Vivere con la mascherina

È l’ultima cosa che prendiamo, prima di uscire di casa: la mascherina. E ormai quando siamo fuori non ci preoccupiamo più tanto di aver dimenticato le chiavi o di aver lasciato le luci accese, ma controlliamo di avere con noi una mascherina di ricambio, se per caso si dovesse rompere l’elastico di quella che abbiamo indossato. Segno dei tempi…
Ma quante nostre abitudini sono cambiate, in questo terribile 2020 da cancellare? Molte, se ci pensiamo. E prima di tutto abbiamo cambiato il nostro modo di guardare alla vita e agli altri. Ora quando incrociamo qualcuno nelle corsie di un supermercato ci stringiamo agli scaffali per lasciare più spazio possibile tra noi e l’altro avventore; quando incontriamo un conoscente, lo salutiamo sì calorosamente e ci fermiamo a fare due passi, ma a debita distanza; se abbiamo bisogno di una piccola riparazione in casa e chiamiamo un artigiano, teniamo rigorosamente la mascherina e corriamo poi a disinfettare dove è passato. E a proposito… avete visto, anche dal punto di vista linguistico, lo slittamento dal nostro caro vecchio “pulire” o “disinfettare” al moderno “sanificare”, che prima nessuno aveva mai  sentito?

Quello che è certo è che dovremo convivere ancora abbastanza lungo con queste limitazioni e con questi cambiamenti. Che incidono profondamente sulla nostra vita. Certo, non sono le mascherine a fare la differenza (anche se, lo avrete notato, sostenere una conversazione con la mascherina è più difficile, perché ci manca tutta l’espressività del volto); a cambiare profondamente la nostra vita sono le limitazioni alla nostra vita sociale, delle relazioni, delle cene con gli amici, dei cinema, dei teatri, della possibilità di fare sport (piscina, palestra…) tutti insieme. Perché si ha un bel dire: una telefonata non sostituisce una serata insieme, un’esperienza condivisa, una risata “dal vivo”…

Lo sanno bene quelli tra noi che “nella vita pre-Covid19” si occupavano dei nipotini con regolarità, e che ora invece li vedono più di rado, con tutte le protezioni e prendendo ogni precauzione possibile: un grande dolore, per loro, ma anche per i bambini. Ma purtroppo necessario…
D’altra parte, ce lo siamo sentiti ripetere fino alla noia (o all’esasperazione): noi anziani siamo una “categoria a rischio”, più fragile, non solo perché a quanto pare ci ammaliamo più facilmente, ma soprattutto perché il nostro organismo, già affaticato dagli anni, può reagire in modo meno efficace all’attacco del virus.

Però… bando alle malinconie! Passerà, se staremo tutti più attenti riusciremo a tenere sotto controllo la diffusione del virus, arriverà il vaccino. E ora dobbiamo solo avere pazienza, prendere tutte le misure necessarie per evitare il contagio e cercare di goderci quello che possiamo avere in questo difficile periodo.

 

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