Il sonno, la “nota dolente” dei neo-genitori

E ora parliamo di… sonno nei primi mesi di vita. Un argomento “spinoso” e una delle principali fonti di disagio dei neo-genitori. Che ormai sanno tutto (quanto deve dormire un neonato, come…), ma poi alla prova dei fatti si trovano disorientati e scoprono che convincere il bebè a rispettare l’organizzazione che hanno in mente è tutt’altro che facile.

Quanto dorme un neonato?

Certo, la teoria è facile: il neonato dorme circa 16-17 ore al giorno, e in genere dopo ogni poppata si addormenta. Quindi i genitori sono preparati a fare sonnellini brevi, cercando di seguire il ritmo veglia/sonno del bambino, anche se non sempre tutto fila così liscio e ogni bambino ha il “suo” modo di dormire.

Il co-sleeping

Sì, ma poi: dove farli dormire? Ai nostri tempi, il problema in genere non si poneva: c’era la culla, nella camera dei genitori, e poi il lettino. E certo, succedeva che ci mettessimo il bambino accanto, nel lettone, magari per allattarlo o se era particolarmente inquieto, ma passati i momenti più “difficili” tornava nella culla.
Oggi invece si va sempre più diffondendo il co-sleeping: bambini che dormono nel lettone, protetti dal riduttore o nelle speciali culle che vengono “agganciate” al letto matrimoniale e hanno le sponde solo su tre lati. Dati recenti dicono che una famiglia su due adotta questa soluzione. Soluzione comoda, indubbiamente, per allattare ed essere pronti a intervenire al minimo bisogno del bebè… cosa che serve anche a calmare le ansie dei neo-genitori.

Addormentarsi in braccio

Però certe volte anche così ci sono dei problemi. Bambini che si addormentano in braccio (e questo è naturale: anche noi nonne cullavamo i nostri bambini e li tenevamo stretti a noi finché non si addormentavano), ma che si risvegliano prontamente appena si cerca di “depositarli” dove dovrebbero fare la nanna, con il risultato che la mamma o il papà, a turno, si ritrovano “prigionieri” del bebè…
Certo, il bambino a dormire in braccio si tranquillizza perché sente il contatto con i suoi genitori, il loro odore, la loro voce. Mettiamoci per un attimo al suo posto: viene da un ambiente raccolto come la pancia della mamma e si trova catapultato in un mondo pieno di luci e di suoni. Però per i genitori può essere davvero faticoso stare delle ore fermi, con il bebè addormentato in braccio che si riscuote a ogni movimento, come può essere frustrante scoprire che il  bebè dorme sereno finché viene portato a spasso, nella navicella, per poi risvegliarsi  appena si mette piede in casa.

I “trucchi” per tranquillizzare i bebè

Fortunatamente, in genere non è così tutto il giorno; ognuno ha fatto l’esperienza che si sono ore in cui il bebè è più inquieto. Spesso sono quelle pomeridiane, ma varia da bambino a bambino. E c’è poi qualche “trucco” per tranquillizzarlo che noi nonne possiamo suggerire.  Per esempio, avvolgerlo, come si faceva un tempo, in una copertina o in un lenzuolino, in modo da farlo sentire protetto (oggi spesso si usa la fascia, che ha un po’ la stessa funzione, con il vantaggio di tenere il neonato a contatto con il corpo del genitore rasserenandolo con il suo odore, e “liberare” le mani, consentendo di fare qualche qualcosina mentre dorme); ridurre le luci e abbassare l’audio di eventuale televisione o radio, per creare un ambiente che “accompagni” il bebè verso il sonno e lo abitui a distinguere il “momento nanna” dalle altre situazioni della giornata.

Il momento dei nonni

Ma poi, come fare quando il bebè è affidato al nonno o alla nonna, per qualche impegno dei genitori o quando la mamma torna al lavoro? Diciamolo subito: questi piccoli diavoletti percepiscono subito il “cambio di mano” e… si adeguano, tanto che capita che siano più “bravi” con i nonni che con i genitori.
D’altra parte, noi nonni abbiamo l’esperienza che manca ai genitori: riusciamo a convincerli a stare nella navicella e, con qualche scuotimento e una ninnananna a mezza voce un po’ ripetitiva, a farli addormentare (e anche a continuare a dormire dondolandoli un po’ appena vediamo che si riscuotono). Non ci arrendiamo al primo pianto, come fanno i genitori, ma sappiamo che cullandoli e parlando loro dolcemente piano piano si calmano (o forse si rassegnano).
Certo, per noi nonni è una fatica, ma… volete mettere l’orgoglio di riuscirci? La tenerezza di vedere quegli occhietti combattere con il sonno e poi chiudersi a poco a poco?  Quel visino immerso nel sonno (ma come sono belli, i bimbi addormentati!)? E il sorriso con cui veniamo accolti, poi, dopo un bel riposino, è impagabile!

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