Educare maschietti e femminucce, senza stereotipi

Da piccola, venivo definita da genitori e parenti “un maschiaccio”. E certo, ero una bambina vivace e piena di vita, per certi versi difficile da governare: mi piaceva muovermi, correre, andare in bicicletta, e c’è perfino stato un (breve) periodo della mia vita in cui ho giocato a calcio. La mia mamma mi aveva iscritta a scuola di danza, ma a dire il vero ero ben poco portata per quelle evoluzioni “controllate”. Fortunatamente si è arresa presto…
Inutile dire che non ero “un maschiaccio”. O meglio, lo ero nella misura in cui una certa mia vivacità non corrispondeva alle aspettative che i miei genitori e i miei parenti avevano sul mio essere “una bambina”. Aspettative che comprendevano, rispetto a mio fratello, una maggiore tranquillità, una maggiore disponibilità all’obbedienza e a fare anche cose che non avevo voglia di fare, una minore predisposizione per alcuni tipi di sport, l’essere più ordinata e metodica… E che si traducevano in richieste che venivano fatte a me e non a lui: rifare il letto al mattino, apparecchiare e sparecchiare la tavola, e poi, via via che crescevo, aiutare mia madre lavando i piatti (all’epoca non c’era la lavastoviglie), spolverando, riassettando…
Anche se ho avuto due figlie femmine, quindi, quando è toccato a me mi sono risparmiata almeno il pericolo del confronto tra l’educazione al maschile e al femminile, in realtà mi rendo conto che, nonostante le mie ribellioni adolescenziali, il modello che ho poi trasmesso loro è stato più o meno simile a quello di mia madre.
Ma per le mamme e i bambini di oggi, è poi così diverso? Se mi guardo intorno, mi sembra che gli stereotipi continuino a essere vivi. Per esempio, spesso si dà per scontato che per le femminucce siano adatti certi giocattoli che non verrebbe mai in mente di proporre a un maschietto; si pensa che comunque le bambine siano più ordinate, che curino di più il proprio aspetto (anche da piccole), che siano meno turbolente…
Sottrarsi a questi stereotipi, ieri come oggi, non è facile, soprattutto se queste caratteristiche, che di per sé non hanno connotazioni positive o negative né “maschili” o “femminili” e possono essere caratteristiche individuali di una bambina come di un maschietto, rispondono a un modello familiare tradizionale: se i bambini vedono che è sempre la mamma a farsi carico dei lavori domestici, difficilmente faranno propria  l’idea che i piatti o i pavimenti li può lavare anche il papà, e senza che la sua autorevolezza vada a soffrirne.
Eppure, i bambini e le bambine sono molto sensibili alle ingiustizie e sono pronti, appena arrivano a rifletterci, a superare gli stereotipi; a patto, naturalmente, che ci sia il giusto atteggiamento da parte nostra. Quindi va bene un papà che si fa carico di una parte delle incombenze domestiche, ma non “per aiutare” la mamma: la casa è di tutta la famiglia, bisogna suddividersi il lavoro in uno spirito di vera condivisione alla pari.
Sì, la parola giusta è proprio “condivisione”. E se per le persone della nostra generazione non è facile cambiare ottica, nelle coppie giovani si vede spesso un atteggiamento diverso, che ci fa sperare che ora le nostre piccole donne e i nostri ometti possano crescere liberi di esprimersi in tutte le loro potenzialità.

2 commenti su “Educare maschietti e femminucce, senza stereotipi

  1. Sono pienamente d’accordo sul superamento degli stereotipi sull’educazione al maschile e al femminile. Fondamentale è la coerenza operativa dei genitori..

    1. Grazie del commento, che ci trova perfettamente d’accordo, Giuseppe! E anche i nonni possono fare molto!
      Cordiali saluti
      Annalisa Pomilio
      noinonni.it

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