L’”ipotesi nonna”

nonna-nipote_Martin Novak | DreamstimeSecondo un gruppo di ricercatori americani, l’evoluzione del genere umano è avvenuta grazie alle… nonne! È questa l’interessante ipotesi fatta da Kristen Hawkes, una ricercatrice dell’Università della Utah, e dagli altri studiosi con cui ha condotto una ricerca interessantissima: James Coxworth, il biologo e matematico Peter Kim, e lo specialista di computer John McQueen, dell’università di Sydney.

Naturalmente un’ipotesi così affascinante non poteva che colpirci, quindi siamo andati a documentarci.
Ecco quello che dice Kristen, che ha applicato un modello matematico all’evoluzione umana: la specie umana è stata l’unica in cui gli anziani, e le nonne in particolare, si sono occupati dei piccoli, anche nutrendoli dopo lo svezzamento. In questo modo hanno da un lato prolungato l’infanzia (in tutte le altre specie, i piccoli appena svezzati devono procurarsi da soli il cibo), ma soprattutto hanno lasciato libere le mamme di occuparsi dei neonati.

Questo, dal punto di vista evolutivo, avrebbe favorito la formazione di legami di coppia stabili, che sono una caratteristica di tutte le società umane, ma avrebbe anche spinto i maschi a cercare compagne più giovani: la fertilità maschile infatti è più prolungata di quella femminile, e coppie con un maschio più anziano della compagna significano maggiore possibilità di avere dei discendenti.

Infine, le nonne hanno permesso di prolungare l’infanzia: i bambini, seguiti dalle donne più anziane, hanno avuto più tempo per imparare, sotto una guida attenta e autorevole, e quindi si sono affacciati alla vita “adulta” con un bagaglio di esperienze più ampio, già acquisito e non frutto di una diretta esperienza.

In estrema sintesi, l’ipotesi avanzata dalla Hawkes è questa: mentre nelle specie animali, anche quelle a noi più vicine come gli scimpanzé, la vita, anche delle femmine, raramente è più lunga del periodo fertile, nella specie umana a un certo punto dell’evoluzione (o in condizioni ambientali particolarmente favorevoli) la vita si è allungata e le femmine hanno cominciato a vivere per alcuni anni anche dopo che la loro possibilità di avere dei figli era finita.
Queste donne più anziane hanno cominciato a occuparsi dei nipoti, raccogliendo per loro erbe e tuberi, che i bambini non potevano scavare da soli. Ciò ha permesso da un lato di prolungare la durata della vita umana, dall’altro alle mamme (le femmine più giovani) di avere prima altri figli.
Perciò i maschi, per essere certi di avere una discendenza, non avevano più bisogno di accoppiarsi con diverse femmine, ma potevano creare legami stabili e prolungati nel tempo: insomma, formare una famiglia, in cui anche i padri si occupavano dei figli.

Lo studio della Hawkes conferma un’ipotesi avanzata già alla fine degli anni Novanta e basata sull’osservazione della popolazione Hazda della Tanzania, che vive cacciando e raccogliendo piante come i nostri antenati preistorici.
Insomma, il ruolo delle nonne è stato cruciale per aumentare l’aspettativa di vita della specie umana: “La ‘nonnità’ è stato il primo passo sulla strada che ci ha portato a essere cià che siamo” dice la studiosa americana. Non male, vero, per noi nonne?

 

Informazioni: KRISTEN_HAWKES – www.sci-news.com

 

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