Risponde lo psicologo – Fratellini e gelosia
La gelosia per il fratellino (o la sorellina)… un grande classico, un problema con cui si scontrano tutte le famiglie. Qualche volta però, quando i bambini sono tre e molto ravvicinati, è difficile farvi fronte. Ecco la lettera di una mamma in crisi. E la risposta della psicologa Cristina Fumi.
La psicologa Cristina Fumi collabora con il Servizio di Psicologia Clinica per la coppia e la famiglia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano (Tel. 02.7234.5961 – www.unicatt.it/serviziocoppiafamiglia).
DOMANDA
Salve, sono mamma di tre bimbi di 6, 2 anni e 9 mesi.
Scrivo perché il mio bimbo di due anni ha atteggiamenti che denotano difficoltà fin da quando ero incinta, e che ora anche secondo mio marito stanno peggiorando.
Mi toglie il biberon di mano se lo uso per allattare la piccolina, piange e urla e mi cerca sempre più spesso, tirandomi a sé e volendo sempre la manina. Vuol stare sempre in braccio a me, solo a me, quasi mai al papà, mi abbraccia quasi stringendomi troppo, come se lo stessi abbandonando, e per paura che vada via si attacca a me. Urla e piange per qualsiasi cosa, se si alza, se deve mangiare, se la tv non prende bene, se gli dico di no, se gli dico di sì, se cerco di parlargli e spiegargli le cose con calma, se lo sgrido.
Se non posso prenderlo subito in braccio è una tragedia e quando, passati appena cinque minuti, lo posso prendere spesso mi rifiuta, si allontana e piange e urla, mi allontana ma al contempo vorrebbe abbracciarmi. Non sa insomma cosa fare, vede tutto nero.
Vorrei aiutarlo nel suo disagio, anche per una la mia serenità. Il suo atteggiamento, che dura da oltre un anno, è stressante. Sto pensando di parlarne con la pediatra per una visita neuropsichiatrica. Può essere gelosia, avrò fatto o mancato in qualcosa in un momento particolare del suo sviluppo? È molto affettuoso, se non avesse questi atteggiamenti sarebbe un bambino dolcissimo e tranquillo. Cerco di dargli attenzioni e assecondarlo, il più delle volte cedendo e prendendolo in braccio, ma non so se sono sulla giusta strada. E non ho solo lui, spesso sacrifico la piccola e il grande per lui, per ritagliare certi momenti con lui, ma sembra che il mio affetto e le mie attenzioni non gli bastino mai. Se, raramente, abbraccia il suo papà, dopo un minuto si allontana. Con me non gli basta starmi attaccato un’ora.
Quando sono fuori mio marito dice che è tranquillo, appena torno comincia col solito atteggiamento nei miei confronti ed è finita la pace in casa.
RISPONDE LA DOTTORESSA CRISTINA FUMI
Gentile Signora,
i bambini manifestano pensieri e preoccupazione con i propri atteggiamenti e comportamenti: essi sono messaggi da decifrare con molta attenzione perché i genitori possano agire strategie precise.
La nascita di un fratellino rappresenta spesso un evento di per sé traumatico e a volte può comportare che i fratellini più grandi ne soffrano ed esprimano quello che sentono attraverso atteggiamenti e comportamenti oppositivi (togliere il biberon, urlare, protestare oltremisura) e regressivi (stare in braccio, volere la manina, voler dormire nel lettone), come lei descrive.
È molto importante che i bambini siano sempre informati e rassicurai sulle cose che i genitori fanno con loro e sulla gestione di sé e dei fratellini. È bene, per esempio, comunicare sempre cosa si sta facendo (“ora, sai, cambio il pannolino a tua sorella… ora le faccio il bagnetto, poi dopo arrivo da te in camera) senza avere il timore della reazione: un bambino informato è un bambino rassicurato, che può comunque esprimere la sua gelosia, ma quanto meno è stato aiutato dal genitore (che lo ha informato su cosa sta succedendo) a inquadrare la situazione e a affrontarla meglio.
I bambini piccoli faticano a tollerare situazioni poco prevedibili: hanno bisogno di una comunicazione chiara e precisa e di azioni coerenti. Così, il bambino, penserà, per esempio: “mamma cambia il pannolino ora …. ma poi giocherà con me.” È chiaro che poi mamma deve mantenere ciò che ha comunicato perché il bambino possa rassicurarsi che quel che si dice si fa.
È auspicabile anche che ciascun bambino, anche se a volte è difficile a livello organizzativo, possa trascorrere del tempo con la mamma e il papà da solo, senza i fratellini. Si potrebbe pensare, se il bambino va all’asilo nido, che sia la mamma ad accompagnarlo tutte le mattine al nido: questo potrebbe diventare un momento speciale per entrambi in cui la mamma possa sentirsi sufficientemente serena e rasserenata (perché ha con sé un solo figlio e non tre) e il bimbo contento e soddisfatto di avere, per un tempo seppur limitato (ma chiaro e preciso), la mamma tutta per sé.
È infine opportuno anche provare a dialogare con lui su come si sente: “perché sei arrabbiato? Cosa ti fa arrabbiare?”. Dare un nome alle emozioni che si provano è un aspetto di crescita molto importante: a volte i bambini faticano a capire cosa stanno provando e gli adulti – genitori hanno il compiti di aiutarli a chiarirsi. Ci sono oggi a disposizione nelle librerie moti testi sulle emozioni che possono essere usate per avvicinare i bambini a comprendere le proprie emozioni.
Nel caso che il bambino continui a manifestare comportamenti che Vi preoccupano, rivolgetevi VOI genitori a uno psicoterapeuta che possa aiutarvi a riflettere insieme su come relazionarVI al meglio con lui e stare bene tutti.
In bocca al lupo!
Cristina Fumi
Servizio di Psicologia Clinica per la coppia e la famiglia
Università Cattolica del Sacro Cuore (UCSC)
Via Nirone, 15 – 20123 Milano MI
Tel. 02.7234.5961
www.unicatt.it/serviziocoppiafamiglia