Giocare per crescere

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“L’uomo è pienamente tale solo quando gioca” scrive Schiller. Una frase che suona quasi come una provocazione, ma che vuole mettere l’accento sulla libertà del gioco, sulla sua gratuità che permette di scaricare la propria istintualità ed emotività.
Per i bambini, però, il gioco è ben più di questo: è il loro modo di mettersi in relazione con il mondo esterno, di comprenderlo, di sperimentarlo sviluppando le proprie capacità cognitive, affettive e relazionali.

Attraverso il gioco infatti il bambino comprende come funzionano gli oggetti, affina la propria manualità, sperimenta le proprie capacità sensoriali (la vista, il tatto, l’udito…), ma nello stesso tempo impara a conoscere e gestire le sue emozioni (l’amore, l’aggressività, l’ansia…) e potenzia le sue capacità creative. E poi, in generale, la capacità di prestare attenzione e di rispettare le norme che i bambini si danno nell’impostare il gioco sono fattori fondamentali per un sereno sviluppo sociale e per un atteggiamento aperto e disposto ad apprendere nella scuola e nella vita.

Un gioco per ogni età

Naturalmente, se per il bambino tutto è gioco, in ogni età il gioco ha caratteristiche diverse. Il grande psicologo Jean Piaget mette in relazione lo sviluppo del gioco con le diverse età del bambino, nella convinzione che il gioco sia l’espressione più completa del pensiero infantile, e che perciò sia lo strumento principale per studiare il processo cognitivo del bambino.
Piaget distingue tre diverse tipologie di gioco, che corrispondono a precise fasi evolutive:

  • i giochi di esercizio, che sono quelli tipici della fase senso-motoria, che va dalla nascita ai primi due anni di vita circa. Si tratta dei giochi che il bambino fa afferrando e portando alla bocca gli oggetti, aprendo e chiudendo mani e occhi, eccetera. In questo modo, il bambino impara a controllare e a coordinare i suoi movimenti.
  • i giochi simbolici, tipici del periodo che va dai due ai sei-sette anni di vita. Sono i giochi del “far finta”, così tipici dei bambini; si tratta di una fase importantissima perché attraverso di essi il bambino da un lato acquisisce la capacità di rappresentare una situazione non attuale, dall’altro sviluppa la sua creatività. Si tratta dei giochi in cui, per esempio, i bambini usano una scatola per rappresentare un tavolo, dei fogli di carta per rappresentare dei piatti… Secondo Piaget il gioco simbolico è fondamentale perché organizza il pensiero del bambino in una fase in cui il suo linguaggio non è ancora sufficientemente articolato, guidandolo verso il pensiero astratto.
  • i giochi di regole, che si affermano dopo i sette-otto anni, segnano la piena socializzazione del bambino. Sono i giochi in cui il bambino si trova di fronte a determinate “regole” che è tenuto a rispettare. Mentre i giochi della fase precedente tendono a scomparire con la crescita del bambino, i giochi di regole lo accompagnano a lungo.

In ogni fase, ma soprattutto nei primi anni di vita, quando le capacità “sociali” del bambino non sono ancora pienamente sviluppate e per lui è difficile giocare con i coetanei, è fondamentale la presenza di figure di riferimento – genitori, nonni, baby-sitter – che lo affianchino nel gioco (e quindi nell’apprendimento, perché per il bambino non c’è distinzione tra i due momenti) e lo stimolino a esplorare oggetti sempre nuovi, a imparare a manipolarli, a utilizzarli in modo personale e “creativo”… Si tratta di una fase importantissima per il bambino e per  il pieno e libero sviluppo della sua intelligenza, nella quale è la sensibilità e l’amore di chi lo circonda a dargli la sicurezza che gli permette di lanciarsi senza timore alla “conquista del mondo”.

La testimonianza di un nonno

Ecco la testimonianza di Vieko, che ci ha già mandato a più riprese il suo contributo di nonno attento e sensibile. Questa volta ci parla dei giochi che fa con il suo nipotino Federico di quattro anni. Come vedremo, i giochi che Federico  ama fare insieme a suo nonno sono proprio quelli che Piaget descrive come “gioco simbolico” (“facciamo che il sapone è un pesciolino…”, “la lavagnetta diventa un parcheggio…”).
Ma c’è un altro elemento importante in quello che scrive Vieko: per giocare, Federico non ha bisogno di tantissimi giochi, o di giochi molto sofisticati. A lui, come a tutti i bambini, basta la fantasia, che trasforma tutto in un gioco, e l’amore attento di chi lo affianca nella sua crescita, per creare dal nulla giochi nuovi e appassionanti.

Per un bambino piccolo non esiste un confine tra il tempo dedicato al gioco e gli altri momenti della giornata: per lui tutto è gioco. Vestirsi, mangiare, lavarsi… ogni momento è un’occasione per rimanere in questa dimensione.
Nel mio ruolo di nonno ho imparato a tenere conto di questo fatto e, quando sono con il mio nipotino, cerco di impostare ogni attività come se fosse un gioco.
Per esempio, se Federico deve lavarsi le mani, gli dico che l’acqua nel lavandino è un laghetto e il sapone un pesciolino scivoloso che non si lascia acchiappare. Ecco che le manine sguazzano e danno la caccia al sapone che sembra proprio scappare e, dopo una pesca concitata, lo afferrano e, stringendolo, lo fanno di nuovo schizzare. È un gioco molto divertente e ovviamente, alla fine, le mani si sono lavate benissimo (… anche il pavimento).
Altre volte è il nipotino che mi precede e sono io che devo “entrare” nella sua invenzione.

Federico è un bambino di città, quindi nel mondo dei suoi giochi i mezzi motorizzati sono molto presenti. Tutto quello che fa BRUM BRUM e si muove su ruote o cingoli ne fa parte. Se poi è qualcosa che può essere caricato, può trasportare, magari può agganciarsi per creare un convoglio… allora è il massimo!
Quindi la scelta dei giocattoli non è difficile, sappiamo cosa vuole!
Ovviamente Federico possiede anche giocattoli che non sono automobiline, camion, ruspe o gru. Ci gioca anche, ma dopo un po’ la lavagnetta diventa un parcheggio e il piccolo falegname un cantiere…

Ma proprio perché ogni cosa si può trasformare in gioco, Federico non insiste nella richiesta di giocattoli nuovi. Con l’ausilio della fantasia passa molto tempo a giocare con gli oggetti più svariati, come mollette, scatole di cartone, bacinelle, matite, fogli di carta…
Persino i sassolini e i rametti diventano preziosi.
Infatti, durante una recente passeggiata in montagna, l’ho invitato a cercare sassolini dalla forma strana e rametti “interessanti”. I sassolini potevano essere raccolti e conservati solo se presentavano uno di questi precisi requisiti: la forma un po’ rotonda, la forma un po’ quadrata, la forma di sassolino o la forma di niente.
Per i rametti, il criterio era meno vincolante: bastava che fossero di legno.
La ricerca è stata molto fruttuosa e oltremodo divertente. I sassolini e i rametti selezionati mi hanno quasi sfondato le tasche. Poi, una volta in casa, sono stati debitamente utilizzati come materiale da trasporto per i camioncini.

Un altro gioco che piace molto a Federico è “preparare da mangiare” con una batteria di piattini, pentolini e posate. Con molto impegno (e molta fantasia) mi prepara dei manicaretti come pastasciutte con carote, mais e fragole, frittate con yogurt e insalata e torte di melanzane e anguria, che io (fortunatamente con la fantasia) divoro con gusto.

Trovi altre testimonianze di Vieko anche a questi link:
I “perchè?” dei bambini
“È mio!”: il senso del possesso nei bambini
Condividere le scelte educative
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Le esplosioni di ira dei bambini
I “no” di noi “grandi”
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