loro cosa succede, perché secondo loro quel bambino si comporta così? Loro cosa immaginano di poter fare quando il bimbo gli porta via una cosa o li aggredisce?
Deve portarli, attraverso le sue domande, ad immaginare strategie e azioni con cui contrastare le prevaricazioni, rinforzando le loro idee. Immaginiamo… Voi che fareste? Lui come reagirebbe?
Lui sarà anche grosso, ma loro sono in due, e comunque è importante invitarli a reagire verbalmente e a far sempre riferimento alla maestra, come fattore protettivo di fronte alle ingiustizie. Dica loro che se poi questo bimbo dovesse continuare, parlerà lei con la maestra, perché nessun bambino deve essere picchiato, ancor meno a scuola!
Dia il tempo a sé e ai suoi bambini di immaginare e mettere in atto le strategie immaginate, dopodiché, se constata che l’insegnante non interviene a difesa di chi subisce, bloccando con insistenza questi atti di prepotenza, potrà parlarne direttamente con lei.
La scuola in questi casi dovrebbe limitare con fermezza comportamenti aggressivi, e il “non si picchia!” resta un imperativo categorico!
La scuola è una palestra anche rispetto alla gestione delle relazioni; a volte bambini arrabbiati con cui all’inizio c’è scontro poi diventano i nostri migliori amici, e viceversa. Ciò che conta è che i genitori monitorino la situazione, fornendo ai bambini un modello di gestione del conflitto, che non nega la rabbia, ma la mette al servizio dello scontro verbale e del confronto.
MANUELA ARENELLA, psicologa psicoterapeuta, specializzata in psicoterapia dell’infanzia e dell’adolescenza a Bologna, già da alcuni anni tiene corsi di formazione per educatori di asili nido e personale docente, ma anche per genitori, in varie località della Romagna e a San Marino.
Svolge attività libero-professionale presso proprio studio a Bellaria (via Conti 37) e a Bologna. Ha rapporti di collaborazione consolidati con i Servizi Educativi di San Marino e con il Centro per le Famiglie di Rimini, organizzando serate a tema su diverse tematiche, in particolare sui bisogni dei bambini, le relazioni interfamiliari e il valore delle regole.
Buongiorno dottoressa. Mio figlio ha 8 anni frequenta la 3^ elementare e fa mensa… Premetto che l’hanno scorso ha subito aggressione da parte di un insegnante della sua classe che quest’anno è stata messa come supporto e tra l’altro la sua classe ha un gran numero di bambini con difficoltà familiari e quindi molto aggressivi….
Ora sono un bel po’ di giorni che non vuole andare a scuola perché dice che i compagni lo prendono in giro, lo spingono, lo prendono dalle braccia, lo buttano per terra e una volta gli hanno fatto sbattere la testa per terra. Tutto questo durante l’ora di mensa…
Ora sarei tentata a parlare con le maestre ma non vorrei passare per la mamma iperprotettiva per via dell’ episodio successo l’anno scorso. Che cosa mi consigliate? Grazie anticipatamente
Gentile Doriana,
il nostro consiglio è senz’altro quello di andare a parlare con le maestre per far presente la situazione. Francamente non ci è chiaro che cosa significa che il bambino l’anno scorso “ha subito aggressione” da parte di un’insegnante e che cosa significa che l’insegnante ora è “stata messa a supporto”, ma comunque ci sembra che la situazione che lei descrive debba essere posta all’attenzione delle maestre.
Tanti cari auguri per lei e per il suo bimbo
Annalisa Pomilio
noinonni.it
Gentile Dottoressa,
mio figlio ha 5 anni e frequente l’ultimo anno della scuola dell’infanzia. Nella sua classe c’è un bambino agressivo con tutti(spinte pizzicotti morsi e schiaffi).
Negli ultimi mesi la situazione è andata peggiorando e mio figlio ha manifestato disagi che mi hanno indotta a parlare con l’insegnante la quale ha suggerito che il bambino deve imparare a difendersi da solo. Questo non lo suggeriva solo a me ma anche ad altre mamme.
Ma il mio bambino non vuole accettare la “legge del taglione” e continua ad avere crisi di pianto ogni mattina prima della scuola. È sereno quando sa che l’altro bambino è ammalato quindi assente.
Come potrei aiutare mio figlio ad essere più sereno? La scuola è quasi terminata ma alla primaria saranno purtroppo ancora nella stessa classe.
La ringrazio infinitamente
Gentile Lisa,
senza volere in alcun modo criticare l’operato dell’insegnante, penso però che forse un intervento da parte sua sarebbe auspicabile, anche perché, da quello che scrive, si tratterebbe senz’altro di un intervento educativo nei confronti del bambino. Non potreste provare a parlarle tutte insieme, voi mamme che accusate questo problema?
Quanto al suo bambino, capisco bene la difficoltà ad accettare la “legge del taglione”, come la chiama lei; in questo senso però sono validi i suggerimenti della dottoressa Arenella nell’articolo che ha letto (http://www.noinonni.it/1_filo-diretto/risponde-lo-psicologo/risponde-lo-psicologo-imparare-a-difendersi/). Prima della “legge del taglione”, infatti, ci sono atteggiamenti di autodifesa che il bambino attiva spontaneamente, e che sono diversi dall’aggressività. Forse ogni tanto anche noi adulti inibiamo, senza volerlo, questi atteggiamenti.
In generale e guardando le cose dal punto di vista pratico, potrebbe forse parlare al bambino suggerendogli di evitare le situazioni in cui si trova a più diretto contatto, e da solo, con il bimbo con cui ha dei conflitti, e di cercare di legare di più con i compagni più simili a lui.
Tanti auguri per il suo bambino e… ci faccia sapere!
noinonni.it