Il fascino delle parolacce

Bambina tre anniNiente da fare: è evidente che le parolacce per i bambini hanno un fascino speciale. Cominciano in genere verso i tre anni, quando vanno all’asilo e la loro vita “sociale” si allarga. Ed è sorprendente vedere come siano pronti a cogliere al volo qualsiasi parola “trasgressiva”, magari pronunciata per distrazione anche dagli adulti. E naturalmente più si accorgono del nostro imbarazzo, più si divertono a ripeterla; anzi, sembra che non vedano l’ora di mettere alla prova il loro potere dissacrante e di vedere quale reazione suscitano in chi sta loro vicino.

E allora, che fare?
Prima di tutto, dobbiamo fare dei distinguo. Tutti i bambini tra i 3 e i 5 anni, per motivi difficilmente comprensibili per noi adulti, adorano i termini legati alle loro funzioni corporee: cacca e pipì sembrano rientrare nel novero delle loro parole preferite, e quanto più noi cerchiamo di “regolamentare” il riferimento a queste sgradevoli escrezioni, tanto più loro sembrano divertirsi a tirarle in ballo.

Questo non è così grave; e poi, è una fase che passa.
Diverso è il discorso delle parolacce vere e proprie, di cui si impadroniscono con sorprendente rapidità. Anzi, sembrano avere le antenne tanto più attente, quanto più è forte il divieto e l’attenzione della famiglia.
In questi caso, inutile sbraitare; meglio tenere un atteggiamento fermo ma calmo, spiegando al bambino che queste parole danno un dispiacere a chi le ascolta, senza stare a fare lunghe prediche che tra l’altro rischiano solo di confermare al bambino il loro valore trasgressivo.

E se le parolacce, come succede, scappano a noi adulti? Questo è un caso un po’ più complesso. I bambini infatti hanno bisogno di “regole”, ma anche della certezza che queste regole siano valide per tutti. Quindi se ci scappano, non cerchiamo di far finta di niente, ma ammettiamo di aver usato una parolaccia perché abbiamo sbagliato, magari perché abbiamo perso il controllo, e scusiamoci con il bambino.

E se poi la parolaccia è stata indirizzata proprio al bambino? In questo caso, dobbiamo scusarci! È importante farlo perché una parolaccia (scemo, stupido…) lede la loro autostima, li fanno sentire inadeguati. Scusandoci possiamo rimediare sia perché li facciamo sentire trattati come un “grandi”, sia perché insegniamo a chiedere a loro volta scusa quando sono in torto.
Nello scusarci, però, chiariamo anche il motivo per il quale siamo scattati. Quindi non solo “scusa, non dovevo dire quella parolaccia”, ma “mi è scappata perché ti ho visto scrivere con il pennarello sul muro” o “hai tagliato i capelli della tua sorellina e potevi farle male” (o qualsiasi altro sia stato il motivo che ci ha fatto uscire fuori dai gangheri).

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