Risponde lo psicologo – A proposito del dito in bocca
La psicologa Manuela Arenella, specializzata in psicoterapia dell’infanzia e dell’adolescenza, risponde a due domande: una nonna e una mamma lettrice di noinonni.it, che chiedono entrambe un consiglio su un tema di cui si è già occupata in passato, ma sul quale continuiamo a raccogliere domande e sollecitazioni: Il dito in bocca.
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Il dito in bocca
Ancora sul dito in bocca
1 – DOMANDA DELLA NONNA
Sono la nonna di una bimba di 8 mesi. A 5 mesi ha iniziato a succhiarsi il pollice per addormentarsi e ci è sembrato normale. Però quando ha iniziato con le pappe, a circa 7 mesi, ha cominciato a succhiarselo tra un cucchiaio e l’altro. La cosa ci è sembrata strana anche perché è una bimba mangiona che non ha mai rifiutato niente e appena il cucchiaio si avvicina apre la bocca togliendosi il dito per rimetterlo subito, a bocca piena. La cosa sembra strana sia a me, con cui sta metà giornata, sia ai suoi genitori. Come dobbiamo comportarci? È una bimba tranquilla e molto amata e seguita. Può darci qualche consiglio? Grazie!
RISPONDE LA DOTTORESSA MANUELA ARENELLA
Presupposto importante da cui partire per rispondere a questa domanda è sapere che i bambini dell’età in questione sono nella cosiddetta “fase orale”.
In questa fase, per semplificare, l’aspetto fondamentale è la bocca, area attorno alla quale si concentra la suzione, il nutrirsi, innanzitutto, ma anche la relazione con la madre, che stabilisce l’imprinting per poi entrare in relazione col mondo.
Il bambino porta gli oggetti alla bocca per conoscerli, per “assaggiare” il mondo che lo circonda, e allo stesso tempo la bocca è fonte di consolazione, di autorassicurazione di fronte alle frustrazioni.
Detto questo, non ci stupisce che una bimba di 8 mesi abbia la tendenza a portare tutto alla bocca e, nei momenti di tranquillità o pre-addormentamento, succhiarsi il pollice. Però mi verrebbe da chiedere:
1. che cosa è successo intorno ai 5 mesi? La mamma ha ripreso a lavorare? E prima come si addormentava?
2. e il ciuccio? È mai stato usato?
3. com’è andato l’allattamento?
Il bisogno di gratificazione orale è tanto più forte, quanto più il bambino è piccolo e quanto più ha bisogno di rassicurazioni. Data l’età non demonizzerei il comportamento, proprio perché si è nel pieno della fase orale, ma, a proposito del succhiarsi il dito, ci sono alcune indicazioni-base che mi sembrano importanti.
Dopo lo svezzamento il bambino può sostituire almeno in parte il piacere “orale” soddisfatto dal seno o dal biberon attraverso l’atto consolatorio del succhiarsi il dito.
Alcuni genitori considerano questo un “brutto vizio”. E mettono in atto diversi comportamenti anche punitivi per disincentivare il bambino da questa pratica, che alcuni considerano rischiosa anche per la salute dei denti… Un tempo si spalmava il dito del bimbo con sostanze nauseanti o amare, oppure gli si fasciavano le mani.
Il succhiarsi il pollice è un gesto estremamente naturale e istintivo, che compare già nella vita prenatale (in diverse ecografie si vede il feto che porta il dito alla bocca!), ed è bene sfatare un po’ di false credenze in proposito.
In genere i bambini ricorrono a questo gesto come atto consolatorio, in momenti di frustrazione o in momenti regressivi (ad esempio prima di addormentarsi o mentre ascoltano una storia o una canzone), come se fosse un modo per “coccolarsi” e favorire il rilassamento.
In questo caso non c’è nessun rischio per il palato, che nei bambini resta molle fino ai sei anni, per cui non c’è rischio di deformazione.
Il rischio per la dentizione si verifica solo quando il bambino succhia in continuazione, per diversi anni, fino all’inizio della scuola primaria, e anche oltre; ciò accade in genere quando il bambino non ha goduto pienamente la fase dell’allattamento e non ha completamente soddisfatto il suo bisogno di gratificazione orale.
È importante sottolineare che comunque il succhiarsi il dito non è un vizio!
Di solito è un comportamento innocuo che tende a sparire da solo; se invece questo comportamento continua dopo i quattro-cinque anni, allora siamo di fronte a un lieve disagio, che bisogna aiutare il bambino a superare. Esprime una fragilità, un senso di inadeguatezza che richiede un lavoro sull’autostima del bambino, sul rinforzare il senso di sé.
Il dito, come il ciuccio, non va tolto, ma bisogna aiutare il bambino a sentirsi più forte, in modo che sia lui a non averne più bisogno. Sarebbe un po’ come togliere la stampella a chi ha una gamba debole che non riesce a sostenerlo! Prima si riabilita la gamba, la si rende forte, e poi sarà la persona stessa, quando si sentirà sicura, a rinunciare alla stampella.
Allo stesso modo, intervenire in modo duro su questo comportamento, rischia di aumentare l’ansia e far emergere diverse paure.
Ci sono alcuni accorgimenti utili per cercare di distogliere il bambino dal succhiarsi il pollice.
Si può cominciare cercando di sostituire questo piacere con un palliativo (non si può togliere qualcosa che soddisfa un bisogno urgente del bimbo, senza dargli niente in cambio!): prima di addormentarsi, se è piccolo, si può dargli una bevanda dolce nel biberon, se è grande un bicchiere di latte caldo.
È poi fondamentale lavorare sulla sua autostima, favorendo il suo “fare da solo” o proponendo tutte quelle attività manuali che danno al bambino un senso di competenza e di abilità, cercando così di spostare i suoi interessi sulla realtà esterna ed evitargli di ripiegarsi su di sé e sul piacere consolatorio del dito in bocca.
È importante che i genitori diano sempre un sostegno positivo alla sua voglia di crescere… il migliore antidoto alla paura e alla insicurezza!
2 – DOMANDA DELLA MAMMA
Mia figlia ha 8 anni. Ieri sono stata dal dentista e a breve proveremo anche noi con la famosa “griglia”.
Mia figlia mette il dito in bocca da quando aveva 4 mesi e anche lei si rilassa in questo modo…
Il problema è diventato lo studio, poiché il dito le provoca deconcentrazione, rallentamento nell’apprendimento. Infatti non è attenta, vigile ma la sua concentrazione viene limitata da questo continuo rilassarsi con il dito.
Lei è una bambina molto sicura di sé, che sta bene con gli altri ed è anche leader nel gruppo, però non capisco questo suo continuo bisogno di isolarsi improvvisamente, di doversi coccolare con il dito. Non capisco se alla base c’è un problema psicologico.
Sarei molto grata alla psicologa se potesse darci un consiglio, dei suggerimenti, visto che all’età di 8 anni è diventato un bel problema e io non so più che cosa fare!
RISPONDE LA DOTTORESSA MANUELA ARENELLA
Gentile Signora, il significato che il succhiarsi il dito assume è diverso per ogni bambino. Sarebbe importante capire ad esempio quanto è durato l’allattamento, se ha mai usato il ciuccio, se questo è stato portato via bruscamente, se la suzione in questi anni è stata sempre uguale o in certi periodi è stata più o meno frequente, eccetera.
Quanto a come gestire la situazione, ribadirei ciò che ho scritto nell’articolo precedente sull’argomento: non è utile usare minacce o ricatti, né mettere in atto delle forzature. L’atteggiamento raccomandato deve essere profondamente rispettoso e volto a cercare di aprire un dialogo condiviso.
Il persistere del dito in bocca oltre i 5/6 anni deve sempre far drizzare le antenne, nel senso che spesso è la spia di una qualche insicurezza o fragilità, e non ci si può arrabbiare con le difficoltà!
Da quanto scrive è come se sua figlia avesse delle insicurezze o delle tensioni che in qualche modo maschera o compensa con atteggiamenti adeguati, addirittura da leader, ma che poi le impediscono di avere la serenità per studiare.
Lo studio prevede che le energie mentali ed emotive siano a disposizione della mente; se il meccanismo che ci tranquillizza è ancora così legato al corpo, a un atto così fisico e precoce, le suddette energie restano bloccate lì.
Bisognerebbe aiutare la bimba a pensare e parlare di ciò che la preoccupa, portandola piano piano a costruire una capacità di rassicurazione che ha a che fare con la parola, con la condivisione.
Questo, però, non è un passaggio semplice.
Credo sarebbe opportuno consultare uno psicoterapeuta della sua zona al fine di poter avere un quadro della situazione più preciso e poter aiutare la sua bambina a superare questo momento di stallo, cercando di capire quali sono le tensioni e le insicurezze che la disturbano.
Mi raccomando, però, si sinceri che il collega sia specializzato in psicoterapia dell’Infanzia. Non tutti gli psicoterapeuti sono uguali in quanto a formazione, e i bambini richiedono una formazione specifica.
MANUELA ARENELLA, psicologa psicoterapeuta, specializzata in psicoterapia dell’infanzia e dell’adolescenza a Bologna, già da alcuni anni tiene corsi di formazione per educatori di asili nido e personale docente, ma anche per genitori, in varie località della Romagna e a San Marino.
Svolge attività libero-professionale presso proprio studio a Bellaria (via Conti 37) e a Bologna. Ha rapporti di collaborazione consolidati con i Servizi Educativi di San Marino e con il Centro per le Famiglie di Rimini, organizzando serate a tema su diverse tematiche, in particolare sui bisogni dei bambini, le relazioni interfamiliari e il valore delle regole.