Le esplosioni di ira dei bambini
Talvolta, è sufficiente che il colore dato con gli acquerelli sbavi un po’, per vedere esplodere l’ira. Ma può bastare ancora meno: non trovare subito il giocattolo che sta cercando, oppure inserire una variazione imprevista nella fiaba che gli state raccontando. Se il vostro nipotino è di quelli che sembrano pronti con ogni pretesto a una bella esplosione di rabbia, non preoccupatevi: è normale. Il difficile è capire da dove nasce e imparare e gestirla. E gestirla non vuol dire solo “contenerla”, cioè guardarla con gli occhi di chi si trova ad avere a che fare ogni giorno con i bambini, ma anche dominarla, comprendere da dove nasce e aiutare il bambino a trovare forme diverse per esprimerla.
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Che cos’è la rabbia
La rabbia è un’emozione fondamentale dell’essere umano che si manifesta molto precocemente. Per i bambini, è una reazione a un ostacolo che impedisce loro di realizzare qualcosa, e quindi è un’affermazione della loro personalità, di individuo in grado di esprimere la propria volontà.
Nasce quindi essenzialmente da una frustrazione, dovuta ai suoi limiti oggettivi (non riuscire a fare qualcosa, non essere ancora in grado di farlo bene) che li fanno sentire inadeguati o fanno loro temere di non valere abbastanza, o a delle limitazioni che vengono loro imposte dall’esterno.
Di fronte a queste frustrazioni, i bambini reagiscono spesso con delle vere “esplosioni” che lasciano senza fiato nonni, genitori o in genere chi si occupa di loro, perché stentano a capire il motivo stesso di questi scoppi, che il più delle volte a noi adulti sembravano ingiustificati o almeno sproporzionati.
Ecco in che modo Vieko, un nonno che già varie volte ci ha mandato la sua testimonianza, descrive uno di questi scoppi d’ira del suo nipotino Federico.
La testimonianza di un nonno
Il tempo che trascorro con il mio nipotino, come per tutti i nonni, è sempre caratterizzato da momenti molto piacevoli di dialogo e gioco. Meglio dire: quasi sempre.
Non parlo di quando si verifica l’occasione di un capriccio, di cui ho imparato a riconoscere le cause e quasi a prevederlo, comunque a gestirlo. Mi riferisco a un evento che, per fortuna, si manifesta di rado ma che quando si verifica mi trova impreparato. Sto palando degli scoppi d’ira.
La scintilla che provoca questa situazione è sempre un fatto che sembra assolutamente banale e anche difficile da riconoscere. In quei momenti mi riesce difficile capire quale sia il comportamento più adeguato da adottare. Sicuramente una reazione sbagliata, che certamente peggiora la situazione e rischia di farla degenerare, è cercare di bloccare l’ira del bimbo arrabbiandomi a mia volta. Penso sia meglio mostrarsi non coinvolti e aspettare che il momentaccio si esaurisca da solo ma, sinceramente, non ho certezze e non so bene come ci si debba comportare in questi casi.
Come dicevo, sono episodi sporadici e ne parlo perché ne è successo uno recentemente. Federico è impegnato con una tavoletta forellata in cui, infilando dei piolini di vario colore, si possono formare delle composizioni e infila i piolini a caso (almeno così valuto io) senza seguire un metodo. Io, discretamente, cerco di spingerlo a seguire una logica, ma lui mostra di non gradire i miei suggerimenti.
Apprifittando di un attimo di sua distrazione, sposto alcuni piolini mettendoli allineati secondo il colore, come gli avevo suggerito. Mi rendo conto subito di avere sbagliato: ho “invaso” il suo mondo e interrotto una “sua” logica che a me sfuggiva, ma non onsidero il mio intervento un errore tanto grave. Appena Federico si accorge della mia intrusione, invece, cambia repentinamente stato d’animo ed esplode l’ira. Il gioco finisce all’aria e i piolini volano dappertutto. Si levano urla e strepiti rabbiosi. Ogni cosa che capita a tiro finisce sul pavimento.
Io scelgo di non mostrarmi coinvolto, pensando che questo sia il modo migliore per far capire al bambino l’inutilità dello sfogo, e cambio stanza lasciandolo solo con la sua ira.
Attendo che la bufera passi e torno nel luogo del misfatto. Federico, silenzioso, mi scruta da un angolo. Io continuo a mostrarmi indifferente e, assumendo un atteggiamento distaccato, mi metto a leggere un libro per conto mio.
Federico si avvicina: – Che cosa leggi?
– Una cosa che mi interessa – rispondo severo. – Ora tu gioca da solo perché al nonno non è piaciuta la scenata che hai fatto.
– Scusami nonno!
– Certo che ti scuso, ma ho voglia lo stesso di leggere il mio libro. Tu gioca da solo.
Federico torna ai suoi giocattoli e sento che borbotta tra sé, parlando con qualche amico invisibile: – Adesso il nonno non mi vuole più bene.
Ho pensato molto al comportamento di Federico, ma soprattutto al mio. Ho fatto bene a mostrarmi offeso? Forse così facendo mi sono mostrato più infantile di lui. Probabilmente avrei dovuto spiegargli che io avevo sbagliato a interferire nel suo gioco, ma che lui non avrebbe dovuto reagire in quel modo.
Naturalmente ne ho parlato con i genitori di Federico e ho avuto conferma che ogni tanto episodi di questo tipo si verificano. Ho saputo da mia figlia che anche altre mamme di sua conoscenza riferiscono di episodi simili, a volte così violenti da uscirne esauste e che lei, quando si verificano questi casi, cerca di calmare il bambino parlandogli con un tono molto dolce, ma nello stesso tempo fermo e deciso.
Mi sembra un buon sistema, ma mi chiedo anche se così facendo, alla fine, il bambino viva le sue scenate come un gioco, al quale segue comunque sempre il perdono, e non capisca che vanno evitate, soprattutto diventando più grande.
Qual è quindi il modo più giusto per gestire queste situazioni?
Come reagire alle esplosioni d’ira
A cosa sarà stato dovuto lo scoppio di rabbia di Federico? Probabilmente, stando alla descrizione che ne dà Vieko, dal sentirsi forzato a giocare seguendo logiche non sue e a seguire richieste di fronte alle quali forse si sentiva inadeguato.
Succede, eccome, e non è il caso di dare troppo peso a ogni singolo episodio. Piuttosto, invece, vale la pena di elaborare una “strategia” che ci permetta di contenere e smussare questi scoppi, aiutando nel contempo il bambino a prendere coscienza dei motivi della sua rabbia.
Ci ha pensato uno psicologo americano, Ross W. Greene, che a questo problema ha dedicato un libro di grande successo, The Explosive Chid (purtroppo, a quanto ci risulta, non ancora tradotto in italiano), in cui descrive un metodo per risolvere questo tipo di conflitti.
Come spesso avviene, si tratta di consigli pieni di buon senso, che richiedono però una buona dose di pazienza, di disponibilità e di tempo, ma soprattutto la capacità di trattare il bambino come un individuo autonomo, ascoltando le sue richieste e le sue ragioni. Una cosa non semplice, né per noi nonni (o genitori), né per lo stesso bambino che spesso non è in grado di esprimere con chiarezza i motivi della sua rabbia.
Il “Collaborative Problema Solving”
Greene chiama il suo metodo “Collaborative Problem Solving” (Soluzione di problemi in modo collaborativo) e comprende diversi “step”.
Si tratta in primo luogo di riflettere su queste crisi di rabbia per capire se si verificano in genere in situazioni precise (quando si è in gruppo, fuori casa, in momenti di stanchezza, quando il bambino ha fame…) per cominciare a limitare questi fattori esterni che possono incidere sulla capacità del bambino di dominare le proprie emozioni.
Questo però non basta: bisogna andare alla radice del problema, parlandone con il bambino ma “a bocce ferme”, quando lo scoppio d’ira è passato e la serenità riconquistata. L’importante però sarebbe sollecitare i bambino a parlarne senza esprimere un giudizio sull’episodio (difficilissimo!). In pratica, non dire, per esempio: “Ieri hai fatto un bel disastro buttando all’aria tutti i tuoi giocattoli. Perché?”, ma magari “Ho visto che ieri hai messo in disordine i tuoi giocattoli. Come mai?”
Difficile che il bambino risponda a questa prima domanda identificando subito il problema, quindi è importante andare avanti sollecitandolo a parlare, ma sempre cercando di non dare giudizi di merito sul suo comportamento, lasciandogli il tempo e la possibilità di esprimere il suo punto di vista in modo autonomo.
Quando sarà arrivato a esprimere il suo punto di vista rispetto al problema, è il momento di mettere in campo il nostro punto di vista, invitandolo a cercare insieme una soluzione. Nel farlo, bisognerebbe cercare di non imporre la nostra soluzione (almeno, non apertamente…), ma ascoltare e valorizzare le spiegazioni e le idee espresse dal bambino, trattandolo come una persona autonoma e che “vale”.
Il merito di questo metodo è che non solo aiuta a risolvere i conflitti, ma riesce anche a far comprendere ai bambini che è più facile risolvere i problemi insieme, parlandole e trovando accordi e soluzioni.
Una grande fatica, certo, ma ne vale la pena!
Trovi un altro articolo sulla rabbia dei bambini a questo link:
Come gestire la rabbia
Ottimo ! Non credo possa esistere sistema migliore di questo, o no ? Certo, l’ambiente umano favorevole, in questo caso, il nonno riflessivo e umano, può risolvere i problemi man mano che si presentano…
Buongiorno sono la mamma di una bambina di 5 anni, che fin dalla nascita ha dimostrato un carattere forte e predominante, un esempio: quando l’allattavo dovevo isolarmi, nessuno mi poteva parlare e io altrettanto, altrimenti lei si innervosiva; verso i 2/3 anni lanciava i giochi e mi chiedeva di andarli a riprendere e se qualcuno (nonni, papa’) si intrometteva, rilanciava l’oggetto ordinandomi di andare a prenderlo… ancora oggi pretende di comandarmi a bacchetta: “stai qui sul divano”, “non parlare”, “portami questo-portami quello”, non ha mai giocato da sola e anche adesso che ha 5 anni riesce a farlo per neanche 5 minuti di fila.
Una continua richiesta di attenzioni, che se non soddisfatte come dice lei, si trasformano in attacchi di rabbia ingiustificati, offese verso di me, il papa’, i nonni, alza anche le mani… io rimango la sua vittima e fonte di nervosismo principale.
Anche alla scuola materna ha difficoltà a rapportarsi senza conflitto con i suoi compagni, spesso alza le mani, come se non riuscisse a gestire le proprie emozioni e dovesse necessariamente sfogarle/imporsi fisicamente.
Di notte si sveglia sempre, anche più di una volta, io o il papa’ siamo costretti a dormire con lei, altrimenti si risveglia, richiamandoci nuovamente… io e il papa’ lavoriamo e questa situazione che si ripete costantemente e’ abbastanza faticosa da reggere in lunghi periodi.
Quando bisogna uscire, mangiare, vestirsi e’ sempre un no, una sfida, un inseguimento stremante.
Non nego che questo comportamento sta ledendo anche il nostro rapporto di coppia, data la continua tensione che regna dentro casa.
Vorrei riuscire ad entrare in contatto con mia figlia, e la mia domanda e’: devo rivolgermi ad un psichiatra infantile oppure c’e’ un modo per avvicinarmi a lei che ancora non ho trovato? Sono davvero esausta.
Grazie
cara Sabrina,
capisco lo sconforto. Ho girato la tua domanda alla nostra consulente, Manuela Arenella, e spero di riuscire a mandarti a sua risposta appena possibile.
Vedrai che troverai una soluzione!
Tanti cari auguri e a presto
Annalisa Pomilio
redazione di noinonni.it