Risponde lo psicologo – Accettare il fratellino
Come aiutare un bambino che ancora oggi, a distanza di tempo, dimostra una grande gelosia per il fratellino? È questa la domanda a cui risponde la psicologa Manuela Arenella.
DOMANDA
Il mio primogenito, di 4 anni, ha sofferto molto la gelosia nei confronti del fratellino (15 mesi), manifestandola con un vero cambiamento di carattere: è diventato “duro”, dispettoso, capriccioso e ultimamente aggressivo nei confronti del piccolo.
Ho fatto tutto quello che potevo per non farlo sentire trascurato arrivando anche a “mollare” il fratellino alla nonna per passare più tempo con lui. Purtroppo non ci sono stati però grandi risultati, è sempre molto aggressivo, non posso lasciarli un secondo da soli per paura che colpisca il piccolo.
Mi fa tristezza pensare che Simone non tornerà più ad essere il bambino semplice e dolce che era prima. C’è qualcosa che io posso fare per aiutare lui a fargli accettare il fratellino? E mi dispiace anche per Matteo, che ormai comincia a capire e spesso ha paura del fratello e si sente rifiutato.
RISPONDE LA PSICOLOGA MANUELA ARENELLA
La gelosia nasce quando, con la nascita di un fratellino, si concretizza la più antica delle paure di un bambino: l’angoscia di essere abbandonato, rifiutato o escluso.
Il piccolo “intruso” minaccia tutto il suo mondo e soprattutto il suo rapporto con la madre. È quindi fisiologico che il bambino reagisca con violenza a questa minaccia così estrema e reale, alla quale risponde con la prima delle difese, cioè attaccando.
Di solito l’aggressività è soprattutto verbale, ma talvolta anche le eccessive “premure”, il precipitarsi alla culla quando piange, possono trasformarsi in “botte” o nello buttarsi addosso o in altre forme di aggressività fisica.
È fondamentale proteggere il fratello minore dall’aggressività, manifesta o nascosta, che è sempre presente nella gelosia che il maggiore manifesta.
Questo non significa sgridarlo o colpevolizzarlo per ciò che prova. È importante che il bambino possa esprimere questa gelosia, sia verbalmente che maltrattando il suo orsacchiotto o pupazzo che sia.
La cosa importante è impedire che maltratti il fratellino, ancora piccolo e incapace di difendersi.
Prima di pretendere che il primogenito voglia bene al fratellino, è importante che (soprattutto la mamma) gli confermi il proprio amore, e gli insegni poi a condividerlo con il piccolo.
È importante dare conferme al grande, ritagliandosi dei momenti esclusivi con lui, valorizzando le cose “da grande” che può fare, ma è altrettanto importante ribadire che il piccolo c’è, e che fa parte della famiglia. Ci si può occupare di lui cercando contemporaneamente di coinvolgere anche il grande, affinché non si senta escluso, ma accettando il fatto che il conflitto, l’alternanza di amore e odio, una certa “rivalità”, resterà per sempre.
Dalla domanda posso ipotizzare che la mamma sia molto preoccupata per questi atteggiamenti, e forse proprio questa preoccupazione l’ha portata ad essere più cedevole rispetto alle richieste e meno ferma nello stoppare le manifestazioni aggressive del primogenito.
Ho la sensazione che, per proteggere il grande da una sofferenza, lo si sia lasciato alle prese con una rabbia che, se non arginata, non si esaurisce, né si trasforma in energia costruttiva.
Sembra piuttosto che si sia chiesto al piccolo di “portare pazienza”, o di capire, se lo si “molla” a qualcuno.
Al di là delle ipotesi, comunque, è importante partire dal presupposto che:
– una quota di gelosia è fisiologica e strettamente connessa al legame di fratellanza;
– non devono essere tollerate manifestazioni di aggressività diretta sui fratellini, che vanno tutelati;
– si può dire al grande che capiamo che è molto arrabbiato, perché è arrivato il fratellino e teme di perdere l’amore della mamma, ma quanto più aumentano i figli, tanto più l’amore si moltiplica!
Ciò che conta di più, anche se non è facile, è che la mamma mantenga in sé la piena convinzione che certe sofferenze possono anche avere esiti evolutivi, che dare un fratellino non è fare un dispetto, ma un regalo enorme, e che la fratellanza è un legame che cresce giorno dopo giorno, nutrendosi di genitori che non agiscono sulla spinta di continui sensi di colpa (ora verso l’uno, ora verso l’altro), e della possibilità di sperimentare amore e odio per la stessa persona, senza che succeda niente di grave.
MANUELA ARENELLA, psicologa psicoterapeuta, specializzata in psicoterapia dell’infanzia e dell’adolescenza a Bologna, già da alcuni anni tiene corsi di formazione per educatori di asili nido e personale docente, ma anche per genitori, in varie località della Romagna e a San Marino.
Svolge attività libero-professionale presso proprio studio a Bellaria (via Conti 37) e a Bologna.
Ha rapporti di collaborazione consolidati con i Servizi Educativi di San Marino e con il Centro per le Famiglie di Rimini, organizzando serate a tema su diverse tematiche, in particolare sui bisogni dei bambini, le relazioni interfamiliari e il valore delle regole. C