I bambini e il cibo: quando scatta il “non mi piace!”

Arriva la soglia critica dei due anni e… il nostro frugoletto, che fino a quel momento mangiava senza problemi tutto quello che gli proponevamo, improvvisamente comincia a essere molto selettivo. Risultato: genitori e nonni, naturalmente, si preoccupano. Con la conseguenza che talvolta il momento del pasto rischia di trasformarsi in un vero braccio di ferro.

Arrivano i due anni…

I due anni sono un’età “classica”, quella delle grandi trasformazioni. E anche il rapporto con il cibo cambia. Alcuni studiosi lo spiegano in termini di evoluzione: a due anni, fin dalla notte dei tempi, i bambini cominciano ad acquistare una maggiore autonomia, iniziano ad allontanarsi dal controllo diretto e costante della mamma e degli adulti di riferimento, e di conseguenza aumentano i pericoli a cui vanno incontro. Fino ad allora, è stata la mamma a offrir loro il cibo, e questo naturalmente significava cibo sicuro; ora sono più autonomi e devono stare attenti a quello che mettono in bocca, quindi diventano diffidenti verso ciò che non conoscono. Ed è esattamente ciò che fanno i bambini, anche oggi: i pediatri infatti non a caso sottolineano come fino a una certa età mangiano tutto ed “esplorano” il mondo del cibo; poi, cominciano a guardare con sospetto i nuovi cibi. Per questo è importante offrire fin dai primi tempi dello svezzamento diversi tipi di alimenti, per abituarli a tutti i sapori (cosa a cui contribuisce anche l’allattamento al seno: il sapore del latte materno varia leggermente a seconda dell’alimentazione della mamma, mentre il latte artificiale ha un sapore standard).
Ma torniamo al nostro bambino che, a due anni (più o meno), comincia a storcere il musino davanti al piatto che gli offriamo. Naturalmente questo non ci fa piacere; di più, ci mette un po’ in crisi. Che fare? Lasciare che non lo mangi oppure irrigidirsi nella posizione “questo o niente altro”?  Naturalmente non esistono ricette: instaurare un braccio di ferro è controproducente, ma anche lasciare che il bambino mangi solo quello che gli piace (e cioè talvolta pochi piatti, e spesso di quelli che i nutrizionisti consigliano di limitare) può aprire la porta a carenze nutrizionali.
Quindi, come sempre… bisogna barcamenarsi e adottare alcuni “trucchi” che i nonni conoscono in genera per esperienza.

Il momento del pasto

Cominciamo dal momento del pasto e diciamo subito che a due anni i bambini dovrebbero mangiare a tavola con tutta la famiglia. È sbagliato, come talvolta succede, continuare ancora a quest’età farli mangiare da parte, e ancora peggio chieder loro che cosa desiderano (“vuoi la pasta in bianco o con il pomodoro?”…). Il pasto è un momento di condivisione familiare, in cui si sta tutti insieme e si mangia quello che i grandi hanno preparato. Sta a noi, poi, offrire un pasto vario, in modo che il bambino trovi, accanto a piatti che gli piacciono di meno, anche quelli che ama di più. E naturalmente possiamo anche accondiscendere ai suoi gusti preparando con maggiore frequenza i piatti che preferisce, ma senza sottolineare la cosa.
Poi, non riempiamogli il piatto, in modo che non si senta sopraffatto dall’”impresa” di finire; meglio lasciare che si serva una seconda volta, oppure che mangi un po’ di tutte le pietanze. E a tavola non controlliamo che mangi e quanto mangia (o almeno non lasciamoglielo capire), perché il momento del pasto non diventi fonte di ansia: parliamo della nostra giornata, interessiamoci alla sua… a tavola si sta per il piacere di ritrovarsi insieme. Anche se non pulisce il piatto, pazienza… mangerà di più la prossima volta.

No a merende e snack troppo ricchi

Un altro errore che spesso facciamo è quello di offrire al bambino troppe merendine e snack. Non si tratta solo di evitare i prodotti industriali, come continuano a raccomandarci i medici; si tratta di rispettare la scansione dei pasti della giornata. Anche se a pranzo ci sembra che il bambino abbia mangiato poco, non sovraccarichiamo la merenda per fargli “recuperare”. Questo innesca un meccanismo che poi è difficile interrompere: il bambino mangia poco a pranzo e a merenda gli diamo cibi che a lui piacciono di più (magari dolci, più calorici…); di conseguenza, a cena mangerà di nuovo poco, perché sarà sazio.

Facciamoci aiutare in cucina

E poi, un “trucco”: rendiamo divertente il momento del pasto. Facciamoci aiutare a prepararlo: ci sono tante piccole cose che i bambini possono fare con noi in cucina e sentirsi protagonisti del momento della preparazione li farà sentire più partecipi. Naturalmente il grado di “coinvolgimento” sarà diverso via via che crescono (a un bambino di due anni non si può dare in mano un coltello, ma possiamo già farci aiutare a lavare la frutta, per esempio), ma poterlo fare, come in un gioco, renderà il momento del pasto un momento “loro”. Naturalmente ci vuole pazienza e tempo (e questo noi nonni fortunatamente lo abbiamo!): a preparare la tavola con il nostro nipotino ci metteremo sicuramente di più di quando lo facciamo da soli; e se ci facciamo aiutare da lui a lavare la frutta, mettiamo un conto che l’acqua della ciotola schizzerà inevitabilmente fuori. Però… siamo nonni, vero?

Il buon esempio

Ultimo punto: diamo il buon esempio. Certo, ognuno di noi ha dei cibi che gradisce di più e altri che non gli piacciono, ma se non mangiamo le carote è difficile che riusciamo a dire ai nostri bambini che devono mangiarle perché fanno bene (o meglio, glielo diciamo, ma non ci credono). Certo, escludere alcuni cibi è normale, succede a tutti; ma se escludiamo un’intera categoria di cibi (le verdure, il pesce…) rischiamo di condizionare anche i bambini. Quindi sforziamoci anche noi a mangiare in modo equilibrato.
E poi, evitiamo di lasciare in giro, a vista, i cibi che non vorremmo che il bambino mangiasse (le patatine, le caramelle…); piuttosto, facciamo in modo che non manchi mai in casa ciò che vorremmo mangiasse, e anzi lasciamolo a portata di mano: un cesto con la frutta, per esempio, può sempre restare a disposizione su un tavolino. Anche così i bambini imparano a mangiare alimenti sani e ad avere, senza forzature, un’alimentazione equilibrata.

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