Gli oggetti custodiscono la memoria

passeggino-2Quanti oggetti si accumulano, nella vita! Non sempre sono oggetti indispensabili, o addirittura utili, ma ognuno di loro è legato a un momento della nostra vita, porta con sé un ricordo, un affetto, un legame che è difficile recidere. E lo è sempre di più, via via che passa il tempo. Io, per esempio, ho ancora sul comodino la scatola dove mia madre teneva i bijoux . È approdata lì, “provvisoriamente”, quando abbiamo smontato la casa di mamma, dopo la sua morte, e lì è rimasta. E ora, dopo qualche anno, mi è impossibile buttarla. Non c’è nulla di valore, ma ci sono gli orecchini che mamma metteva quando doveva uscire, anche solo per andare a comprate il pane, le collane colorate che indossava d’estate, sui suoi semplici vestiti di cotone, abbinandole alla tonalità dell’abito…
Ognuno di noi ha oggetti di questo tipo. Ed è terribile quando la nostra vita, fatta anche di questi oggetti, viene sconvolta da un evento che non possiamo controllare. È quello che è successo a Giovanna Ventimiglia, una nostra affezionata collaboratrice, la cui casa un mese fa è stata inondata dalle acque del Bacchiglione. Ecco il suo racconto, che ci ha stretto il cuore.

 

Sono una nonna di quelle a cui piace conservare le cose come ricordi. Il seggiolone di paglia intrecciata della mia ultima figlia, che adesso ha 27 anni, è stato con orgoglio usato a tavola da tutti e tre i miei nipoti. È un seggiolone che manca delle sponde laterali, quindi non può essere usato da un bambino piccolo piccolo. Essere pronti per usare “il seggiolone della zia Alice” è stato per tutti e tre nipoti un traguardo.
Il seggiolone della zia Alice da circa un anno non lo usava più nessuno e come tanti altri ricordi, messi da parte in attesa che il corso della storia di una famiglia se ne riappropri, era in taverna. In garage riposto in un angolo il passeggino pieghevole, nel vano caldaia invece in un angolo c’era un mobile Ikea con dei contenitori di plastica dove avevo riposto i giochi dei bambini.

La notte tra il 3 e il 4 febbraio alle 3,45 suona il telefono: è il nostro vicino di casa che ci avverte che c’è l’acqua in strada. Ci vestiamo di corsa e scendiamo a vedere. È buio, piove abbastanza forte e l’acqua è già alta come il marciapiede. Viviamo tra due fiumi: il Bacchiglione e il Brentelle ,e la sera prima eravamo andati a vedere il livello di entrambi: sì erano alti, ma mai come nel 2010 quando il primo per un pelo non era esondato. Tra l’uno e l’altro una rete di canaletti che inaspettatamente la sera prima erano quasi al livello della strada.

Mio marito esce con la macchina a prendere dei sacchi di sabbia, mia figlia Alice, che è l’unica ad avere stivali da pioggia, contro il mio parere esce in strada con la mia macchina e la porta in salvo. Poi io e  lei cominciamo a portar su dalla taverna le cose più preziose per noi. Ogni tanto mi guardo intorno e penso a tutto quello che c’è là dentro  e che non riusciremo a salvare dall’acqua. Libri, videocassette dei viaggi di quando i miei figli maggiori erano piccoli, i loro cartoni preferiti, le mie innumerevoli scatole di bricolage, dove ho di tutto. Sono la nonna dei “lavoretti” come dice il più piccolo dei miei nipotini. E poi divani, credenze in legno fatte da mio marito che è astronomo ricercatore, ma che ha l’hobby del legno. Centinaia di diapositive degli  avvenimenti più importanti della nostra vita fino al 2004,  quando nella nostra casa è arrivata la prima macchina digitale.

Quando mio marito torna con la sabbia lui e mio genero, arrivato in soccorso, la  sistemano a barriera sulla rampa di accesso al garage; in strada non è più possibile andare, quindi la sua macchina rimane in giardino. Comincia una battaglia contro il tempo ma l’acqua cresce troppo in fretta e ad un certo punto, dal giardino dei vicini, si riversa da noi, rompe la barriera dei sacchetti di sabbia e irrompe giù dalla rampa del garage. Abbandoniamo tutto e saliamo al piano terra dove abbiamo soggiorno e cucina. Sono ormai le 6. Dopo pochi minuti, quando l’acqua raggiunge le prese della luce, piombiamo nel buio col rumore di un torrente che entra  in casa. Solo 2 lampadne tascabili, e tanta paura: in mezz’ora, taverna, garage e vano caldaia vanno sotto e ci resteranno per 2 giorni.  L’acqua entrerà anche in soggiorno fino a 15 cm!
Quando finalmente arriveranno i pompieri a tirar via l’acqua lo spettacolo di quello che resta è desolante.

A questo punto inizia una catena di aiuto e solidarietà tra figli, generi e amici, che in pochi giorni ci ha liberato dalle macerie e dal fango.
Ogni tanto uno dei miei figli, gridava: – Mamma il mio seggiolone, lo passo con l’idropulitrice e tu poi lo passi con la candegina così non fa la muffa.
– Mamma i pastorelli del presepe, si possono salvare!
– Ecco i giochi dei bambini, alcuni basta lavarli e disinfettarli!
L’album con le foto del mio matrimonio lo salva un amico, e così tante altre piccole cose.
– Mamma il passeggino dei bimbi eccolo si può lavare!

Abbiamo lavorato 10/12 ore al giorno per una settimana e poi tutti i fine settimana.
Ancora adesso taverna e garage hanno i muri bagnati e con l’intonaco che viene  via;  la situazione però si sta normalizzando. Abbiamo verificato l’affetto di alcuni amici e la latitanza di altri, la solidità dei rapporti tra i componenti della nostra famiglia, una famiglia di cui possiamo andar orgogliosi.
Il 27 febbraio ho rilavato con attenzione il passeggino pieghevole: con pochi soldi l’avrei potuto ricomprare, ma non sarebbe stato il passeggino dei miei nipoti, e poi adesso ha anche questa storia da raccontare!
Io credo che le cose siano portatrici  di memoria e sta a noi nonni conservarle, e raccontarle.

 

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