Nonni-nipoti: perché duri la memoria

nonno-nipote“Sono un nonno che lavora e che vive a qualche chilometro di distanza dalle sue nipotine. Vado a trovarle tutte le volte che posso, ma mi sembra di non stare abbastanza con loro. Il mio desiderio è quello di rendere più incisivo e di maggiore ‘qualità’ il tempo, purtroppo limitato, che posso dedicare loro” scrive un nonno.
“Io e mio marito abbiamo tre nipotini. Li vediamo abbastanza spesso, anche se da quando hanno cominciato ad andare a scuola non più spesso come un tempo. E questo ci dispiace, anche se prima, quando stavano da noi tutto il giorno, alla fine della giornata ci ritrovavamo sfiniti. La nostra preoccupazione è che, ora che li vediamo di meno, possiamo diventare per loro delle figure lontane e sbiadite. Noi vorremmo ‘lasciare un segno’, far sì che la nostra presenza sia significativa e resti nella memoria dei nostri nipotini”  dice un’altra nonna.
“Io sono una nonna anziana. Sono diventata nonna solo pochi mesi fa, e ormai ho una bella età. Ho paura di non poter veder crescere il mio nipotino, e di non potergli lasciare nessun ricordo di me” scrive un’altra.

Sono frasi che vengono da mail inviate a noinonni.it. Ma ne potremmo citare altre; perché quello che emerge spesso, dalle mail o dai commenti che riceviamo, è proprio questo bisogno di essere presenti, di lasciare un pezzetto di noi stessi nelle generazioni che ci seguono, di creare ricordi, di “passare il testimone”. Un desiderio che è più forte per i nonni di quanto non lo sia per i genitori (e anche di quanto non lo sia stato per i nonni quando erano genitori). Magari perché i genitori sono certi di “lasciare il segno”; magari perché la vita scorre, e i nonni sanno di avere inevitabilmente davanti meno tempo. Ma anche perché a una certa età, quando bene o male tutti noi cominciamo a tirare le somme, ci rendiamo conto più acutamente di quanto certe persone siano state importanti e significative nella nostra vita, e anche di quanto è andato perso con la loro scomparsa. A me per esempio dispiace molto non avere più persone a cui chiedere le storie della mia famiglia, quelle dei miei nonni, degli zii dei miei genitori…

L’ansia di “lasciare un segno” è un sentimento condiviso da tutti i nonni, a cui ha dato voce magistralmente Silvia Vegetti Finzi nel libro Nuovi nonni per nuovi nipoti: “Diventare nonni significa aprire un capitolo inedito della propria storia: sostituire il termine ‘fine” con ‘segue’, abbandonare rimorsi e rimpianti riconoscendo di aver ricevuto dalla vita un dono che comporta un inestimabile supplemento di ‘gioventù’”.
Ed è proprio così. Perché, accanto alla profonda tenerezza che ci riempie il cuore, accanto alla voglia di giocare, di correre, di scoprire di nuovo il mondo attraverso gli occhi dei bambini, nell’amore di noi nonni per i nostri nipotini c’è anche questo: la consapevolezza, colma di gioia riconoscente, che ci sia stato dato in dono un pezzetto prezioso di “immortalità”, un modo di continuare a vivere, se non fisicamente (com’è naturale), nei pensieri e nei ricordi di quel frugoletto che stringiamo tra le braccia. E la nostra speranza più segreta, quando ci scopriamo di nuovo bambini accanto a lui (o a lei), è che domani, quando quel batuffolino sarà diventato un uomo (o una donna)  forte e indipendente, gli torni in mente all’improvviso un gesto, un modo di dire, un espressione che gli ricordi noi. Così potremo vivere un po’ in lui.

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