La dislessia: che cos’è e come affrontarla

In Italia, circa il 4% per dei bambini è dislessico. Pochi però, sanno che la dislessia è un disturbo dell’apprendimento che colpisce bambini con un’intelligenza vivace, curiosa e perfettamente nella norma. Ecco come affrontarla.

 

Lentezza o vera difficoltà a leggere e a scrivere, ad associare il suono alle lettere corrispondenti e, qualche volta, anche nel calcolo: sono questi i segnali che, a partire dalla seconda classe della scuola primaria, possono far pensare che il bambino sia dislessico. Un’ipotesi che deve essere eventualmente confermata da una diagnosi fatta fa un’équipe formata da uno psicologo, un logopedista e un neuropsichiatra infantile: solo allora si potrà parlare di dislessia.

Che cos’è la dislessia

Per affrontare correttamente il problema, però, bisogna prima di tutto sapere di cosa si tratta. La dislessia, che in Italia interessa circa il 3-4% dei bambini in età scolare, non è una malattia, ma un disturbo dell’apprendimento che si manifesta in bambini con un’intelligenza nella norma o anche brillante e in assenza di altri tipi di disturbi cognitivi.
È presente fin dalla nascita, ma in genere si manifesta con l’apprendimento della lettura e della scrittura, e quindi viene diagnosticata per lo più verso la fine del secondo anno della scuola primaria, quando cioè in media i bambini hanno imparato a leggere e scrivere correntemente.
È bene per sgombrare subito il campo da alcuni pregiudizi: il bambino dislessico è un bambino con un’intelligenza assolutamente nella norma, vivace e creativo. Il suo disturbo, dovuto a una disfunzione di alcuni gruppi di cellule che hanno il compito di riconoscere le lettere e le parole e il loro significato, gli impedisce di leggere e scrivere in maniera automatica: per farlo, deve impegnare al massimo le sue energie, e quindi è più lento, commette errori e si stanca più rapidamente.
Per capire un po’ come si sente, proviamo a ricordarci di quando abbiamo fatto le prime lezioni di scuola guida: prima che tutto diventasse automatico, avevamo molte difficoltà a compiere contemporaneamente le diverse operazioni necessarie per le manovre più semplici (metti al freccia, premi la frizione, scala la marcia…). Ecco, la lettura per il bambino dislessico è un po’ così: non riesce ad acquisite l’automatismo, e quindi deve ogni volta fare uno sforzo per ricordarsi le singole  lettere.

Come riconoscerla

Come abbiamo detto, la diagnosi va fatta da specialisti. Ci sono però alcuni segnali che devono mettere sull’avviso sia gli insegnanti, sia i genitori o chi segue i bambini a casa. In primo luogo, una lettura scorretta o particolarmente lenta, che in alcuni casi si accompagna anche a difficoltà di comprendere il testo scritto, anche quando invece il bambino reagisce benissimo – capisce e si ricorda bene – se il testo gli viene invece letto da un’altra persona.
Poi, alcuni errori caratteristici di scrittura. Per esempio, l’inversione delle lettere o delle cifre (24 invece di 42), o la confusione tra alcuni gruppi consonantici simili (m/n, v/f, t/d).
In alcuni casi, il bambino più avere difficoltà anche a memorizzare delle sequenze di parole come i mesi dell’anno, l’alfabeto o simili, o fare confusione sui riferimenti spaziali (destra/sinistra, sopra/sotto eccetera).
In tutti i casi, è importantissimo riuscire a fare una diagnosi precisa il prima possibile, perché le possibilità di recupero sono molto maggiori se si agisce sui bambini piccoli. Anzi, se si interviene per tempo e con gli strumenti giusti, il bambino può portare a termine senza problemi un iter scolastico regolare, evitando così un precoce abbandono dei banchi.

Come affrontarla

Prima di tutto, è importantissimo che il bambino non si senta colpevolizzato. Può accadere che, prima che la malattia venga riconosciuta, gli insegnanti dicano che “è svogliato”, “è distratto”, “non si impegna”. Errori che possono avere forti ripercussioni sul piccolo, che ne esce frustrato e può reagire anche con un atteggiamento di rinuncia. Anche per questo, è importante che il disturbo venga diagnosticato al più presto.
Una volta diagnosticato, ci sono diversi strumenti per aiutare il bambino, in modo non “rimanga indietro” dal punto di vista scolastico.
Per esempio, può essere utile aiutare il bambino leggendogli ad alta voce, o anche utilizzando videocassette, CD e DVD, in modo da facilitargli l’apprendimento.
Anche il computer può aiutare moltissimo un bambino dislessico. Esistono infatti dei software specifici, studiati proprio per loro, come per esempio, la sintesi vocale, che consente di trasformare il parlato in un testo.
Inoltre è consigliabile far seguire il bambini da un logopedista o da uno psicologo.
In ogni caso, bisogna parlarne con lui serenamente, in modo da fargli capire qual è la causa delle sue difficoltà, ma dicendogli anche che sono difficoltà superabili, e che la sua famiglia è sempre pronta ad aiutarlo.

Da fare/da non fare

A casa, i genitori, i nonni e tutti coloro che si occupano del bambino hanno perciò un compito molto delicato: quello di aiutarlo e sostenerlo senza nascondergli certo le sue difficoltà, ma facendo in modo che la sua autostima non ne risenta e che lui si senta alla pari con i suoi compagni.
Quindi, per esempio, è inutile forzarlo a leggere testi lunghi: meglio affiancarlo e leggerli per lui, chiedendogli di memorizzare e ripetere le informazioni. Evitate di correggere tutti gli errori di ortografia, per non umiliarlo. Non rimproveratelo per il disordine dei compiti, e soprattutto non chiedetegli di ricopiare un lavoro perché scorretto o disordinato.
Per farlo esercitare nella lettura, poi, potete preparare testi apposta per lui, usando particolari accorgimenti: gli risultano infatti più facilmente leggibili se scritti in stampato maiuscolo, con un font molto chiaro e abbastanza grande e un interlinea spazioso. Anche l’uso del colore, del grassetto o di altri accorgimenti che permettono di evidenziare le parole-chiave e i concetti più importanti può essere utile.
Naturalmente, tutte queste misure sono da concordare anche con gli insegnanti, in un dialogo franco e aperto, in modo che ci sia una perfetta rispondenza tra il lavoro a scuola e quello fatto a casa.

Il ruolo dei nonni

I nonni, poi, hanno anche altri compiti. Prima di tutto, mantenere la calma. Un compito difficile certo, ma essenziale, soprattutto se, com’è probabile, i genitori, di fronte alle oggettive difficoltà del bambino, si fanno prendere dall’ansia e si sentono quasi in colpa, come se i suoi problemi dipendessero da loro. Spetta allora ai nonni, che sono “in seconda linea” rispetto alle responsabilità educative, portare sempre un sorriso, aiutare con discrezione, far sentire a tutti – figli e nipoti – che loro ci sono, con tutto il loro affetto e la loro disponibilità.
Inoltre i nonni possono regalare al nipote il loro tempo, per esempio leggendogli ad alta voce non solo testi scolastici, ma tutto ciò che gli piace. Questo lo aiuterà ad ampliare il suo vocabolario, ma soprattutto a sviluppare un amore per i libri che va al di là degli obblighi scolastici, che il bambini dislessico percepisce sempre con un po’ frustranti.
Anche giocare con lui può essere di grande aiuto: scacchi, monopoli, memory, giochi di carte… Questi giochi sono utilissimi perché sviluppano la capacità di concentrazione e la memoria, richiedono l’elaborazione di strategie. E poi, parlate con lui, facendovi raccontare le sue esperienze, sollecitando il suo parere su qualsiasi cosa, facendolo sentire importante e amato.
Infine, cercate sempre di valorizzare le sue capacità, in qualsiasi campo si manifestino visto che la scuola sarà sempre per lui un campo difficile. quindi, incoraggiatelo a fare sport, se gli piace, a dipingere, a suonare uno strumento…

 

 

3 commenti su “La dislessia: che cos’è e come affrontarla

  1. grazie della spiegazione ,sarebbe utile parlarne di piu’ perche’ a volte, in particolare all’inizio della scuola viene scambiata per svogliatezza del bambino, adottando sistemi sbagliati ……

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