Lettera al padre (Mario Pomilio)

Per la festa del papà pubblichiamo un estratto della “Lettera al padre”  di Mario Pomilio (nel volume Scritti cristiani, Vita e pensiero editore).

È uno scritto sul ruolo del padre… e sui confini di questo ruolo, che deve coniugare l’autorevolezza con la capacità  di lasciare liberi i figli di fare le proprie scelte; sul salto tra le generazioni, così necessario per i figli e così doloroso per i padri, e su come continuare a mantenere il contatto nonostante le inevitabili differenze…
Uno scritto che ci pare ricco di spunti validi ancora oggi, su cui riflettere. Dedicato a tutti i papà!

[…] Ci sono momenti in cui la storia presenta un’accelerazione brusca e le generazioni si trovano a confronto senza essere più in grado non dico d’intendersi, ma anche solo di dialogare; e in cui l’«Onora il padre e la madre», in quanto emblema della fedeltà alle norme ricevute e quasi simbolo dell’obbedienza dovuta alla tradizione, diventa il bersaglio di mille impazienze, di mille dinieghi e ribellioni che in realtà hanno per oggetto l’insieme della società, ma intanto trovano primordialmente lì, all’interno della famiglia, il luogo dove esplicarsi. Quello al quale mi riferisco fu uno di tali momenti: e ci sorprese esasperando quel dissenso dal padre che di norma è la prima forma del passaggio all’età adulta.

La tua virtù è stata di capirlo: e invece d’indossare il disdegno del padre, invece d’espormi, in nome dei tuoi princìpi, a una conflittualità che ci avrebbe ambedue spossati, sapesti farmi andare libero, senza precetti o avvisi categorici, salvo quest’unico al quale mi consegnasti semplicemente in virtù dell’esempio che me ne davi attraverso la tua coerenza e l’umile tua fedeltà ad alcuni comportamenti che giudicavi irrinunciabili: che la libertà stessa è una dura sorte e bisogna guadagnarsela. Ritraendoti da me mi destinavi alla libertà, ma questa era un precetto, non era una permissione: una dura regola di vita, da osservare responsabilmente e secondo una dignità che non ammetteva compromissioni. Nel tuo non aver preteso che io ti assomigliassi, restando semmai il mio modello silenzioso e lasciando che le cose buone che tu rappresentavi mi servissero da riferimento e all’occorrenza da richiamo, è stato, voglio dire, il tuo dono e il tuo insegnamento. E Dio sa se più tardi, allorquando anche per me è scoccato il momento del confronto coi fi gli, non ho dovuto comprendere a mie spese quanto ciò ti fosse costato in altezza d’animo e in umiltà.

È stato, ripeto, il tuo insegnamento. E spesso mi sono domandato, con un minimo d’ironia (non t’ho mai conosciuto gran frequentatore di testi sacri), se per caso non avessi rimeditato l’«Onora il padre e la madre» alla luce dell’aggiunta che vi apportò san Paolo: «E voi genitori non esasperate i figli vostri, a evitare che si perdano d’animo». Era il comandamento dell’autorità e dell’obbedienza, san Paolo ne ha fatto il comandamento della reciproca devozione, innestando su quello della deferenza dovuta al padre il tema del rispetto per la personalità dei figli.
Ma anche se non credo che ne abbia mai saputo nulla, qualcosa ti consentì d’applicarlo alla perfezione: d’intuire cioè, per pura facoltà d’amore, che saresti rimasto il padre a condizione d’essermi padre; che insomma la mia obbedienza a te e a quanto rappresentavi doveva passare attraverso la tua comprensione per quanto mi stava rendendo diverso da te e per le mie insofferenze stesse. Non so cosa sarebbe accaduto se fosse stato altrimenti. Ma è molto probabile che, ove tu m’avessi represso, ove minimamente avessi tentato di prevalere, io mi sarei trovato ad arrischiarmi nelle mie scelte per lo meno con minor coraggio e fiducia in me. […]

in Mario Pomilio, Scritti cristiani – Nuova edizione accresciuta, Vita e Pensiero

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L’importanza del papà
Ciao, papà!

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