L’esperienza di una nonna: la prima volta da baby-sitter

Ecco il racconto tenero e spassoso di una nonna alle prese con la sua prima volta da baby-sitter. E non ditemi che una nonna un po’ di esperienza ce l’ha: certo, ma è un’esperienza ormai lontana nel tempo. E poi, a rimescolare le carte, c’è questo inedito rapporto emotivo con il nipotino. Un rapporto così intenso e unico che ci troviamo sempre in qualche modo impreparati.

Godiamoci questa pagina frizzante, piena di arguzia e così vera che ognuno di noi può riconoscersi, almeno in parte. Viene dal blog nonnasidiventa.blogspot.it, di Laura de Laurentiis, una giornalista-nonna che racconta la sua esperienza quotidiana al fianco del suo delizioso Nipotino.

 

Trovi altri articolo di Laura de Laurentiis a questi link:
Che tipo, il nipotino!
La prima volta che ha detto “nonna”!
Che buffi, i bambini!
Cucchiaino, che disgusto!
Ecco qualcuno orgoglioso di noi, senza riserve!
Che tipo appassionato, il Nipotino!
L’allegria delle parole strampalate

 

Figlia ha ripreso a lavorare 4 ore al giorno per cinque giorni alla settimana, chiedendomi a titolo di favore di evitarle la tiritera sui diritti femminili associata ad articolate critiche nei confronti di un’organizzazione sociale che non sempre tutela la maternità (vedi il caso delle giovani donne medico).
“A ma’, rassegnati”, mi ha detto fermamente intenzionata a tagliare corto, in quanto senza neanche un filo di energia da spendere in disquisizioni socio-esistenziali.
I primi due giorni è toccato a GP (genero preferito) tenere Nipotino, ma giovedì non poteva. E così, fin dal mattino ho saputo che dalle tre alle sette mi sarei dovuta occupare personalmente di lui.
Finalmente soli, ho pensato, ma senza l’entusiasmo che immaginavo avrei provato. E se la mia vecchia ernia del disco fosse saltata fuori all’improvviso, dopo anni di remissione? E se fossi inciampata proprio mentre andavo a prenderlo perché piangeva? E se avessi sbagliato a scaldare il latte che Figlia aveva raccolto e messo in frigorifero già diviso in boccettini da 100 ml?
Ho detto a Figlia di stare tranquilla, che alle 14.50 in punto sarei stata lì, quindi dopo aver chiuso il telefono ho guardato fisso l’immaginetta di Sant’Antonio da Padova (la mia città natale, ecco perché il Santo) che tengo appesa al computer a protezione celeste di sfighe cosmiche, quali perdita di tutti i dati dell’hard disc, interruzione improvvisa della corrente prima del salvataggio del file,  presenza di virus refrattari a cui AVG fa un baffo, e ho iniziato a contrattare l’efficienza fisica e lo stato di salute ottimale per il pomeriggio che mi attendeva.
Per sicurezza ho comunque detto a Nonno Putativo che se avesse avuto il coraggio di andarsene al lavoro come se niente fosse, lasciando Nipotino in balia di una a cui come niente poteva uscire un’ernia del disco talmente dolorosa da renderle impossibile accudirlo significava che era un uomo insensibile e crudele. Un uomo senza amore, a cui dire addio senza rimpianti.
Così Nonno Putativo ha fatto quelle dodici-quindici telefonate che permettono di prendersi mezza giornata di ferie  decidendo cinque ore prima e si è reso disponibile come baby-sitter di sostegno o di pronta-sostituzione, in caso di improvvisa invalidità e/o rincitrullimento della baby-sitter titolare.
Siamo arrivati a casa di Figlia con quella sensazione di inadeguatezza mista a terrore (più un puntino di eccitazione) che sbarra l’ingresso dell’aria nei polmoni prima di un esame o di un colloquio di lavoro in cui ci si gioca il futuro. Figlia ci ha tranquillizzato, ha raccomandato a Nipotino di fare il bravo (che però suonava, almeno ai nostri agitati orecchi, come un “stacci attento ai nonni”) quindi si è dileguata.
Ci siamo guardati, leggendo l’uno sulla testa dell’altro un fumetto con scritto GULP (quando si dice le affinità elettive) ma nella sua accezione molto più volgare (quella con due zeta lui, quella alla siciliana io che son portata per le lingue). Dopodiché siccome Nipotino dormiva della grossa ho pensato che mi sarebbe dispiaciuto che si sentisse abbandonato quindi piano piano l’ho tirato su dalla culla per fargli capire che poteva contare su di noi.
Ce lo siamo tenuto in braccio a turno, dividendoci equamente i minuti, senza neppure litigare data la solennità della circostanza.
Dopo circa tre ore da lui trascorse dormendo  e probabilmente sognando distese di latte, dato che di tanto in tanto ciucciava a vuoto, abbiamo deciso di rimetterlo nella culla. Sempre per non farlo sentire troppo solo gli abbiamo però preso la manina.

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